E’ stata pubblicata solo ieri sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE la  “XV Relazione annuale sul controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari” (qui in .pdf). Resa nota in enorme ritardo e senza alcun annuncio pubblico da parte del Consiglio europeo, la Relazione contiene diverse imprecisioni ed è carente dei dati sulle effettive esportazioni (exports) di armamenti da parte di vari paesi.

Ma il documento dimostra un fatto incontestabile: gli affari delle industrie militari europee sono quanto mai floridi.  Nel 2012 hanno infatti sfiorato i 40 miliardi di euro le autorizzazioni (licences) all’esportazione di armamenti rilasciate dai paesi dell’Unione Europea (UE): un incremento del 6,2% rispetto al 2011 quando si erano attestate a poco più di 37,5 miliardi di euro. Le industrie di armamenti, col supporto dei rispettivi governi, hanno trovato acquirenti soprattutto in una delle aree di maggior tensione del pianeta: il Medio Oriente. Verso i paesi mediorientali sono state infatti autorizzate esportazioni per oltre 9,7 miliardi di euro: una cifra record e che rappresenta quasi un quarto dell’ammontare delle autorizzazioni.

Sono cresciute anche le consegne effettive (exports) di materiali militari: ma anche quest’anno – per la seconda volta consecutiva –  il Rapporto dell’UE non presenta i totali perché diversi paesi (tra cui Germania e Regno Unito) non li hanno resi noti. E sulle cifre relative alle consegne l’Italia risulta anche quest’anno mancante. Ma procediamo con ordine.

Sempre più armi europee nelle zone di tensione

La Relazione europea non prevede alcuna tabella di confronto con i dati degli anni precedenti: per farsi un’idea delle variazioni annuali e delle tendenze dell’export europeo di sistemi militari occorre pertanto consultare i rapporti precedenti (per un esame degli ultimi tre rapporti pubblicati si vedano questi tre miei articoli: anno 2012, anno 2011 e anno 2010). Le osservazioni che seguono sono quindi il risultato della mia pluriennale elaborazione delle cifre fornite dalle ultime Relazioni europee.

Occorre innanzitutto considerare le autorizzazioni (licences) all’esportazione di armamenti sulle quali la Relazione riporta dati abbastanza completi. L’ammontare complessivo delle autorizzazioni all’esportazioni di materiali militari nel 2012 è, come detto, di quasi 39,9 miliardi di euro (€39.862.724.243) con un incremento del 6,2% rispetto al 2011. Una cifra molto vicina al record toccato nel 2009 quando le autorizzazioni hanno raggiunto i 40,2 miliardi di euro.

Considerando le destinazioni per aree geo-politiche va segnalata innanzitutto un’anomalia: la somma delle cifre attribuite alle diverse zone non produce come risultato i 39.862.724.243 di euro riportati nel totale generale (Worldwide) di p. 385, ma una cifra inferiore (€39.274.121.696): la discrepanza non è di poco conto (€ 588.602.547) e rende impossibile fare una valutazione esatta sulle operazioni autorizzate per aree geo-politiche. Nonostante un anno di attesa, gli estensori della Relazione non hanno saputo nemmeno produrre delle somme precise e omogenee.

Sulla base dei dati presenti nella Relazione (che andrebbero corretti) si può al momento affermare che i trasferimenti di sistemi militari tra i paesi dell’UE sono in calo (meno 13,6%): nel 2011 erano 14,5 miliardi di euro (ed era stato un record) mentre nel 2012 sono solo poco più di 12,5 miliardi. La crisi economica che attanaglia diversi paesi dell’UE ha sicuramente portato ad una qualche riduzione degli ordinativi di sistemi militari da parte di alcuni governi europeii: la cifra rappresenta comunque l’esatta media dell’ultimo quinquennio ed è quindi presto per parlare di “inversione di tendenza” o di “crisi del mercato intra-europeo degli armamenti”.

