Intervista al poeta e mediatore culturale Cristian Luca Andrulli, con cui ho parlato di poesia e di incontro e dialogo tra le culture. Vorrei ringraziare Cristian per i suoi importanti impulsi.

Che cosa significa per Lei la poesia?

Quando ho iniziato a fare poesia 15 anni fa mi sono reso conto del valore che attribuiamo a un panorama, a un paesaggio, ai nostri ricordi, all’essenza delle cose materiali e non.

Per me la poesia significa ricucire addosso alcuni pezzi mancanti di uno scenario visto in bianco e nero, in controluce. L’importanza di dare un significato alla poesia non scaturisce da una vera definizione, ma da un complesso e argomentato scorrere del tempo, quasi come filmare e comporre i propri flashback della memoria, che se ordinati in un certo modo, aiutano nella costruzione di un linguaggio poetico. La poesia quindi definisce i particolari linguaggi e non il senso comune generale. Si diventa poeti con molto esercizio e con molta passione, non per la retorica dei veri e propri osservatori. Chi ha la pazienza di aspettare sa cogliere la necessità di un verso da scrivere, che spesso fa riferimento al proprio intuito nell’essere capaci di saper rimodellare un significato.

Per me personalmente la poesia è un movimento dall’interno verso l’esterno, che permette dunque di passare dal sentire all’azione. Che cosa ne pensa?

Se prendiamo in considerazione l’idea moderna di poesia, credo che essa combaci con la definizione di movimento dall’interno verso l’esterno che permette di passare dal sentire all’azione, mentre in passato ci si soffermava di più sul concetto di sentire, descrivere un’azione anche solo in maniera platonica. Oggi la poesia ha un nuovo linguaggio che definisco “urbano”. Si passa direttamente alle azioni immediate, azioni quotidiane di tutti i giorni. Azioni spesso crude, che a volte non lasciano spazio a sentimentalismi o metafore. La poesia oggi riesce a farsi leggere a più riprese proprio perché descrive “azioni di vita quotidiana che si sbattono in faccia”. In questo caso sta al lettore interpretare i vari linguaggi.

Quali sono le tematiche fondamentali che affronta nelle Sue poesie?

Le tematiche che affronto nelle mie opere sono di denuncia sociale, si rivolgono agli individui indifesi, al concetto di metropoli e al contesto urbano. La mia seconda raccolta di poesie dal titolo “Forti preludi”, Edb Edizioni 2015, altro non è che un raccontarsi in una Berlino di tutti i giorni. Trovare un posto nel mondo e assicurarsi di non andare troppo lontani per cercare di essere felici. Probabilmente è più vicino di quello che pensiamo. In alcuni versi del mio libro si percepisce quella realtà  di cui parlo:

Vivace o patinato, ricco e povero,

ci sono tante libertà sopravvalutate.

Berlino e tanto altro, fumo a zonzo.

Combattimenti che non vogliono essere dimenticati.

Calpestabile.

Faccio riferimento alla libertà che a mio avviso non è l’unico manforte, l’unico stemma che caratterizza la città di Berlino. Ci sono tante libertà da scoprire e credo siano legate alla storia che gli stessi berlinesi raccontano.

Come può la poesia servire come mezzo per promuovere il dialogo tra popoli e religioni?

La poesia come la musica ha una voce interiore importante e si lascia ascoltare, cantare. Lancia segnali di ribellione e allo stesso tempo segnali di pace che inducono chi legge alla riflessione e in molti casi alla reale consapevolezza degli eventi che fanno parte delle nostre vite. La religione mai come in questi anni ha preso piede nelle nostre società e ci coglie spesso impreparati ad accogliere le risposte o i segnali che ci arrivano dall’esterno, dai popoli che chiedono di essere ascoltati. La poesia promuove proprio questo messaggio universale, un messaggio che accomuna tutti e non fa distinzione alcuna, “chiede solo di essere ascoltato”.

Se pensiamo agli attentati terroristici in tutto il mondo negli ultimi anni e alle conseguenze  complesse che ci stiamo trascinando dietro, penso che questo sia dovuto alla poca attenzione e al modo superficiale di affrontare le storie di ogni individuo. Ognuno ha una storia da raccontare. Nel bene o nel male dobbiamo capire come ascoltare chi chiede di essere ascoltato. Seminare odio con slogan populisti non aiuta nessuno e che ci piaccia o no siamo tutti destinati a credere  all’idea di un mondo migliore, sperando non sia troppo lontano dai nostri affetti. La poesia lega quindi i popoli con le loro religioni attraverso un messaggio universale di pace e di ribellione nonviolenta. Divulgare e diffondere la poesia nel mondo credo sia un bene per tutti.

Che ne pensa dell’intraducibilità della poesia?

La poesia ha diversi codici che non hanno una vera e propria traduzione, non sono mai identici, ma fanno parte di uno stesso linguaggio. Chi legge poesia, chi fa poesia, sa riconoscere i codici adeguati della propria lingua pur essendo codici che a volte si riescono a comprendere, altre volte no. Immaginiamo di guardare un’opera d’arte, un quadro, credo generi per ognuno di noi risultati diversi. La non traducibilità o meglio non riuscire a tradurre fino in fondo la poesia non credo sia una questione di comprensione, credo si accosti di più alla ricerca di un suono. Tradurre la poesia originale in altre lingue stravolge completamente il senso del verso di chi sa leggere, scrivere nel dettaglio rispetto ad altri che si soffermano solo alla descrizione di un paesaggio o solo in superficie per intenderci. Capire e realizzare i dettagli di un paesaggio e scrivere solo i dettagli senza descrizione credo risulti più ostico da capire. La poesia racchiude proprio questo esempio. I traduttori infatti non sono poeti e chi traduce un verso spesso non riesce a cogliere il vero significato di tutto il contesto. A volte a mio avviso pur stravolgendo un testo si può sperimentare con linguaggi e suoni diversi; credo sia importante per portare la poesia nel mondo.

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