Gli ultimi sviluppi a livello locale e internazionale per affrontare con successo la crisi dei rifugiati hanno suscitato le preoccupazioni di chi è direttamente coinvolto nel tema, ma anche della società civile.

I viaggi di profughi  e immigrati per vie irregolari e insicure hanno risultati tragici. Negli ultimi due anni la Grecia è stata la principale porta d’accesso all’Europa e secondo l’Organizzazione Internazionale per le migrazioni (OIM) quest’anno ha accolto almeno 102.547 persone. Inoltre secondo Peter Bougkaert di  Human Rights Watch [1], gennaio è stato il mese con il maggior numero di morti nel Mar Egeo, dall’inizio della crisi dei rifugiati a oggi.

Questi dati sono confermati dall’ACNUR – Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati – secondo cui il 35% dei morti era costituito da bambini. Secondo Medici senza Frontiere, che offrono aiuto umanitario nelle isole dal maggio 2015, dall’inizio dell’anno a oggi i morti sono stati 320 [2].

Pochi giorni dopo questi tragici annunci, il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha dichiarato che l’alleanza militare accettava la proposta di Germania, Turchia e Grecia per avviare nel Mar Egeo operazioni volte a  contrastare il traffico di esseri umani e l’immigrazione irregolare [3]. Il 18 e 19 febbraio il Consiglio Europeo si è riunito fissando obiettivi quali  “… la rapida inibizione dei flussi migratori, la protezione delle frontiere esterne, la riduzione dell’immigrazione irregolare e la salvaguardia dell’area Schengen“. [3]

Allo stesso tempo in Grecia il Ministro della Difesa si è impegnato a completare i centri di accoglienza, compresi gli “hotspots”,  con cinque coordinatori, cucine mobili e forniture provenienti dai campi militari di Sindo e Schisto, al fine di facilitare le procedure di accoglienza sulla terraferma (i cosiddetti centri di ricollocazione). Il Ministro della Protezione dei Cittadini ha assunto con procedure rapide personale per questi cinque centri, in modo da completare sul posto l’identificazione dei rifugiati.

Tutte queste iniziative sono dovute alle minacce dell’Unione Europea di espellere la Grecia per due anni dal trattato di Schengen. Si tratta di un ultimatum al governo greco perché costruisca gli hotspots necessari e metta in pratica le raccomandazioni europee per controlli più rigidi alle frontiere entro tre mesi, se non vuole finire fuori dal trattato. Allo stesso tempo (alla fine del 2015) l’UE ha stipulato un accordo bilaterale con la Turchia, dandole 3 miliardi di euro per fermare il flusso di rifugiati verso l’Europa. L’implementazione di questo accordo diventerà chiara dopo l’incontro tra Tusk, Presidente del Consiglio Europeo e il primo ministro turco Davutoglu, previsto per il 7 marzo.

“L’ ACNUR è a fianco del governo greco con supporto logistico e aiuto finanziario e contribuisce già ai procedimenti di ricollocazione” ha dichiarato l’Alto Commissario Filippo Grandi in un’intervista concessa durante una visita di due giorni in Grecia. Commentando il coinvolgimento operativo della Nato nel Mar Egeo, ha affermato che durante l’incontro con il Segretario Generale dell’alleanza militare a Bruxelles il 25 febbraio avrebbe chiesto di condurre “ogni azione dell’alleanza nel rispetto dei trattati internazionali ed europei sui diritti dei rifugiati e dei richiedenti asilo”.

Un rappresentante della “Campagna per l’asilo” gli ha chiesto se la Turchia si potesse considerare un paese terzo sicuro e Grandi ha risposto: “In questo momento la cosa importante non è questa, visto che la Turchia ospita già milioni di rifugiati nel suo territorio. L’importante è che l’UE si assuma le sue responsabilità, che al momento sono distribuite in modo sproporzionato per esempio tra l’Europa e il Libano”.

