Il 2 ottobre 2025, in occasione della Giornata mondiale della nonviolenza, alcuni gruppi, associazioni e attivisti della pace, si sono ritrovati presso la passerella dell’Isolotto, intitolata ad Alex Langer, per riflettere sulla “nonviolenza come la più alta forma di forza” e celebrare la figura di Alexander Langer, pacifista ed ecologista, a 30 anni dalla sua scomparsa.
Da lì il gruppo si è incamminato attraverso il quartiere dell’Isolotto che interpreta molto del pensiero e dei progetti di Alex Langer, per dirigersi fino al giardino della Biblioteca Canova per altre iniziative, a partire da “Essere Pace”, un momento di raccoglimento e di letture guidate da Fabio Ramelli, Sanga Fiume di Pace, per poi terminare con l’incontro “L’eredità di Alex Langer” che si è tenuto dentro la biblioteca con la partecipazione della presidente della Commissione 7 del Comune di Firenze, Pari opportunità , pace, diritti umani, relazioni internazionali, immigrazione, Stefania Collesei, Mirko Dormentoni, Presidente del Consiglio di Quartiere 4, Gianni Scotto, Professore Associato nel settore scientifico disciplinare di Sociologia dei processi culturali, Nicolò Corsi, Consigliere del Quartiere 4.
Andres Lasso ha così ricordato la figura di Alex Langer.
Ci troviamo oggi 2 ottobre, giornata mondiale della non-violenza, e abbiamo pensato di celebrarla ricordando Alexander Langer, in particolare, davanti alla passerella che recentemente è stata gli e stata dedicata.
Oggi è anche il day after della Flotilla, dell’intercettazione delle barche e della cattura illegale di persone, alcune che conosciamo, come Saverio Tommasi. Chiaramente ci siamo anche chiesti se era giusto mantenere il programma come lo avevamo pensato e alla fine ci siamo detti che le cose sono collegate, perché la Flotillia è un’iniziativa non violenta per eccellenza, “disarmata e disarmante” e quindi trovarci qui parlando di Alex Langer e pensando alla flottiglia sono cose complementari.
Molti di voi conoscono la figura di Alex, però è una figura sicuramente per molti da scoprire e da riscoprire. E’ stato tante cose ma direi principalmente un ecologista e un pacifista: queste due cose lo hanno caratterizzato e sono quelle che sono scritte sulla targa. Alex era anche una persona che ha sempre cercato di creare dei ponti ed è per questo che a un certo punto quando è stato deciso di dedicargli qualcosa si è pensato alla passerella e all’isolotto che simbolicamente unisce due aspetti che hanno caratterizzato la vita di Alex Langer: l’aspetto sociale e l’aspetto ambientale. Da una parte infatti abbiamo il principale polmone verde della città con i suoi 150 ettari, dall’altro abbiamo il “vecchio” Isolotto, pensato ai tempi di Fabiani e La Pira, che poi è stato dell’esperienza di Don Mazzi, di Don Gomiti, di tutta quell’esperienza che poi si è evoluta nel tempo prima in parrocchia, poi in piazza, poi adesso in via delle Mimose e di cui tanti qui potrebbero raccontare molto più di me
Per chi quell’esperienza non la conosce, non ci possiamo dilungare ma consiglio un documentario che si trova su Youtube che si intitola “Le chiavi di una storia”, che ha vinto anche dei premi e che racconta un po’ questa storia di impegno e di lotta, di questo luogo che fa da ponte tra il parco delle Cascine e questa esperienza sociale importantissima per Firenze e non solo.
Alex era tra l’altro una persona che sentiva molto il tema del conflitto israelo-palestinese, su cui ha anche scritto, lui che era figlio di un ebreo austriaco scappato ai tempi delle persecuzioni naziste e con la madre tirolese di Sterzing, in un momento storico in cui in Alto Adige c’erano dei conflitti grossi tra persone di lingua tedesca e persone di lingua italiana, conflitto che ha avuto una fase anche molto aggressiva, molto combattuta e lo ha portato sempre a cercare una convivenza, fin dai tempi delle scuole superiori a cercare di creare gruppi tra persone che stavano da una parte e dall’altra rispetto al conflitto.
