Quanti sono i politici statunitensi che accettano danaro dalla Nra (National Rifle Association? Proveranno a raccontarlo le studentesse e gli studenti sopravvissuti alla strage della scuola media di Portland, in Florida. Useranno le “armi” che la scuola da sempre si fregia di offrire a chi studia per essere critici e consapevoli, capaci di farsi le domande e trovare le risposte. Troveranno le risposte questi giovani in un lavoro sul campo, assieme ai loro insegnanti, diversamente armati rispetto a come li vorrebbe il presidente Trump.

Cresce questo non esercito di uomini e donne che dicono no alle armi impugnando la loro coscienza civile per denunciare i subdoli giochi di morte in cui si dilettano molti potenti e prepotenti.

Moltissime le manifestazioni programmate dal 14 marzo al 20 aprile in tutti gli Usa: genitori, docenti e studenti – unitamente alla società civile stanca di stragi – proveranno a stanare la politica che si fa finanziare dalla National Rifle Association e che di conseguenza le è debitrice (dunque non promuoverà azioni che ostacolino i mercanti di armi).

Dopo la strage di Portland un genitore su quattro si dice terrorizzato da ciò che potrebbe accadere al proprio figlio/a mentre si trova a scuola e non si sente certo rassicurato dalle frasi di circostanza che il presidente Trump ha pronunciato per commentare i fatti: «nessun bambino, nessun insegnante o qualunque altra persona dovrebbe mai sentirsi insicuro in una scuola americana». Questo presidente, così poco credibile, è infatti lo stesso che ha tagliato i fondi ai due programmi federali Background Ceck che avevano l’intento di procedere con attente verifiche su chi volesse acquistare armi, impedendone l’acquisto a chi ha avuto problemi psichici o precedenti penali. Fondi tagliati e dunque strada aperta agli squilibrati. Oggi negli Stati Uniti un diciottenne può acquistare un fucile automatico AR-15 con diversi caricatori ma non può comprare sigarette o alcolici, a dimostrazione che le lobbies contano. Eccome se contano. Giorni fa Trump – non pago delle sue esternazioni lette da un foglietto – ha trovato la soluzione: armare gli insegnanti così da consentire un intervento rapido.

Se non fosse così tragica questa sua boutade potrebbe sembrare copiata da una puntata dei Simpsons. Ma in fondo Omer è uomo più assennato e probabilmente saprebbe recitare a memoria i numeri che compongono la lunga scia delle stragi nelle scuole USA:

Bath School il 18 maggio 1927 con 45 morti e 18 feriti

e più di recente

Jonesboro il 24 marzo 1988 con 5 morti e 10 feriti

Columbine, High School 20 aprile 1999 con 15 morti e 24 feriti

Appalachian School 16 gennaio 2002 con 3 morti e 3 feriti

Red Lake High School 31 marzo 2005 con 9 morti e 13 feriti

West Nichel Mines Amish School 2 ottobre 2006, con 5 morti e 6 feriti

Virginia Tech, 16 aprile 2007 con 33 morti e 25 feriti

Northern University Illinois 14 febbraio 2008 con 6 morti e 15 feriti

Chardon High School 27 febbraio 2012 con 3 morti e 2 feriti

University Oikos 2 aprile 2012 con 7 morti e 3 feriti

Sandy Hook elementary School 14 dicembre 2012 con 28 morti e 2 feriti

Santa Monica college 7 giugno 2013 con 6 morti e due feriti

Campus di Santa Barbara 23 maggio 2014 con 6 morti e 13 feriti

Seattle Pacific University 5 giugno 2014 con 1 morto e 3 feriti

Umpqua Community College 1 ottobre 2015 con 9 morti e 7 feriti

E infine l’ultima alla Marjory S.D. High School Portland, Florida , 15 febbraio 2018 con 17 morti e 50 feriti.

Dovrebbe essere intimato a Trump – e a chi dopo verrà – di imparare a memoria questi numeri e citarli ogni qualvolta si rivolge a qualcuno/a che a scuola ci va per imparare e insegnare invece che a sparare.

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