Domani a New York, nella sede delle Nazioni Unite si apre la sessione finale (15 giugno – 7 luglio) dei negoziati deliberati dalla Risoluzione dell’Assemblea Generale il 23 dicembre scorso, che hanno il compito di stabilire “uno strumento legalmente vincolante per proibire le armi nucleari e volto alla loro totale proibizione”.

Pressenza ne ha trattato molte volte, ma forse in quest’occasione vale la pena di richiamare brevemente gli aspetti essenziali, per sensibilizzare e mobilitare ulteriormente l’opinione pubblica.
Ricordiamo che le armi chimiche e quelle batteriologiche sono vietate da apposite convenzioni internazionali, il loro uso o la loro produzione sono crimini verso l’umanità: nulla di simile esiste fino ad oggi per le armi nucleari, che sono le più inumane di tutte, anche per gli effetti devastanti permanenti che provocherebbero.

Un fattore assolutamente nuovo è che all’origine di questi negoziati è stata un’eccezionale mobilitazione della società civile in tutto il mondo: nel 2006 l’Ippnw (International Physicians for the Prevention of Nuclear War) lanciò l’iniziativa globale Ican (in inglese «Io posso», ma acronimo di International Campaign to Abolish Nuclear Weapons), che ha coinvolto più di 440 organizzazioni in un centinaio di paesi, ed ha esercitato una forte pressione sui rispettivi governi, approdando il 7 dicembre 2015 alle Nazioni unite, che fece proprie le finalità della campagna e istituì un apposito organismo (Open-ended Working Group).

Questi negoziati, approvati a grandissima maggioranza dall’Assemblea Generale (113 Stati membri hanno votato a favore, 35 contrari e 13 astenuti), hanno creato uno scompiglio generale. Essi riflettono una decisa volontà degli Stati non nucleari, che dopo la stipula del Trattato di Non Proliferazione nel 1970 chiedono con insistenza, ma inascoltati, che gli Stati nucleari ottemperino all’obbligo dell’Art. VI del trattato di condurre “trattative in buona fede” per il disarmo nucleare, e generale, totale: ormai è provata al contrario l’assoluta e pervicace mala fede degli Stati nucleari!

I quali hanno fatto la scelta di boicottare questi negoziati, e di fatto stanno investendo centinaia di miliardi di dollari per i prossimi decenni per l’ammodernamento dei propri arsenali! E con loro hanno deciso di non partecipare i paesi membri della Nato (con la meritevole eccezione dell’Olanda, la quale dimostra che se si vuole si può). Il governo italiano pervicacemente tace, malgrado le molte ed autorevoli petizioni a partecipare e contribuire positivamente al successo dei negoziati: ormai sembra evidente che la nostra classe politica “ci tiene”, come un fiore all’occhiello, ad ospitare sul nostro territorio una settantina di testate termonucleari! Le quali ci renderebbero un bersaglio primario di un’eventuale guerra nucleare: un vero “servizio” per il popolo italiano.

Il 27 ottobre 2016 il Parlamento Europeo si espresse a favore del supporto e della partecipazione ai negoziati, ma attualmente i paesi della “Disunione Europea” si muovono in ordine sparso. L’Irlanda e l’Austria sono state tra i promotori di questa iniziativa; Malta, Cipro e la Svezia si sono uniti a loro nel votare a favore; la Finlandia e i Paesi Bassi si sono astenuti.

Il 7 luglio si concluderà un trattato, fortemente voluto dall’opinione pubblica di tutto il mondo, che diventerà legge internazionale giuridicamente vincolante e depositato presso le Nazioni Unite, nel quale i Paesi assenti non avranno fatto valere i propri interessi e valori. Diventeranno legge internazionale disposizioni come il divieto di stazionare armi nucleari in Paesi terzi che è stato incluso nel nuovo testo. Tali disposizioni creeranno difficoltà per i Paesi Nato che, come l’Italia, ospitano sistemi nucleari americani sul proprio territorio.

I paesi non nucleari, e l’opinione pubblica mondiale, avranno comunque a disposizione un fortissimo strumento di pressione giuridica e morale e potranno stigmatizzare di fronte alla storia l’atteggiamento criminale di coloro che non si adegueranno all’obbligo di eliminare le armi nucleari.