In forte crescita, tanto da raggiungere il massimo storico, sono soprattutto le autorizzazioni per esportazioni di armamenti verso la zona di maggior tensione del pianeta: il Medio Oriente. Si tratta di oltre 9,7 miliardi di euro (€9.722.911.877) con un incremento del 21,9% rispetto ai poco meno di 8 miliardi di euro del 2011.

In calo (meno 6,3%), invece, le esportazioni autorizzate verso l’Asia che si attestano sui 5,2 miliardi di euro: nel 2008 avevano toccato un picco di oltre 7 miliardi di euro. In crescita le autorizzazioni verso il Nord America (+6,8%) che con 3,8 miliardi di euro sono sostanzialmente in linea con la media quinquennale. L’aumento è invece molto più consistente verso l’insieme dei paesi dell’America Centrale e Meridionale: si tratta anche in questo caso di valori da record che raggiungono per la prima volta quasi 2,7 miliardi di euro. In crescita, ma anche in questo caso sostanzialmente in linea con la media quinquennale, le operazioni verso i Paesi europei non appartenenti all’UE (2,1 miliardi), mentre risultano stabili quelle verso l’Africa (1,6 miliardi) e in ripresa quelle verso l’Oceania (1,4 miliardi).

I maggiori acquirenti: i regimi autoritari del Medio Oriente  

Passando in rassegna la lunga lista dei singoli paesi acquirenti, e considerando solo quelli extra-europei, primeggia l’Arabia Saudita (3,6 miliardi di euro): la monarchia saudita da alcuni anni è il maggior acquirente internazionale di sistemi militari europei e supera anche gli Stati Uniti (3,2 miliardi di euro). Seguono l’Oman (2,2 miliardi) e gli Emirati Arabi Uniti (quasi 1,5 miliardi): le tre monarchie del Golfo Persico si distinguono non solo per la loro crescente ricchezza grazie al petrolio ma anche per le limitazioni delle libertà democratiche (ma questo non è scritto nella Relazione UE) tanto che l’Indice di democrazia dell’Economist non esita a catalogarle tra i maggiori “regimi autoritari” del mondo. Al parlamento europeo andrebbe perciò sollevato qualche interrogativo sull’ampia consistenza e compatibilità di queste esportazioni di armi con la normativa europea (la Posizione Comune 2008/944/PESC) con la quale gli stati membri si sono impegnati a “impedire l’esportazione di tecnologia e attrezzature militari che possano essere utilizzate per la repressione interna o l’aggressione internazionale o contribuire all’instabilità regionale”. E qualche domanda andrebbe sollevata anche nel Parlamento italiano considerato che la gran parte degli oltre 613 milioni di euro di esportazioni militari europee autorizzate verso Israele fanno parte dell’accordo firmato dal governo Monti per la fornitura all’aviazione militare israeliana di 30 aerei militari M-346 della Alenia Aermacchi: una autorizzazione di quasi 460 milioni di euro verso un paese come Israele che non brilla certo per l’osservanza delle convenzioni internazionali o per il rispetto del diritto internazionale umanitario (si ricordi tra l’altro l’operazione “Piombo Fuso”).

Tornando all’elenco dei principali paesi acquirenti di sistemi militari europei spicca l’impennata di ordinativi da parte del Brasile (quasi 1,9 miliardi di euro) soprattutto per forniture dalla Francia di “aeromobili”: una commessa che però potrebbe essere nel frattempo scemata visto il recente annuncio del governo brasiliano di aver scelto i Gripen svedesi rispetto ai Rafale francesi. In crescita gli ordinativi anche dell’India: mentre cinque anni fa non raggiungevano il miliardo di euro nel 2012 superano gli 1,6 miliardi: anche in questo caso il principale fornitore è la Francia soprattutto per aerei e navi da guerra con contratti che sembrano proseguire.  Tra gli altri paesi extraeuropei che hanno ricevuto licenze per forniture di una certa consistenza figurano la Malaysia (782 milioni), Algeria (738 milioni), Kuwait (630 milioni), il gia menzionato Israele (613 milioni), Qatar (558 milioni), Indonesia (525 milioni), Messico (448 milioni) e Singapore (430 milioni).  Ma non vanno dimenticati tre stati: il Pakistan verso cui i governi europei hanno autorizzato esportazioni di armi per 378 milioni di euro (e l’Italia ne ha di fatto inviate per quasi 182 milioni); l’Egitto a cui, nonostante le sommosse popolari, sono state  inviate armi per quasi 363 milioni di euro e il Turkmenistan (256 milioni di euro), una “dittatura monopartitica” di cui l’Italia è diventata nell’ultimo biennio il principale fornitore europeo di sistemi militari (350 milioni di euro di autorizzazioni).

