Belfast, 25 dicembre  2014 – Ho visitato di recente Assisi, la città natale di San Francesco e Santa Chiara, due grandi spiriti, le cui vite hanno ispirato noi e milioni di persone in tutto il mondo.

San Francesco, un uomo di pace, e Santa Chiara, una donna di preghiera, il cui messaggio di amore, compassione, cura per gli esseri umani, gli animali e l’ambiente ci arriva  attraverso la storia per parlarci in un modo molto importante e stimolante.

Oggi, nel XXI secolo, mentre noi della famiglia umana affrontiamo la violenza crescente, siamo sfidati ad ammettere che siamo sul sentiero sbagliato e che dobbiamo trovare nuovi modi di pensare e di fare le cose in base a una prospettiva globale. La pace è un bel dono da avere nella vita ed è particolarmente apprezzato da coloro che hanno conosciuto conflitti violenti, guerra, carestia, malattia e povertà. Credo che la Pace sia un diritto umano fondamentale per ogni individuo e per tutte le persone.

L’amore per gli altri e il rispetto per i loro diritti e per la loro dignità umana, indipendentemente da chi e che cosa sono, non importa di quale religione o di nessuna – che scelgono di seguire, porterà un vero cambiamento e metterà in moto rapporti appropriati. Con queste relazioni, costruite sull’uguaglianza e la fiducia, possiamo occuparci insieme di molte delle minacce alla nostra comune umanità.

La povertà è una di queste minacce e Papa Francesco ci sfida a prenderci cura dei poveri, e ha dichiarato il suo desiderio che la Chiesa Cattolica sia la chiesa dei poveri e per i poveri. Per rispondere a  questa sfida, possiamo chiederci: “In che modo aiuterà i poveri quello che faccio adesso?”

Papa Francesco ha anche parlato della necessità di costruire la fraternità tra le nazioni. E’ una cosa importante, perché costruire la fiducia  tra i popoli e le nazioni contribuirà a portare la pace al nostro mondo interdipendente e interconnesso.

La violenza genera violenza, fatto di cui siamo testimoni ogni giorno sui nostri schermi televisivi, quindi la scelta tra violenza e non violenza dipende da ognuno di noi. Tuttavia, se non insegniamo la nonviolenza nei nostri sistemi educativi e nelle nostre istituzioni religiose, come possiamo fare quella scelta?

Credo che tutte le tradizioni di fede e le società laiche debbano lavorare insieme e insegnare la strada della nonviolenza come modo di vita, anche come scienza politica e mezzi per apportare un cambiamento sociale e politico dovunque viviamo.

Una grave responsabilità spetta alle diverse tradizioni religiose di dare una guida spirituale e un messaggio chiaro, specialmente per le questioni di ingiustizia economica, di ‘resistenza armata’, di armi, di militarismo e di guerra.

In quanto cristiana che vive in un violento conflitto etnico e politico nell’Irlanda del Nord, e che si trova tra la violenza dell’esercito britannico e quella dell’esercito repubblicano irlandese,  sono stata costretta a confrontarmi con le domande: “Uccidi mai?” e “C’è una cosa come una guerra giusta?”

Durante il mio viaggio spirituale sono arrivata alla conclusione assoluta che uccidere è sbagliato e che la teoria della guerra giusta è, nelle parole del defunto Padre gesuita  John L. McKenzie, “un falso esempio di  moralità”.

Sono diventata una pacifista perché credo che la vita umana sia sacra e che non abbiamo il diritto di ucciderci a vicenda. Quando intensifichiamo il nostro amore e la pietà per tutti i nostri fratelli e sorelle, non è possibile torturare o uccidere nessuno, non importa chi siano o che cosa facciano.

Credo anche che Gesù fosse un pacifista e sono d’accordo con Padre McKenzie quando scrive: “Se non possiamo sapere dal Nuovo Testamento che Gesù ha assolutamente rifiutato la violenza, non possiamo sapere nulla della persona e del messaggio di Gesù. E’ il più chiaro dei temi”.

Per i primi 300 anni dopo Cristo, le prime comunità cristiane vivevano nella totale dedizione alla nonviolenza di Gesù. Purtroppo, nei successivi 1700 anni le prime chiese cristiane tradizionali non hanno creduto, insegnato o vissuto il semplice messaggio di Gesù: amate i vostri nemici, non uccidete.

Durante gli ultimi 1700 anni, i Cristiani si sono tanto allontanati dall’esempio di vita di Cristo della nonviolenza, che ci troviamo di fronte al terribile dilemma di condannare un tipo di omicidio e di violenza mentre la paghiamo, partecipando attivamente o sostenendo la violenza omicida e la guerra in una misura di gran lunga maggiore di quella che condanniamo in altri.

C’è davvero una rifiuto di lunga data nella nostra teologia. Per avere un aiuto a uscire da questo dilemma abbiamo bisogno di ascoltare tutto il messaggio evangelico dai nostri leader cristiani.

Dobbiamo rifiutare la teologia della ‘guerra giusta’ e sviluppare una teologia che continui con la nonviolenza di Gesù.

Alcuni cristiani credono che si possa applicare la teoria della ‘guerra giusta’ e che essi possano usare violenza – cioè ‘lotta armata/resistenza armata’ o che questa possa essere adottata dai governi per giustificare la guerra continua.

E’ proprio a causa di questa ‘cattiva’ teologia che abbiamo bisogno, da parte dei nostri leader spirituali o religiosi, di un messaggio chiaro e un annuncio chiaro che la violenza non è il modo di Gesù, la violenza non è il modo del Cristianesimo, e che gli armamenti, le armi nucleari, il militarismo e la guerra  devono essere abolite e sostituite con un modo più umano e morale di risolvere i nostri problemi senza ucciderci a vicenda.

Di Mairead Maguire, attivista per la pace in Irlanda del Nord e Nobel per la Pace del 1976.

Traduzione per Z-Net Italy di Maria Chiara Starace

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