Cinquant’anni dopo la tragedia il sacrificio che insegna: presentato il bando “Caduti della Flobert”, un impegno per la memoria e il futuro.
Il prossimo lunedì 17 novembre, alle ore 18.00, presso la Biblioteca Comunale di Sant’Anastasia, verrà ufficialmente presentato il primo bando di concorso per l’assegnazione di borse di studio destinate agli studenti delle scuole superiori del territorio che si distinguono per il loro impegno sul tema della sicurezza sul lavoro.
L’iniziativa, fortemente voluta e promossa dall’Associazione “Caduti della Flobert” in collaborazione con l’ANPI – sezione di Sant’Anastasia, bandisce il concorso dal titolo:
“La sicurezza sul lavoro: valori e norme per costruire un futuro più sicuro.”
Ricordare non è solo un atto simbolico, ma un gesto che trasmette valori alle nuove generazioni.
Con questa borsa di studio si desidera che il lascito dei caduti della Flobert non resti confinato nei monumenti o nelle cerimonie, ma trovi un riflesso concreto nella formazione e nell’impegno dei giovani.
Il sacrificio non deve restare solo un simbolo, ma diventare motore di nuove opportunità.
La memoria diventa così progetto per il futuro.
Il bando è rivolto agli studenti del triennio di alcune scuole superiori del territorio e mira a costruire un ponte tra memoria e futuro, tra ricordo del passato e fiducia nel domani.
Un’iniziativa che unisce ricordo collettivo, valori civici e sostegno ai giovani, come spiega il presidente dell’Associazione, Ciro Liguoro.
Gli studenti dovranno valorizzare i temi della memoria, del servizio e della cittadinanza attiva attraverso la produzione di un elaboratore scritto o multimediale, video o documentario, o una presentazione in PowerPoint o Canva del progetto grafico.
Le borse di studio saranno tre: il primo premio di 2000 euro, il secondo di 1000 e il terzo di 500.
L’iniziativa vuole rendere omaggio ai caduti della Flobert, ma anche a quanti hanno perso la vita in circostanze legate alla mancanza di sicurezza sul lavoro, sostenendo concretamente i giovani nel loro percorso formativo.
Nei mesi precedenti, il concorso è stato preceduto da un percorso di formazione sui temi del lavoro, con laboratori e attività condotti da docenti, esperti e volontari.
Un modo attivo per trasformare la memoria di una tragedia in un’occasione di formazione, riflessione e impegno civile, diffondendo la cultura della sicurezza, della dignità del lavoro e del diritto alla vita.
Sono coinvolti istituzioni, scuole, università, archivi e centri di ricerca storica, impegnati nella documentazione e nel riconoscimento delle vittime attraverso atti concreti: intitolazioni, targhe, spazi pubblici, ma anche eventi e performance teatrali, come lo spettacolo “Vite Infrante”, che intreccia memoria storica, denuncia e formazione dei giovani, perché “il silenzio uccide due volte” e “non c’è futuro senza giustizia”.
La memoria della Flobert: una ferita che parla al presente
Un impegno dal forte valore emotivo, sociale e storico quello che porta avanti il presidente dell’Associazione, nata per volontà dei familiari delle vittime della strage che, l’11 aprile 1975, cancellò la vita di tredici lavoratori, tutti tra i 20 ei 40 anni.
Un gesto che trasmette valori alle nuove generazioni: i caduti rappresentano il sacrificio di chi ha perso la vita sul lavoro, ma anche la speranza di un futuro più giusto.
La borsa di studio “Caduti della Flobert” si pone come ponte tra passato e futuro, un segno di rispetto per chi ha perso la vita sul lavoro, ma anche un investimento sui protagonisti di domani.
Tramandare la memoria significa, oltre che onorare gli operai caduti, contrastare ogni forma di oblio, mantenendo viva l’attenzione per una cittadinanza attiva, consapevole e ispirata ai valori costituzionali.
Cos’era la Flobert
La Flobert era una fabbrica di Sant’Anastasia, a pochi chilometri da Napoli, che produceva proiettili per pistole giocattolo, lanciarazzi e munizioni con polvere pirica.
Le condizioni di lavoro erano precarie: lavoratori in nero, grandi quantità di polvere da sparo e cartucce stoccate in modo pericoloso.
Il nome richiamava Flobert, inventore francese della cartuccia a percussione anulare.
L’11 aprile 1975 l’evento tragico che sconvolse la comunità locale, aprendo una ferita mai rimarginata.
Una scintilla innescò la prima deflagrazione, seguita da una seconda, ancora più distruttiva.
