Il primo novembre è entrato in vigore il nuovo programma Ue che ha l’obiettivo di controllare le frontiere nel mar Mediterraneo. Con la sua nascita, “Triton” ha sostituito la precedente operazione “Mare Nostrum”, che aveva però finalità di “search and rescue”, salvataggio in acque internazionali. Il rischio di nuove morti nel Mediterraneo torna ad essere elevatissimo.

Il 3 ottobre 2013, 366 migranti provenienti per la maggior parte da Tunisia, Etiopia, Ghana, Eritrea e Somalia, morirono a ridosso delle coste italiane di Lampedusa, durante la loro traversata verso l’Europa su un’imbarcazione libica che trasportava più di 500 persone. Venti furono i dispersi stimati nella più grave catastrofe marittima nel Mediterraneo dall’inizio del XXI secolo. I superstiti salvati furono 155. L’11 ottobre 2013 a 70 miglia a sud di Lampedusa, in un tratto del Canale di Sicilia, altre 268 persone morirono in mare. Solo 26 cadaveri furono recuperati dall’acqua, 212 furono i sopravvissuti di questa seconda tragedia mentre interi nuclei familiari rimasero dispersi in mare.

A pochi giorni da questi naufragi, il 18 Ottobre 2013, il governo italiano diede il via a quella che il Ministro della Difesa definì “un’operazione militare e umanitaria”, la missione Mare Nostrum, che aveva un duplice obiettivo: garantire la salvaguardia della vita in mare e assicurare alla giustizia i trafficanti che lucrano sui migranti. In un anno, Mare Nostrum ha salvato ed assistito più di 150.000 migranti, circa 400 al giorno con 685 interventi di soccorso in mare. Questo ha permesso di ridimensionare il numero delle vittime a 3.000 durante tutto il 2013. La missione ha anche assicurato alla giustizia 339 scafisti, tutti condannati ad almeno dieci anni di detenzione.

L’operazione è stata sostenuta esclusivamente dal governo italiano con costi pari a circa 9 milioni di euro al mese, circa 300.000 euro al giorno (dati del Ministero della Difesa), un costo elevatissimo per il bilancio dello Stato che ha esortato più volte l’Unione Europea a prendere atto del problema e a venire in aiuto all’Italia. In risposta alle ripetute richieste di Roma, l’Ue ha però deciso non di supportare il governo italiano su Mare Nostrum, ma di lanciare una nuova operazione, denominata Triton, che si concentrerà sulla sorveglianza delle frontiere e opererà solo entro 30 miglia dalla costa italiana. Il suo bilancio è di €2,9 milioni, meno di un terzo di quello del suo predecessore. Il primo novembre, il governo italiano ha annunciato che l’operazione Mare Nostrum sarà sospesa e sostituita da Triton dopo un periodo di transizione di due mesi.

Solo 26 Stati membri prenderanno parte alla nuova operazione che sarà gestita dall’Agenzia Europea Frontex. Tuttavia, come ha sottolineato il direttore esecutivo, Gil Arias Fernandez, non sarà affatto un sostituto di Mare Nostrum, ma una missione indipendente che si limiterà alla stretta sorveglianza delle frontiere. Mare Nostrum invece aveva il compito di soccorrere i migranti in acque internazionali. Il rischio di perdite di vite umane nel Mediterraneo è tornato dunque ad essere elevatissimo, in quanto non ci saranno più politiche di salvaguardia dell’incolumità dei migranti perché Triton non avrà come primo obiettivo quello del salvataggio dei naufraghi.

Interrompere Mare Nostrum è stata una decisione dell’Italia che ha rassicurato che non ci sarà nessun abbandono dei doveri di soccorso in acqua, ma con la fine di Mare Nostrum e i suoi €9 milioni mensili, gli esperti di immigrazione temono che quello che verrà sarà un anno ancora più letale nel Mediterraneo di quello appena passato.

Numerose sono state le critiche sollevate nei confronti di questa nuova strategia europea, a partire da Amnesty International che si è schierata contro la decisione del governo italiano, spiegando che le imbarcazioni messe a disposizione per Triton non potranno spingersi oltre le 30 miglia dalle coste italiane, mentre le navi di Mare Nostrum arrivavano quasi a toccare le coste libiche. «La fine di Mare Nostrum porterà solo a nuove morti e nuove stragi», sono state invece le parole di Oliviero Forti, responsabile immigrazione di Caritas Italia che ha anche ricordato che «non possiamo più nasconderci dietro i classici stereotipi: chi accosta l’immigrato all’Ebola promuovendo l’idea che sono portatori di malattie, chi dice che rubano il lavoro, dimostra un’arretratezza culturale che non fa onore a questo Paese, che ha un passato di emigrazione importante e che spesso in molti dimenticano». Anche Medici Senza Frontiere e Save the Children hanno fortemente criticato la scelta italiana di chiudere Mare Nostrum.

Se da un lato il passaggio di staffetta da Mare Nostrum a Triton può essere visto come una consapevolezza europea di un problema che riguarda tutti gli Stati membri e non solo l’Italia, dall’altro la nuova strategia europea e l’irrisorio finanziamento ad essa riservato sono certamente un passo indietro nella cooperazione tra gli Stati. L’Italia fino ad oggi si è fatta carico da sola dell’emergenza immigrazione con la sua posizione geografica che la espone per prima ai flussi migratori, ma per molti migranti l’Italia è solo un Paese di passaggio perché le mete ambite sono gli Stati del nord Europa. Inoltre, i 3 milioni di euro messi a disposizione per Triton non saranno sufficienti a fronteggiare una crisi umanitaria che è in continuo aumento a causa dei conflitti in Nord Africa e Medio Oriente che non accennano a ridimensionarsi e vanno deteriorandosi giorno dopo giorno.

Dovremmo chiederci, a questo punto, in che modo l’Europa stia realmente rispondendo alle richieste di aiuto che arrivano dai Paesi come la Libia, la Siria e l’Iraq, in cui mentre i conflitti proseguono, la volontà e la disperata necessità di fuga dalle violenze, dalle guerre e dalle persecuzioni diventa sempre maggiore. Come affronterà allora l’Unione Europea questa crisi in crescita? I più pragmatici si preoccuperanno dei soldi risparmiati nelle tasche dello Stato, ma come si può dare un prezzo alle vite umane?

Domande come queste portano a interrogarsi sui valori di umanesimo, solidarietà e cooperazione che tutti gli esseri umani dovrebbero condividere ma che sembra stiano perdendo significato a discapito di quelli di austerity, competitività economica e imperialismo, che non tengono conto delle vite umane in gioco. Quel che è certo, tuttavia, è che la chiusura di Mare Nostrum è un passo indietro per l’umanità intera, un passo indietro prima di tutto dell’Europa che nonostante tutte le convenzioni sottoscritte e i principi sui cui è stata fondata, sta chiudendo gli occhi su ciò che sta accadendo in quei Paesi e sulla peggiore crisi umanitaria dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Articolo pubblicato su Walkie Talkie News

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