I maggiori esportatori: Francia e Spagna, ma l’Italia fa la sua parte

In cima alla lista dei principali paesi europei per autorizzazioni (licences) all’esportazione di sistemi militari figura anche quest’anno la Francia (€13,8 miliardi); una posizione che il paese occupa da diversi anni anche per la tendenza dei suoi governi ad autorizzare contratti che non sempre vengono poi stipulati. Segue, per la prima volta, la Spagna (€7,7 miliardi), con autorizzazioni in gran parte per “programmi intergovernativi” con  altri paesi interni all’Unione europea (€ 5,5 miliardi). In calo, invece, la operazioni autorizzate dalla Germania (€4,7 miliardi): nel 2011 avevano superato i 5,4 miliardi di euro, ma nel 2012 i principali destinatari risultano i paesi del Medio Oriente (€1,6 miliardi).

L’Italia ha autorizzato esportazioni per quasi 4.2 miliardi di euro (€4.160.155.096): la cifra è in linea con quella riportata al Parlamento e rappresenta la somma delle operazioni autorizzate (€2,7 miliardi) con quelle relative a “programmi intergovernativi” (€1,4 miliardi). Segue il Regno Unito (€2,7 miliardi): un drastica contrazione rispetto agli oltre 7 miliardi di euro del 2011 ma sull’attendibilità dei dati forniti dal governo britannico è stato sollevato più di qualche interrogativo.  Nel loro insieme questi sei paesi hanno rilasciato più dell’80% di tutte le operazioni autorizzate dai paesi dell’UE.

Le consegne di armi: cifre ancora mancanti o incomplete

Le informazioni della Relazione sono anche quest’anno incomplete e ampiamente carenti. Anche quest’anno, infatti, una minuscola nota (p. 8) avverte riguardo alle effettive esportazioni o consegne (exports) che “diversi stati non hanno potuto fornire i dati”. Sono sempre gli stessi e non si tratta di paesi marginali nella produzione di armi: oltre a Belgio, Danimarca, Polonia, Grecia e Irlanda, non hanno infatti fornito all’UE le cifre sulle consegne effettive di armi anche Germania e Regno Unito, cioè due tra i maggiori esportatori mondiali di armamenti.  Paradossalmente queste informazioni sono disponibili nelle relazioni nazionali che i governi hanno già da mesi consegnato ai rispettivi parlamenti. Riportarli nella Relazione UE significherebbe però esporli al confronto diretto con quelli degli altri stati membri e soprattutto, trattandosi di consegne effettive di materiali militari, dover poi rispondere ai numerosi interrogativi che queste esportazioni sollevano.

Dopo le reiterate richieste di Rete Disarmo, l’Italia ha finalmente inviato all’UE dati in linea con quelli contenuti nella Relazione al nostro parlamento. Ma anche quest’anno – e questo è grave – il governo italiano non ha predisposto per l’UE le cifre sulle consegne di armi suddivise nelle 22 categorie di sistemi militari rendendo così impossibile sapere quali tipologie di armamenti siano state spedite ai vari acquirenti: una mancanza che a 15 anni dall’entrata in vigore della normativa comunitaria non può essere più tollerata.

Giorgio Beretta 
giorgio.beretta@unimondo.org