Si è appena conclusa l’occupazione del Liceo Mamiani di Roma. Ne parliamo con Giacomo del Collettivo Autorganizzato Mamiani.

Da dove è nata l’idea di scrivere la lettera che abbiamo pubblicato qualche giorno fa?

All’inizio dell’anno scolastico ci siamo incontrati per parlare di cosa fare, di quali idee portare nella scuola. Abbiamo fatto un’analisi della situazione politica italiana e la lettera è la sintesi delle conclusioni a cui siamo giunti. Non basta protestare o criticare il governo, bisogna anche capire perché ha vinto – e qui viene il discorso delle gravi colpe della sinistra – e proporre qualcosa.

Com’è andata l’occupazione? Quali sono stati a tuo parere i momenti più significativi e cosa ti ha lasciato questa esperienza?

L’occupazione è durata da martedì a sabato mattina, quando abbiamo pulito e riordinato la scuola, per poi partecipare al corteo nazionale di protesta contro le politiche del governo. Eravamo un centinaio di studenti a dormire a scuola. Ogni mattina, dopo aver fatto colazione tutti insieme, ci riunivamo in assemblea per vedere gli articoli usciti su di noi e valutare come stavano andando le cose. Poi ci si divideva in 4 aree tematiche – politica interna, politica estera, realtà sociali, arte e cultura – e cominciavano i corsi, che continuavano per tutta la giornata, con un intervallo per mangiare. Volevamo evitare i rischi legati alla presenza di esterni e in generale evitare “festini”, circolazione di alcol ecc. soprattutto nei programmi serali e direi che ci siamo riusciti. Ci sono stati la proiezione del film “Sulla mia pelle”, su Stefano Cucchi e la realizzazione di un graffito live, mentre un momento musicale è saltato per problemi legati al rumore.

I momenti che mi sono piaciuti di più? L’incontro con il giornalista Christian Raimo, quello con i ragazzi di Mediterranea, che hanno raccontato il loro viaggio e infine con l’avvocato degli attivisti della Scuola Diaz di Genova.

Organizzare questi giorni di occupazione è stato molto impegnativo, ma ne siamo usciti con molta soddisfazione per il lavoro di gruppo e per la forza con cui il nostro messaggio è uscito – una forza molto maggiore rispetto all’autogestione dell’anno scorso. L’occupazione è stata una rampa di lancio per altri progetti che vogliamo lanciare nei prossimi mesi.

Nella lettera che avete diffuso si parla di un Manifesto da scrivere con altre scuole romane. Lo avete già elaborato?

Mercoledì c’è stata un’assemblea cittadina a cui hanno partecipato una ventina di altre scuole romane – il Mamiani era l’unica occupata –  dove abbiamo parlato di questo progetto. Abbiamo un appuntamento il 30 ottobre per metterlo giù e poi lo diffonderemo.

Nella lettera accennate a diversi temi sociali, dal razzismo al lavoro precario, dall’istruzione alla sanità. Avete collegamenti con gruppi e reti oltre a quelli legati direttamente alla scuola?

Uno degli obiettivi dell’occupazione era proprio quello di allargare i nostri orizzonti portando nella scuola temi e lotte diverse. Inoltre ci preme lavorare in modo orizzontale per una maggiore unione all’interno delle diverse realtà del mondo studentesco, senza pretendere di inglobare nessuno, ma arrivando a una sintesi comune che potrebbe essere appunto il Manifesto.

Come vedi il futuro?

Mi sento diviso tra un’immagine catastrofica e una positiva. Mi sembra che lo stato nazionale abbia fallito e vedo il rischio di un ritorno a una specie di feudalesimo, con tanti piccoli “regni”. Tanti hanno perso fiducia nella politica, vedendola solo come giochi di potere e corruzione. Invece la politica dovrebbe puntare innanzitutto a far star bene le persone, a mettere al centro la solidarietà e il benessere collettivo. Questa è l’immagine di futuro a cui aspiro.