In Italia, come tutti sanno, non esiste più da tempo nessuna crisi economica. In Italia non esiste povertà e disoccupazione. In politica estera, coerentemente con l’articolo 11 della propria Costituzione, l’Italia non è stata mai coinvolta in interventi militari e l’unica guerra contemplata è quella per difendere i propri confini. In Italia la scuola e l’università sono pubbliche e gratuite per tutti e il livello di istruzione è tra i più alti al mondo: l’Italia infatti ha il più alto tasso di laureati in rapporto alla popolazione. Nessun italiano è costretto a emigrare, né all’estero né in una regione diversa da quella di provenienza, perché quasi sempre trova lavoro vicino al proprio comune di residenza (a meno che non decida di spostarsi per altri motivi). Le paghe sono alte e non sono i lavoratori ad essere in concorrenza tra di loro, bensì le aziende, che sono costrette a offrire salari elevati per aggiudicarsi i pochi temporaneamente (e per loro scelta) senza impiego. In Italia, inoltre, i sindacati sono potentissimi, al punto da influenzare il processo legislativo ed ottenere una protezione che non ha eguali nel resto d’Europa, dove invece la precarietà e lo sfruttamento sono realtà molto diffuse.

L’Italia è un paese ricco, in continua crescita economica, contrariamente alle altre nazioni europee. E tuttavia questa crescita non produce mai squilibri e va quasi sempre a vantaggio dei ceti popolari. Non a caso le diseguaglianze economiche si vanno sempre più drasticamente riducendo. Anche tra le diverse aree geografiche esiste un perfetto equilibrio e la cosiddetta “questione meridionale” che viene insegnata nelle eccellenti scuole italiane, è oggetto di studio soltanto per gli storici. Il Meridione italiano è infatti prospero quanto il nord e il centro.

Il sistema pensionistico è degno di encomio. L’età minima per la pensione è molto bassa e i livelli di retribuzione molto alti, ciò nonostante raramente i lavoratori decidono di ritirarsi una volta raggiunti i requisiti minimi. La soddisfazione per il proprio impiego (che quasi sempre corrisponde alle attitudini e alle aspirazioni individuali) i turni di lavoro estremamente leggeri e flessibili (sui cancelli di ogni aziende campeggia la scritta a caratteri cubitali “lavorare meno, lavorare tutti”) l’ottimo rapporto con colleghi e superiori fanno sì che il lavoratore italiano preferisca ritardare il più possibile la pensione, al punto da costringere il governo (come sempre molto sollecito nel recepire le urgenze sociali) a stanziare dei fondi come incentivo per chi decida di anticipare il proprio ritiro per anzianità (e tuttavia sembra che nemmeno questo basti, essendo l’italiano per sua natura poco attaccato al denaro).

I servizi come sanità, trasporti, forniture energetiche sono ai massimi livelli e con tariffe bassissime quando non addirittura completamente gratuiti.

In Italia la criminalità è  ridotta ai minimi termini. Non solo la piccola delinquenza è stata quasi completamente debellata, in virtù del benessere materiale e di un’educazione esemplare, sia da parte delle famiglie che della scuola, che prevengono il disagio sociale, rendendo praticamente nullo il consumo di droghe e l’abuso di alcolici, ma persino le grandi organizzazioni criminali, un tempo note per la loro efferatezza (come la mafia, la camorra, la ‘ndrangheta e altre antiche società criminose) sono state estirpate dal tessuto sociale, grazie a una giustizia efficiente e rapida dotata di ingenti sovvenzioni da tutti i governi e alla tutela della popolazione (che ha sempre denunciato coraggiosamente i soprusi) da parte delle forze dell’ordine. Queste ultime meritano un capitolo a parte. Esse sono note al mondo intero come modello di democrazia, umanità ed organizzazione, qualità che permettono al glorioso corpo dell’Arma dei Carabinieri, come alla amatissima Polizia di Stato, di intervenire nel modo più indolore, ma nello stesso tempo efficacemente, riuscendo sempre a distinguere opportunamente i malintenzionati dalle vittime e dai semplici sospettati e comunque evitando che l’intervento sia sproporzionato al pericolo reale e all’entità dell’infrazione. Celebre, nelle cronache di tutto il mondo, fu la giornata del G8 di Genova del 2001, quando una imponente manifestazione di protesta attraversò la città (per quanto il mondo si chiedesse cosa avessero gli italiani da protestare); in questa occasione le forze di polizia si sono distinte per il loro operato, essendo state in grado di isolare i pochi facinorosi dal resto del corteo, proteggendo i manifestanti e permettendogli di esprimere liberamente il loro dissenso.