La fabbrica esplose, causando una devastazione che si estese oltre lo stabilimento, nella campagna vesuviana.
Tredici le vittime, tra i 20 ei 40 anni, un solo superstite: Ciro Liguoro, che riportò gravi lesioni.
Oggi, Liguoro – allora ventiquattrenne – ha trasformato il dolore in un impegno civile costante, affinché “tragedie come quella della Flobert non si ripetano mai più”.
Ogni anno si rinnova la Giornata della Memoria, un monitor sociale per sensibilizzare sul tema della sicurezza sul lavoro, della tutela dei lavoratori e della loro dignità.
Sono trascorsi cinquant’anni da quella tragedia: il luogo ei nomi delle vittime sono diventati simboli, non solo di quell’evento, ma di una riflessione più ampia e dolorosa sulla sicurezza, sugli incidenti e sulla dignità del lavoro.
Cinquanta anni rappresentano un’enorme distanza in termini di progresso, evoluzione e sviluppo tecnologico.
Quella tragedia dovrebbe apparire alla “preistoria” della consapevolezza dei diritti sul lavoro, eppure ancora oggi, nel 2025, la persistenza di incidenti e morti sul lavoro rappresenta una grave e inaccettabile contraddizione della società contemporanea.
Nell’epoca in cui la tecnologia, la normativa e la consapevolezza sociale dovrebbero garantire livelli sempre più alti di tutela, la mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro ei numeri drammaticamente alti dei morti sul lavoro di fatto ridurre quella distanza temporale e negano uno dei diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione e dalle Convenzioni internazionali: il diritto alla vita e alla dignità del lavoratore.
Dietro ad ogni “infortunio” c’è spesso molto più di una fatalità: c’è una catena di responsabilità, scelte economiche sbagliate, carenza di controlli, cultura del profitto ad ogni costo.
La sicurezza spesso viene percepita come una spesa superflua.
Si aggiunge poi la rete di responsabilità frammentata: appalti e subappalti che diluiscono i doveri e rendono difficile l’individuazione delle responsabilità.
Non basta l’indignazione all’indomani dell’ennesima tragedia: servire controlli capillari, formazione continua, cultura diffusa della prevenzione, visione etica del lavoro.
La morte di un lavoratore non è solo statistica ma è il fallimento di un intero sistema, perché la sicurezza non è un lusso ma un diritto in un Paese civile.
Alcuni dati
Secondo la International Labour Organization (ILO) ogni anno muoiono nel mondo quasi tre milioni di persone per cause legate al lavoro, incidenti e malattie professionali.
Nel contesto dell’Unione Europea i dati registrati al 2023 sono di 3298 morti per incidenti sul lavoro, numero che diventa significativamente più alto se si includono le malattie professionali e le condizioni legate al lavoro come causa di morte.
In Italia ogni settimana si contano nuove vittime sul lavoro.
Nel 2024 (gennaio–dicembre) l’INAIL ha registrato 797 morti per infortuni sul lavoro (accidenti mortali).
Sempre nel 2024, considerando anche il tragitto casa-lavoro, in itinere, il totale supera le 1000 vittime.
Nel 2025, nei primi quattro mesi, l’INAIL registra 286 denunce di casi mortali da lavoro. Di queste, 207 in occasione di lavoro (+1,5% rispetto allo stesso periodo del 2024) e 79 in itinere (+29,5%).
Sempre nel 2025, da gennaio ad agosto, i casi mortali denunciati sono stati 674, di cui 488 “in occasione di lavoro” (-3% rispetto allo stesso periodo del 2024) e 186 “in itinere” (+8,8%).
Per le malattie professionali, per lo stesso periodo del 2025, l’INAIL segnala un incremento delle denunce dell’8,9% rispetto allo stesso periodo del 2024.
In particolare, al giugno 2025, i dati indicano che la regione con più vittime “in occasione di lavoro” è la Lombardia con 56 casi.
Seguono il Veneto (36), la Sicilia (31), il Piemonte (29) e la Puglia (27).
La Campania, da gennaio a oggi, registra 64 casi mortali nei luoghi di lavoro.
I dati sono sottostimati perché molte morti non sono registrate come morti sul lavoro e, nei Paesi con sistemi di monitoraggio più deboli, la copertura è più limitata.
I settori più a rischio includono agricoltura, costruzioni, industria estrattiva.
Una vera emergenza. Nonostante i progressi, quella della sicurezza sul lavoro è un dramma che si ripete con una regolarità intollerabile.
La sicurezza sul lavoro non può essere una questione burocratica, ma deve essere un diritto fondamentale.











