L’accordo raggiunto il 18 marzo 2016 tra l’Unione Europea e la Turchia è basato su un inquadramento nebuloso dal punto di vista del diritto europeo e internazionale. Il testo descrive in modo vago la gente che arriva in territorio europeo, giocando con i concetti e i termini di immigrati irregolari, richiedenti asilo e siriani e accetta la Turchia come un paese sicuro per le questioni riguardanti l’asilo. Chiude inoltre la cosiddetta rotta balcanica e introduce i rimpatri al fine di compensare la procedura di ricollocamento, impegnando i paesi dell’Unione Europea a concedere solo 18.000 permessi. Rimase oscuro il destino di almeno altre 54.000 persone, di cui si era parlato nell’estate 2015. Secondo questo prospettiva, la Grecia è l’unico paese a cui si richiede di adottare regole basate sull’accordo e sulla considerazione della Turchia come un paese sicuro in cui rimandare i profughi. Questa settimana la nuova legge dovrebbe essere approvata dal Parlamento greco.

Le autorità greche hanno immediatamente accelerato il trasferimento sulla terraferma di circa 8.000 rifugiati arrivati nelle isole prima del 20 marzo, nonostante il vuoto legislativo esistente per implementare l’accordo.  Esso infatti si applica a chi è arrivato nelle isole greche dopo il 20 marzo, ritrovandosi quindi sottoposto alle nuove procedure di rimpatrio. I nuovi arrivi si trovano dunque in una situazione incerta, visto che l’inquadramento legale degli hotspots verrà definito nella nuova legge.

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR) ha reagito diffondendo una dichiarazione in cui denuncia il fatto che gli hotspots sono diventati centri di detenzione e annuncia la sospensione di alcune azioni, come il trasporto dei profughi. Manterrà però la sua presenza con un ruolo di sorveglianza per assicurare il rispetto dei diritti umani e fornire informazioni sui diritti e le procedure per la richiesta di asilo.

Anche altre organizzazioni, tra cui Medici senza Frontiere e Save the Children hanno sospeso temporaneamente le attività negli hotspots. 

A livello internazionale

Come parte del processo di pace concordato in Siria, il Presidente russo Putin ha annunciato il ritiro delle forze di terra dal paese, sostenendo che l’obiettivo di fermare l’ISIS era stato largamente raggiunto.

Secondo il Segretario di Stato americano Kerry l’ISIS dovrebbe rispondere del reato di genocidio in Siria e Iraq.

Il Commissario per i Diritti Umani dell’UE Muiznieks  in un editoriale pubblicato sul New York Times ha avvertito i leaders europei dei rischi di violazione dei trattati internazionali ed europei nel caso di un accordo con la Turchia.

Mentre continua l’afflusso di rifugiati nelle isole greche, i terribili attentati terroristici del 22 marzo a Bruxelles inducono i cittadini a chiedersi se la ultradecennale politica estera occidentale in Medio Oriente è stata davvero appropriata e alimentano la paura del fanatismo islamico.

La situazione a Idomeni

Nel frattempo, secondo l’ACNUR,  tra 10.000 e 12.000 persone, di cui circa 4.000 bambini, sono accampate a Idomeni vicino al confine con la Macedonia e alle linee ferroviarie, in pessime condizioni che stanno causando effetti negativi sulla salute. La gente è costretta a bruciare plastica e spazzatura per scaldarsi.

Negli ultimi giorni numerosi rifugiati hanno cercato senza successo di fuggire in Macedonia attraversando un fiume con bambini in braccio, disabili in carrozzella e anziani portati sulla schiena dai giovani.

La solidarietà continua a trovare forme di espressione

In Grecia oltre 3.000 persone hanno firmato un appello degli intellettuali per accogliere i rifugiati, sostenendo l’ospitalità e l’asilo contrapposti alla barbarie. Si continuano a fornire cure mediche, cibo, vestiti e appoggio dovunque esistano campi per rifugiati e immigrati, organizzati o no.

In Spagna migliaia di persone hanno protestato contro l’accordo tra l’Unione Europea e la Turchia, mentre nel Regno Unito si sono tenute a Londra, Glasgow e Cardiff manifestazioni anti-razziste e di solidarietà con rifugiati, immigrati e musulmani, oggetto di una recente campagna di odio da parte di politici e mass-media. Tra gli intervenuti l’attrice Vanessa Redgrave, noti giornalisti, parlamentari e rappresentanti di numerose organizzazioni.

 I numeri dei ricollocamenti

Nel settembre 2015 si era deciso il trasferimento in diversi paesi europei di altri 120.000 rifugiati dalla Grecia, dall’Ungheria e dall’Italia (portando il numero totale a 160.000)  nei due anni successivi.  Secondo i dati ufficiali diffuse dalla Commissione Europea il 4 febbraio  2016), solo 279 persone erano state trasferite dall’Italia e 202 dalla Grecia, soprattutto in  Francia e Finlandia. Secondo la dichiarazione dei ricercatori del “think tank” Bruegel, “se i ricollocamenti andranno avanti a questo ritmo, ci vorranno 47 anni per trasferire 39.600 persone dall’Italia e più di un secolo per concludere il programma”.

Traduzione dall’inglese di Anna Polo