Una società così armoniosa, libera, democratica e giusta si deve probabilmente a diversi fattori. Sicuramente da un lato c’è il coraggio, l’onesta, l’intelligenza, la perizia e la dedizione alla causa della classe politica – qualità che hanno permesso a questo paese di ottenere sovranità e indipendenza in tutti i settori, senza piegarsi minimamente all’influenza di lobby finanziarie e governi stranieri, e a tutti quanti i partiti, di qualsiasi orientamento, di rifiutare compatti l’euro e l’austerità europea e rivendicare all’unisono una politica fiscale e monetaria libera da ingerenze esterne. Ma, d’altra parte, tutto ciò non sarebbe stato possibile senza il contributo di un popolo maturo, civile, fedele alla propria Costituzione e alla Patria, amante della propria cultura e della propria storia secolare sebbene rispettoso di tutti gli altri popoli e delle altre culture.

E tuttavia, esiste una piaga che questo meraviglioso paese non è ancora riuscito a debellare, malgrado gli sforzi prodotti. Certo, è riuscito a disciplinare la finanza, cancellando quasi del tutto le manovre speculative e orientando le banche a un credito estremamente vantaggioso per le piccole imprese (molte delle quali autogestite dai lavoratori) e per le famiglie (il 99% delle giovani coppie sono proprietarie di immobili); certo, è riuscito a debellare la corruzione a tutti i livelli e a resistere alle pressioni delle multinazionali; certo, è stata aumentata la natalità, grazie alla presenza su tutto il territorio di asili pubblici accessibili a tutti e di sussidi per i nuovi nuclei familiari; certo, sono state sconfitte la povertà e l’ignoranza e sono state promosse la cultura, le arti e le scienze. Eppure, in nessun modo si riesce a risolvere la drammatica questione del nomadismo rom e degli sbarchi dei clandestini. Queste popolazioni sembrano del tutto aliene alla civiltà, al decoro, alla rettitudine e al profondo senso di giustizia che regnano in Italia. Dopo aver risolto brillantemente le questioni che di solito affliggono gli altri paesi, l’Italia ha diretto tutti i suoi sforzi, comprensibilmente, verso questo male ostinato. Si spiega come mai i media (per nulla interessati agli ascolti, ma votati unicamente alla qualità del servizio e alla verità) peraltro stanchi dei soliti documentari e dei soliti film d’essai in onda a tutte le ore, abbiano concentrato interamente l’attenzione sul fenomeno. Si capisce perché, nonostante la leggendaria apertura e il tradizionale rispetto dell’italiano per le minoranze, si facciano largo soluzioni drastiche che i cittadini della Penisola con grande rammarico e con la morte nel cuore – del tutto estranei all’animo loro sono il livore, il cinismo, l’opportunismo e la crudeltà – sono costretti a prendere in considerazione. A farsi promotore di queste dolorose e pur necessarie contromisure è stato persino il partito antirazzista della Lega Nord (il cui nome si deve al proposito di unire ancor più saldamente, semmai ve ne fosse bisogno, il Settentrione col resto del Paese) che ha ipotizzato, sommessamente e quasi con pudore, la distruzione dei campi nomadi e l’affondamento dei barconi illegali quale ultima spiaggia rimasta. C’è solo da sperare che questi popoli incoscienti si rendano conto a quale triste scelta stiano costringendo gli italiani.