Bene ha fatto Papa Francesco a “bacchettare” i dirigenti europei.

E’ facile ironizzare sul 9 maggio ricorrenza della “Festa dell’Europa”, in ricordo della dichiarazione del Ministro degli Esteri francese Schuman, il 9 maggio 1950, che dette origine nel 1951 alla CECA, la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio”, la cui costruzione mise fine alle guerre tra Francia e Germania. In effetti, come si fa, in  quanto gruppo promotore della DIP (Dichiariamo Illegale la Povertà), a festeggiare  i 65 anni d’integrazione europea  visto lo stato attuale di disunione e di disgregazione dei principi di giustizia sociale, solidarietà e  democrazia cui è pervenuta l’Unione Europea?

Peraltro, il silenzio che quest’anno ha marcato  le celebrazioni ufficiali  della festa è quasi totale. Ho cercato  nel sito web “Home. Europe Day 2016” della Commissione Europea di sapere quale iniziativa essa stessa ha promosso. Il sito  menziona le iniziative prese dagli uffici locali della Commissione in una dozzina di Stati membri, ma non dà informazione – lo stesso dicasi del sito “Actualités” della Commissione – su nessuna dichiarazione o  documento pubblicato dall’esecutivo europeo. Allo stesso risultato si giunge consultando li sito della Banca Centrale Europea,  l’unico potere sovranazionale politico indipendente fra le istituzioni dell’Unione europea. Non ho trovato altresì nessun riferimento alla festa ad opera del Parlamento Europeo.

Contrariamente a quanto probabilmente sperato, il presidente della Commissione Europea Juncker ed il presidente del Parlamento Europeo Schulz, non hanno ricevuto alcun complimento e incoraggiamento per il loro operato  da parte di Papa Francesco nel suo discorso di ricezione del Premio Carlo Magno annualmente attribuito a personalità che hanno operato con vigore alla promozione dell’integrazione europea. Papa Francesco  non ha evitato di portare un giudizio severo sull’attuale Unione e d’invitare i dirigenti a mettere l’Europa al servizio del divenire dei popoli e dei cittadini e non delle logiche economiche e finanziarie.

Se il silenzio dei dirigenti europei responsabili della deliquescenza dell’Unione europea ha permesso di non aggiungere ipocrisia all’indecenza, il fatto però non incita all’ottimismo: esso rivela che non v’è alcuna intenzione da parte dei nostri dirigenti di pensare a un cambiamento di rotta. Eppure, le cronache di questi ultimi giorni, comprese le manifestazioni in Francia, le rivolte in Grecia e le risurgenze xenofobe in Germania e in Austria, senza dimenticare quanto sta accadendo in Turchia, rendono il cambiamento di rotta ancor più imperioso e urgente. Un cambiamento al livello del senso profondo dell’integrazione europea, capace di liberare gli europei dal sarcofago monetario e mercantile dell’attuale Unione e costruire una nuova storia di cammini di giustizia, di spazi democratici e di percorsi solidaristici fra i popoli europei e non europei. La forza degli esseri umani sta nel vivere bene insieme e non nella sopravvivenza dei più forti.