Pensiamo a quali sono le condizioni necessarie affinché prosperi la Pace e la Nonviolenza, e all’interno della stessa analisi, quali sono le caratteristiche necessarie per configurare uno scenario che porta al conflitto e allo scontro.

In forma naturale, tutti noi esseri umani abbiamo nella nostra natura un ego dalla nascita che ci protegge dalle avversità e ci aiuta a sopravvivere in un mondo molte volte ostile e di alta competitività. Inoltre, soprattutto gli uomini hanno una dose di aggressività che li aiuta a difendersi da possibili aggressioni e li stimola a difendere i loro diritti violati. Così, in giusta misura, questo va bene per affrontare la vita in ottime condizioni.

Tuttavia, se alimentiamo il nostro ego interno, o meglio lo utilizziamo per ricavarne dei vantaggi, appropriandoci dei beni esistenti a tutti i costi e a scapito dei nostri simili, cadiamo nella sopravvalutazione dell’ego, difetto che conosciamo come egoismo, che è ciò che ci impedisce di condividere le nostre risorse con gli altri.

Se stimoliamo attraverso l’educazione il nostro egoismo, lo trasformeremo in un’ambizione malsana e, nei suoi casi più estremi, in avidità e avarizia. Se, allo stesso modo, stimoliamo la nostra aggressività, la trasformeremo in comportamenti intolleranti, in fanatismo, e nei casi più estremi in condotte criminali.

Le persone ambiziose e avide sono reticenti a condividere o a distribuire le risorse, hanno gravi apprensioni di fronte a perdite economiche personali, per questo tendono ad accumulare sempre più beni.

Le persone molto aggressive diventano indifferenti di fronte alla sofferenza degli altri perché costa loro provare empatia, perciò li ignorano, e sono in grado di difendere i loro beni anche per vie violente se necessario. La loro ambizione li porterà a degradarsi nel tentare di possedere più denaro o di più beni che, inoltre, migliorano la loro immagine e il loro stato sociale.

Quindi se trasferiamo queste condotte individuali al piano sociale, dato che una società è la somma dei suoi individui, e se attraverso l’educazione li trasformiamo in soggetti ambiziosi e aggressivi, la società nel suo insieme lo sarà. La società adotterà comportamenti xenofobi, nazionalisti e aggressivi nei confronti dei suoi vicini e degli stranieri in generale. Queste sono società che danno molto valore al prendere il sopravvento sugli altri, danno grande valore a chi ha successo e riesce ad accumulare molti beni. Queste società sono altamente corrotte, dato che i suoi membri, insicuri e dipendenti dall’approvazione pubblica, si adoperano, anche attraverso mezzi illeciti, per ottenere più beni e apparire così come società di successo.

Adesso, se questo modo di essere lo portiamo allo Stato,  sarà uno Stato generatore di conflitti, a cui costerà molto agire per il bene comune, tendendo piuttosto a cercare i migliori profitti per la sua Nazione. Gli Stati nazionalisti sono l’espressione dell’egoismo a livello nazionale. Sono Stati che esaltano il patriottismo in forma chauvinista, ostentando valori patriottici, dei loro eroi nazionali, si vanagloriano di essere i migliori, si considerano persone di prima classe in confronto agli altri paesi, che sono di seconda. Guardano poco agli altri popoli, soprattutto quelli indigeni, e perciò costa loro molto accettarli come uguali e condividere con loro beni e risorse naturali. Inoltre, si vedono in competizione con gli altri popoli, come una minaccia, come un rivale che devi sconfiggere anche con la forza delle armi. Sono società molto disuguali dove pochi possono entrare. Non sono rispettosi dei diritti umani perché tendono a soggiogare gli altri popoli. Rispettano solo la loro sovranità nazionale. Sono colonialisti e tendono a approfittarsi delle risorse naturali degli altri.

Se al contrario gli individui sono educati a disincentivare le attitudini egoiste e aggressive fomentando una cultura di rispetto e tolleranza, dimostrando di risolvere i conflitti in una forma nonviolenta, parlando delle differenze, allora genereremo persone capaci di condividere, con coscienza inclusiva che accoglie con rispetto le idee altrui, anche se diverse dalle loro. Estrapolando questi comportamenti sul piano sociale, possiamo dedurre che sarà una società multilaterale, che negozierà soluzioni comuni in funzione di una soluzione positiva per tutte le parti. Sono società accoglienti, che non hanno grandi problemi ad accogliere i migranti, di solito sono più egualitarie, e che investono molto nell’educazione e nella sicurezza sociale. Di solito regolano i loro conflitti per via diplomatica, e, nei casi più difficili, ricorrono alla Corte Internazionale di Giustizia. Non stanno pensando di appropriarsi delle risorse naturali di nessuno, rispettando integralmente la sovranità dei popoli, senza ambizioni colonialistiche né imperialiste.

Sono le due facce della medaglia, nazionalismo e multilateralismo, conflitto o negoziazione, sfiducia o fiducia, divisione o unione, competenza o imprenditorialità congiunta, guerra o pace.

Il nazionalismo, in particolare il nazionalismo militarista (quasi sempre lo è), per le sue caratteristiche intrinseche ha portato all’umanità tutte le guerre che la nostra deprecabile storia conosce. E non solo guerre, anche il colonialismo perpetrato a ferro e fuoco, la schiavitù in cui si sottomettevano altri esseri umani ai lavori forzati come animali, considerandoli come tali, e che come tali si potevano comprare e vendere al mercato. E in virtù di questa supremazia di certe razze si è preteso di formare imperi, radendo al suolo gli altri popoli considerati inferiori, con un risultati di milioni di morti. La stessa Chiesa è stata complice di questa depredazione, portando la parola di Dio a questi popoli barbari che praticano riti sacrileghi, satanici.

