Con i prigionieri palestinesi in sciopero della fame “Per la Libertà e la Dignità”
Per il rispetto dei Diritti Umani

Prosegue lo sciopero della fame dei prigionieri palestinesi lanciato lo scorso 17 aprile, nella Giornata Internazionale dei Prigionieri Politici Palestinesi, dal movimento palestinese Al-Fatah, a cui hanno subito aderito i detenuti delle prigioni di Ashkelon, Nafha, Ramon, Hadarim, Gilboa e Beersheba, compresi molti appartenenti ad altre forze politiche, raggiungendo un numero di partecipanti pari a 1.800, vicino a quello dei maggiori scioperi messi in atto dal 1967, tra cui ricordiamo quello del settembre-ottobre 1992, che vide la partecipazione di ben 7.000 detenuti ed ottenne un concreto miglioramento delle loro condizioni di detenzione.

 

Statistiche
I prigionieri palestinesi detenuti dal 1967 sono 850.000.
Di questi, almeno 210 sono morti in carcere per maltrattamenti.
Ogni famiglia palestinese è stata colpita dal dramma della detenzione.

Le motivazioni

Le motivazioni dello sciopero sono state fornite da Marwan Barghouthi, leader di Al-Fatah in carcere
da 15 anni, che lo sta guidando: “Dopo aver trascorso gli ultimi 15 anni in una prigione israeliana”, ha
scritto Barghouthi, “sono stato sia testimone sia vittima del sistema illegale con cui Israele mette in
atto arresti arbitrari di massa e maltrattamenti di prigionieri palestinesi. Dopo aver esaurito tutte le altre
opzioni, ho deciso che non c’era altra scelta che resistere a questi abusi cominciando uno sciopero della
fame”. “Lo sciopero della fame”, ha sottolineato, “è la forma più pacifica di resistenza a disposizione.
Esso infligge dolore esclusivamente a coloro che vi partecipano e ai loro cari, nella speranza che gli
stomaci vuoti e il sacrificio aiutino il messaggio a risuonare al di là dei confini delle celle buie”.


Le richieste dei prigionieri

1. Installazione di telefoni pubblici per i detenuti palestinesi in ciascuna prigione e sezione,
affinché possano comunicare con le loro famiglie.

2. Visite:
a. Ripristino della seconda visita mensile interrotta dalla Croce Rossa;
b. Regolarità delle visite ogni due settimane senza ostacoli da nessuna parte;
c. Nessun impedimento a parenti di primo e secondo grado che vogliano visitare il detenuto;
d. Aumento della durata della visita da 45 minuti a un’ora e mezza;
e. Permesso ai detenuti di fare fotografie con le famiglie ogni tre mesi;
f. Provvedimenti per rendere confortevoli le visite delle famiglie;
g. Permesso di visitare i detenuti a figli e nipoti sotto ai 16 anni di età.

3. Salute:
a. Chiusura del cosiddetto ospedale della prigione di Ramla perché non fornisce le cure
adeguate;
b. Fine della politica di negligenza medica;
c. Esami medici periodici;
d. Interventi chirurgici ogni qual volta siano necessari;
e. Possibilità di essere assistiti da medici specializzati provenienti da fuori del carcere;
f. Rilascio dei detenuti ammalati, e in particolare di coloro che sono disabili o affetti da mali
incurabili;
g. Gratuità delle cure per il detenuto.

4. Risposta ai bisogni e alle richieste delle donne palestinesi detenute, sia attraverso mezzi di
trasporto speciali, sia concedendo incontri diretti senza barriere durante le visite.

5. Trasporti:
a. Garanzia di un trattamento umano dei detenuti durante il loro trasporto;
b. Accompagnamento dei detenuti alle prigioni dopo cure mediche e processi senza che siano
trattenuti ai posti di blocco;
c. Allestimento di posti di blocco umani e preparazione di pasti per i detenuti.

6. Aggiunta di canali satellitari che soddisfino i bisogni dei detenuti.

7. Installazione dell’aria condizionata nelle prigioni, e in particolare in quelle di Megiddo e
Gilboa;

8. Ripristino delle cucine in tutte le prigioni, sotto la supervisione dei detenuti palestinesi.

9. Permesso per i detenuti di avere libri, giornali, indumenti e cibo.

10. Fine della politica di isolamento.

11. Fine della politica di detenzione amministrativa.

12. Permesso di studiare all’Università Aperta di Israele.

13. Permesso di tenere gli esami di maturità (Tawjihi) in modo ufficiale e condiviso.

Le violazioni dei Diritti Umani

Il sistema giudiziario israeliano è illegittimo e viola il diritto internazionale, condannando praticamente
ogni palestinese che viene arrestato dalle forze di occupazione, compresi minori, difensori dei diritti
umani, parlamentari, accademici, leader politici, manifestanti, semplici spettatori, familiari di
prigionieri e militanti a cui viene applicata la cosiddetta “detenzione amministrativa”, cioè la
carcerazione senza accuse e senza processo, basata su prove segrete.
I tribunali israeliani sono strumenti dell’occupazione e non organismi per l’attuazione della giustizia.
Con tutti i partiti politici considerati illegali per ordine militare, ai cittadini palestinesi non è permessa
alcuna forma di partecipazione e vengono di fatto criminalizzati per qualsiasi tipo di resistenza, anche
pacifica, all’occupazione illegale israeliana. Per questo, la questione dei prigionieri trascende quella
dei diritti umani individuali, investendo i diritti collettivi di un intero popolo, che continua ad essere
privato del proprio diritto all’autodeterminazione e alla sovranità, su cui si fonda il diritto
internazionale.
Israele ha trasferito forzosamente prigionieri palestinesi entro carceri israeliane che si trovano al di
fuori del territorio occupato, contravvenendo alla Quarta Convenzione di Ginevra.
I prigionieri palestinesi vengono privati dei loro più fondamentali diritti e sottoposti a diverse forme
di tortura. Queste violazioni sono equivalenti a crimini di guerra e a crimini contro l’umanità, come
previsto dalla Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale.