Nelle prime ore del 4 novembre sono stati presi in detenzione cautelare dodici parlamentari appartenenti al Partito Democratico dei Popoli (HDP). Nove di questi sono finiti in diversi centri di detenzione, gli altri tre, invece, sono stati lasciati liberi con la condizionale.

Il 20 maggio di questo anno 376 parlamentari hanno votato a favore della rimozione dell’immunità parlamentare. Una decisione storica sostenuta fortemente dal Presidente della Repubblica, il partito al governo e dai due partiti dell’opposizione, ovvero il CHP e il MHP. L’obiettivo è stato appunto quello di permettere ai giudici di processare quei deputati accusati di aver commesso diversi reati, ormai privati dello scudo parlamentare.

Il Presidente della Repubblica promuoveva a Rize questa novità, lo stesso giorno della votazione attraverso queste parole: “Il mio popolo non vuole vedere in Parlamento quei parlamentari che sono colpevoli in questo paese. Soprattutto non vuole vedere in questo Parlamento quelli sostenuti dall’organizzazione terroristica separatista”.

Kemal Kilicdaroglu, leader del CHP, un mese prima della votazione comunicava la posizione del proprio partito: “Anche se si tratta di una proposta anticostituzionale, noi voteremo ‘Sì’. Si tratta di un cambiamento che inganna il popolo. Siamo pronti a pagare il conto per portare la vera democrazia in questo paese, anche a costo di andare in galera. Anche l’HDP deve prendere una decisione seria e deve votare ‘Sì’. Deve rischiare tutto”.

Le carte pronte da mandare al Parlamento riguardano 237 parlamentari, così distribuiti: 27 dell’AKP, 51 del CHP, 50 dell’HDP e 9 del MHP. Le accuse sono legate per la maggior parte a presunte attività terroristiche: 216 denunce, 201 casi di offesa/insulti, 55 casi di elogio del colpevole, 24 casi di incitamento della popolazione all’odio, 119 casi di violazione della legge sulle manifestazioni e riunioni pubbliche e infine 2 casi di propaganda contro il servizio militare obbligatorio.

Nei mesi successivi sono stati scoperti i contenuti delle carte ed i giudici hanno iniziato a chiamare in appello i parlamentari sotto indagine. Guardiamo alcuni casi esemplari.

Il primo caso riguarda il leader del CHP, Kemal Kilicdaroglu. Nelle carte contro di lui, 134 pagine riguardano casi in cui il politico socialdemocratico viene accusato di aver violato la legge sul vilipendio del Presidente della Repubblica. Come il 4 novembre del 2015, quando durante un’occasione pubblica nella città di Antalya ha pronunciato queste parole: “Quello che sta nel palazzo presidenziale ha portato il paese in una crisi”. Oppure come nel caso del 21 agosto del 2015, quando in un’intervista rilasciata al quotidiano nazionale Hurriyet, le sue parole sono finite nel mirino dei giudici: “È il Presidente della Repubblica ad aver causato l’inizio del terrore in questo paese e a renderlo una piscina di sangue. Vorrebbe dettare le sue idee utilizzando il sangue, le lacrime e la repressione. Ora gli elettori vanno a votare di nuovo solamente per soddisfare l’ego di una persona”. Infine l’intervista rilasciata al quotidiano nazionale Milliyet il 10 settembre del 2015: “L’unico responsabile di questa situazione è la persona che sta nel Palazzo Presidenziale. Il responsabile di ogni goccia di sangue è lui”. Questi sono solo alcuni esempi che hanno spinto i giudici a fare delle denunce pubbliche, oppure a prendere in considerazione le denunce fatte dagli avvocati del Presidente della Repubblica.

Le pagelle dei parlamentari dell’HDP sono leggermente più complesse e kafkiane. La maggior parte delle accuse di promuovere le attività di un’organizzazione terroristica si concentra su di loro. Per citare alcuni casi interessanti possiamo iniziare con Sirri Sureyya Onder, accusato di “costruire un’organizzazione terroristica, con l’obiettivo di compiere un atto criminale”. Per sostenere quest’accusa, i giudici citano la lettura pubblica da parte di Onder della lettera scritta da Abdullah Ocalan, il leader storico de Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK). Il 21 marzo del 2013, Onder ha letto in tre lingue diverse nella piazza centrale della città di Diyarbakir questa importante lettera, in cui Ocalan annunciava l’inizio di una nuova fase politica e invitava i militanti del PKK a deporre le armi. Una svolta storica arrivata attraverso il percorso di dialogo tra Ocalan, in esilio da anni in un’isola vicina a Istanbul, il governo e alcuni parlamentari dell’HDP che incontravano il leader del PKK con il consenso ed il permesso del governo. Questo storico dialogo ha permesso un temporaneo cessate al fuoco ed è stato promosso in numerose occasioni da vari membri del governo, dal Primo Ministro dell’epoca e dal Presidente della Repubblica. Eppure la lettura di questa storica lettera è oggi definita una prova per sostenere l’accusa di terrorismo.

Un altro caso riguarda Dengir Mir Mehmet Firat, parlamentare dell’HDP che viene accusato di vilipendio del Presidente della Repubblica per via di un post pubblicato su Facebook. Il 6 ottobre del 2015 gli avvocati del Presidente hanno denunciato il parlamentare e il primo marzo del 2016 i giudici hanno preparato le cartelle per inviarle al Parlamento. Tuttavia un piccolo dettaglio salta all’occhio. Secondo i giudici, questo post viene scritto da Firat il 31 agosto del 2016, ovvero circa sei mesi dopo la stesura delle carte. Insomma, si tratterebbe di una violazione avvenuta “dopo”.

Un altro caso invece coinvolge i due co-presidenti del partito, attualmente in arresto, Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag. Il 22 febbraio del 2015 la sede del partito nella città di Kayseri è stata attaccata da un gruppo ultra-nazionalista. I membri locali del partito hanno accusato la polizia per la mancata protezione. Gli avvocati dell’HDP a nome dei co-presidenti hanno denunciato il Prefetto della città presso la Procura di Kayseri. Questa mossa ha aperto la strada verso la rimozione dell’immunità parlamentare per Demirtas e Yuksekdag, perché tutti e due vengono accusati di “calunnia contro un funzionario statale”. Dunque, tale denuncia risulta un crimine perseguibile secondo i giudici.

Infine, il caso del parlamentare Faysal Sariyildiz. Nel gennaio del 2015 nella città di Sanliurfa è stata fermata l’auto del parlamentare, con cui viaggiava anche un militante del PYD (Partito dell’Unità Democratica), dal 2013 espressione partitica del confederalismo democratico in Rojava (nord della Siria). Secondo i giudici, all’interno dell’auto il parlamentare trasportava armi dalla Siria in Turchia per consegnarle ai militanti del PKK. Tuttavia secondo un’indagine del maggio 2016 effettuata dai giornalisti del quotidiano nazionale Evrensel,  il giudice Ugurhan Kus, responsabile delle indagini, ha ammesso che all’interno della macchina di Sariyildiz non si trovava nessuna arma. Eppure, lo stesso giudice ha deciso di mandare le carte al Parlamento, affinché venisse tolta l’immunità parlamentare a Faysal Sariyildiz.

L’accusa di trasportare le armi dalla Siria alle mani dei militanti del PKK è stata largamente sfruttata dal governo. Il Primo Ministro dell’epoca, Ahmet Davutoglu, durante un evento nella città di Bingol il 27 febbraio 2016 affermava che il parlamentare dell’HDP aveva trasportato delle armi con la sua macchina. Tesi confermata dall’attuale Presidente della Repubblica il 19 aprile 2016: “Nonostante sia un parlamentare porta delle armi nella sua auto per i terroristi. La sua casa sembra la caserma dei terroristi”.

La campagna politica contro il parlamentare dell’HDP è stata sostenuta dai media attraverso riprese diffuse dal canale televisivo A Haber nel luglio 2015. Si tratterebbe di una sequenza video in cui si vedono due macchine, una del parlamentare e l’altra della polizia in borghese. Le immagini mostrano i due veicoli fermarsi, i poliziotti avvicinarsi al mezzo del parlamentare e infine gli stessi che vanno via. Secondo A Haber le immagini mostrano una presunta operazione della polizia in cui vengono scoperte numerose armi nascoste nel mezzo del parlamentare dell’HDP. Il 26 luglio del 2015 il quotidiano Aksam è uscito con questo titolo in prima pagina: “Le immagini del trasporto delle armi del parlamentare dell’HDP”. Il giornale sostiene l’accusa mostrando le immagini catturate nel filmato trasmesso il giorno prima dal canale A Haber. In pochi giorni numerosi siti internet, canali televisivi e giornali nazionali diffondono le immagini e sostengono la presunta accusa. Analogamente si comporta il mondo politico.

Vediamo chi sono alcuni degli attori mediatici protagonisti di questa campagna. Il canale televisivo che ha diffuso per primo le immagini, A Haber, è stato fondato dal gruppo imprenditoriale Calik Holding guidato da Ahmet Calik. Questo famoso imprenditore che agisce nel settore edile ha comprato nel 2007 il quotidiano Sabah, il giornale Takvim e il canale televisivo Atv. Dopo aver integrato questi media nell’azienda del suo gruppo, Turkuaz Media, li ha venduti nel 2013 ad un altro gruppo imprenditoriale, la Kalyon Holding. Questa è una società del settore edile impegnata nella costruzione delle reti metropolitane in varie città della Turchia, nel terzo aeroporto di Istanbul e nel progetto della caserma militare nell’area del Parco Gezi di Istanbul. LaTurkuaz Medya, ormai appartenente al gruppo Kalyon, ha come vice amministratore delegato Serhat Albayrak, figlio della famiglia Albayrak, rappresentante di un altro gruppo imprenditoriale celebre in Turchia. Albayrak è anche dal 2008 membro del consiglio d’amministrazione del gruppo Calik Holding. Nello stesso gruppo dal 1999 al 2013 ha lavorato in veste di presidente generale della società un altro membro della famiglia Albayrak. Stiamo parlando di Berat Albayrak, l’attuale Ministro dell’Energia, fratello di Serhat e genero dell’attuale Presidente della Repubblica. Inoltre Berat Albayrak scrive dal 2013 per il quotidiano nazionale Sabah, che prima apparteneva al gruppo Calik ed ora appartiene al gruppo Kalyon-Turkuaz. Il 25 luglio, questo quotidiano ha pubblicato la notizia sul parlamentare Faysal Sariyildiz: “Il parlamentare dell’HDP che trasportava delle armi per il PKK è stato fermato, ma non arrestato grazie all’immunità parlamentare”.

Questi sono soltanto alcuni piccoli esempi di come e perché in Turchia il mondo politico si trova in relazioni strette e collaborative con il mondo mediatico ed imprenditoriale . Attraverso questo reticolo è possibile portare avanti una campagna senza nessun fondamento contro un parlamentare, oppure contro un partito politico. Si può dunque manipolare l’opinione pubblica e influenzare il mondo giuridico fino a togliere l’immunità parlamentare ad un intero partito politico che rappresenta circa sette milioni di voti. La manipolazione dell’informazione e la co-presenza politico-mediatico-economica non lascia spazio alla libera informazione, alla partecipazione politica e al diritto d’espressione.