Anche la “Campagna per l’asilo”, lanciata da varie organizzazioni e gruppi, ha organizzato una conferenza stampa e diffuso un testo di nove pagine [5], in cui documenta legalmente la sua angoscia per:

  • La violazione del principio di non respingimento, visto che la Turchia impedirà ai profughi di raggiungere il territorio greco/europeo per chiedere protezione. In base all’accordo bilaterale con l’UE la Turchia si è assunta l’impegno di chiudere i confini di terra e sorvegliare quelli marini.
  • La possibile classificazione della Turchia come paese terzo sicuro e il conseguente ritorno in tale nazione dei richiedenti asilo e dei profughi, il che è contrario al diritto internazionale ed europeo.

A livello politico, la campagna interpreta le decisioni dell’UE come tentativi di trasferire dall’Unione Europea ad altri paesi le richieste di asilo e i processi di riconoscimento (esternalizzazione). Si dice anche preoccupata che le intensificate operazioni militari compiute nell’Egeo dalla NATO e da Frontex rispettino i diritti dei richiedenti asilo e non causino altre morti o maggiori rischi, aumentando così le tariffe dei trafficanti.

Nella sua conferenza stampa l’Unione Ellenica per i Diritti Umani (in greco EEDA) ha fatto notare che non stiamo vivendo una crisi dei rifugiati, ma una crisi dell’accoglienza. L’EEDA collega l’aumento dei flussi, nonostante siamo in inverno, con l’incontro dei leader europei tenutosi quest’autunno a Malta, che ha annunciato la chiusura delle frontiere, così che la gente si è affrettata a partire.

Nel suo lungo rapporto [6] l’EEDA ha chiesto il seguente “approccio fattibile”:

  • Ha domandato al governo greco di assicurare le migliori procedure, che al momento non sono niente di più del processo di ricollocazione di richiedenti asilo e profughi. E’ necessario uno sforzo coordinato  delle comunità locali per accogliere nel modo migliore la gente che la Grecia ha promesso di ricollocare e per rispettare le condizioni a cui rifugiati e richiedenti asilo hanno diritto.
  • Ha dichiarato che la sicurezza degli esseri umani dovrebbe essere l’unica motivazione della sicurezza delle frontiere.
  • Ha chiesto una fine immediata dei respingimenti, sostenendo che le operazioni della NATO non li cancellano. Una sinergia internazionale invece riuscirebbe a creare passaggi sicuri per i profughi ed eliminerebbe i trafficanti.

L’EEDA ha espresso anche la sua preoccupazione per i diritti fondamentali dei rifugiati sotto la giurisdizione militare, commentando l’inatteso impiego dell’esercito greco nell’organizzazione e nella logistica degli hot spot lungo le frontiere e nei centri di accoglienza sulla terraferma e l’amministrazione e il coordinamento militare e non civile.

In generale, varie parti hanno cercato di collegare la gestione dei flussi dei profughi con la sovranità nel Mar Egeo e con gli interventi della NATO e di Frontex, azioni che sembrano portare a una “militarizzazione”, invece di affrontare la dimensione umana e politica dell’ondata di arrivi.

D’altra parte moltissime persone aiutano e si prendono cura di chi arriva nelle isole.  Mentre l’opinione pubblica locale e internazionale accoglie addolorata la notizia delle perdite di vite umane,  i rappresentanti della “Campagna per l’asilo” hanno detto con chiarezza che nelle riunioni del Consiglio Europeo non si parla affatto del modo per evitare tante morti o di creare un passaggio sicuro per la gente che fugge dalla guerra, determinando in questo senso la politica europea.

Senza passaggi legali e sicuri per profughi e immigrati, l’Europa resterà un posto inospitale, che sacrifica la sicurezza della gente a quella delle frontiere.

 

[1] http://www.theguardian.com/world/2016/jan/30/dozens-dead-after-migrant-boat-capsizes-in-aegean-sea

[2] http://www.msf.org/topics/mediterranean-migration

[3] http://www.nato.int/cps/en/natohq/opinions_127972.htm?selectedLocale=en

[4] http://www.consilium.europa.eu/el/press/press-releases/2016/02/18-euco-conclusions-migration/

[5] http://asylum-campaign.blogspot.gr/2016/02/23022016_23.html

[6] http://www.hlhr.gr/?MDL=pages&SiteID=1195