Così dopo secoli di civilizzata cultura occidentale, nel secolo XX, l’umanità inorridita per le atrocità commesse durante la prima guerra mondiale, attraverso il Trattato di Versailles, fondò la Lega delle Nazioni con l’obiettivo di porre le basi per la pace tra i popoli, e comunque non ebbe risultati favorevoli alla luce della storia. Con lo stesso spirito, la Germania, l’Italia, Il Giappone e gli Stati Uniti, tra molti altri paesi, si permisero di firmare il patto di Briand – Kellog nel 1928, nel quale si impegnarono a rinunciare alla guerra per la soluzione delle controversie internazionali nei loro strumenti di politica nazionale.

Tutti sappiamo come è finita questa storia. Dopo il fallimento della Lega delle Nazioni, qualcuno dirà che il Trattato di Versailles, altamente lesivo per la Germania, vaticinò la Seconda Guerra Mondiale. Anche se le ragioni furono quelle che furono, questa guerra fu una violazione spudorata del Patto di Parigi anteriormente menzionato.

Nuovamente l’umanità, dopo la Seconda Guerra Mondiale, stremata, stupita e sconsolata per così tanta barbarità, inclusi il genocidio degli ebrei e il massacro nucleare di Hiroshima e Nagasaki, si disse che così non si poteva andare avanti, che non ci sarebbe stata una Terza Guerra, e piena di speranzose intenzioni, in un atto di costrizione profondo e pieno di pentimento, firmò la carta delle Nazioni Unite con un impegno ancora più solenne e ambizioso, impegnandosi ad assicurare la pace all’umanità per sempre. Su questo, si fondano le Nazioni Unite, istanza multilaterale che pretende non solo di preservare la pace ma anche i diritti umani di tutte le persone, la qualità dell’ambiente e su questa scia si sono fondate istanze internazionali di risoluzione dei conflitti, come la Corte Internazionale di Giustizia, alla quale sono sottomessi tutti i suoi membri (in teoria).

Ad ogni modo le guerre continuano con interventi militari di una spudorata violazione alle sovranità nazionali, con fini economici e geopolitici. Inoltre, con il risorgimento dei nazionalismi, prodotto del terrorismo, l’immigrazione, la corsa agli armamenti, le crisi economiche e la corruzione che lo stesso sistema neo liberale provoca, siamo sul punto di inciampare sulla stessa pietra. Il fantasma di una nuova guerra mondiale strema l’umanità dato che questa potrebbe essere l’ultima, perché la specie umana potrebbe non esistere più.

Non si tratta più di essere di destra o di sinistra, liberale o conservatore, democratico o repubblicano, si tratta solo di cercare di avere un buon criterio e un buon giudizio.

Essere multilaterale significa risolvere i conflitti cercando il bene comune, essere multilaterali significa sedersi a tavolino con gli altri popoli per cercare il modo di risolvere i grandi problemi presenti e futuri che affronta l’umanità, l’estinzione delle sue specie, la scarsità d’acqua, il cambio climatico che farà aumentare le migrazioni, la fame di molti popoli, la minaccia delle guerre e delle armi di distruzione di massa, la corsa agli armamenti, il terrorismo e le differenze etniche e religiose. Essere multilaterali significa voler conoscere la cultura degli altri popoli, anche di quelli per secoli avversari, realizzare scambi culturali e studenteschi. Infine, essere multilaterali implica stringere vincoli di fiducia con tutti i popoli, trasformarli in popoli fratelli.

Stringendo vincoli e fomentando la fiducia in questo modo, i popoli multilaterali si accorgeranno che non sono necessarie le armi né gli eserciti, che conoscendosi e stringendo legami spariscono i timori e le sfiducie, che la gente e la cultura degli altri popoli ha il nostro stesso valore, con gli stessi pensieri, sentimenti e necessità.

Un chiaro esempio di una possibile integrazione è quello tra Russia e Unione Europea, vicini geografici, razziali e culturali, che possono continuare a rinforzare le rispettive fiducie, realizzando scambi di tutti i tipi, educativi, artistici, sportivi, religiosi, culinari, eccetera. E si potrebbero accorgere che è assolutamente possibile includere la Russia nell’Unione Europea, e che se gli Stati Uniti li minaccia con le pene dell’inferno, con la dissoluzione della NATO, con la fine dell’ombrello nucleare, gli dicano che non è più necessario un’alleanza come quella, che preferiscono il cammino della diplomazia alle minacce militari, che vogliono stabilire un’alleanza basata sull’amicizia e non sulle armi, che preferiscono gli esercizi culturali ed educativi agli esercizi militari, che può bastare con i preparativi di guerra, ma che preferiscono i preparativi per una cultura di pace.

La stessa integrazione è necessaria con i paesi islamici, con la Cina e la Corea, non solo in termini commerciali, ma negli stessi termini descritti nel paragrafo precedente, aprendo così la strada a un mondo multilaterale, riorganizzato e rafforzando le istanze più emblematiche come le Nazioni Unite, ampliando e rafforzando il Movimento dei Paesi non Allineati, per dare gradualmente, ma in forma decisa e sicura, il passo verso una Nazione Umana Universale nella quale i governi di tutte le nazioni si uniscano dietro un obiettivo comune: provvedere alle condizioni affinché l’essere umano si sviluppi in armonia con se stesso, con i suoi fratelli di tutto il mondo, e con la natura della quale è parte.

Juan Gómez

Traduzione dallo spagnolo di Claudia Calderaro