In seguito, si è interessato molto al conflitto dell’ex Jugoslavia, a quel conflitto fratricida che l’ha dilaniata e che lo ha portato a viaggiare per quelle terre e non solo da una parte del conflitto ma da tutte le parti. E’ per questo che io credo che oggi lui sentirebbe particolarmente vicino la situazione attuale in Ucraina e il conflitto che già prima dell’ultima fase nel 2022 (dal 2014) si è creato nel Donbass dove la questione linguistica come nel suo Alto Adige ha avuto un peso enorme.
Noi oggi faremo una camminata verso la biblioteca facendo qualche altra sosta e dare delle piccole pillole su Alex Langer stimolati anche da quello che vediamo intorno a noi, da quello che ci circonda, come la centrale idroelettrica, recentemente messa in funzione sulla Pescaia, la vecchia “bibliotechina”, il confine tra l’isolotto vecchio e le parti più nuove, pensando anche a quelli che sono gli insegnamenti di Alex Langer, soffermandoci sulle caratteristiche di uno sguardo ambientalista, di una vita che ha messo in discussione la società, il nostro modello di sviluppo nel suo complesso.
Sono note le sue parole e il suo pensiero che contrapponeva ai tre imperativi del motto olimpico, che premiano il più forte, il più veloce e il più alto. Lui vedeva in questo motto olimpico una rappresentazione della società in cui siamo immersi, che spinge sempre ad andare più veloce, ad andare più in alto e con più forza. E a questo ha contrapposto e immaginato una società, un tipo di sviluppo, un modello di vita che si basa sugli imperativi opposti, cioè il rallentare, andare più piano, più in profondità, più dolcemente. Tutto questo all’interno di questa visione ampia ha saputo declinarla anche su degli aspetti molto tecnici, dalla questione dell’energia, all’agricoltura a tutta una serie di questioni che già allora cominciavano a essere di notevole importanza. Ecco, tra le virtù che Alex Langer elencava c’era quella del senso del limite e vedeva nell’ambientalismo la necessità di un approccio basato sull’autolimitazione, cosa che invece per la società dei consumi risulta quasi blasfemo. Tra le altre virtù ambientaliste elencava per esempio la capacità di anteporre al valore di scambio il valore d’uso delle cose, vedeva questa necessità di essere come degli obiettori di coscienza, non solo rispetto alla guerra, ma rispetto a tutti quei meccanismi dei quali ci sentiamo ingranaggio e su cui spesso abbiamo l’impressione di non poter tirarci fuori.
Durante il cammino incontreremo una bellissima sughera che delimita quello che era il primo nucleo dell’isolotto, appunto l’isolotto vecchio di Fabiani e La Pira per poi passare alle costruzioni più recenti. A quel punto noi vedremo anche il passaggio tra un quartiere pensato a misura di pedone e di bicicletta e un quartiere che è da lì in poi è già più “normale”, più a misura di automobile, in cui il pedone e la bicicletta sono un po’ in secondo piano rispetto alle macchine.
Ma questo quartiere pensato negli anni 50-60, quando non si parlava di isole di calore, non si parlava di servizi ecosistemici, non si parlava di tutte le cose di cui continuamente si parla oggi, ci fa vedere anche una visione, una visione in cui il verde pubblico e il verde privato dei piccoli giardinetti si interseca e crea un tutt’uno, in cui c’è un asse che poi continua col viale dei bambini, troviamo tre o quattro file di alberi di alto fusto e non troviamo macchine: in nessun progetto recente troviamo qualcosa del genere che io sappia. Questo è qualcosa che, secondo me, è assolutamente in linea con la visione e il pensiero di Alex Langer. Una delle virtù verdi che Alex sottolineava era anche la dimensione comunitaria, perché il vecchio Isolotto ha una dimensione comunitaria non solo per le lotte che ha attraversato, ma anche per come è stato pensato fin dall’inizio, il ruolo che ha il verde in tutto questo.
Un’ultima questione che mi viene in mente rispetto alla sughera, quando Langer sottolineava tra le virtù e le qualità di un approccio verde, il privilegiare il valore d’uso rispetto al valore di scambio. Quando una cosa non può essere più comprata e venduta, che valore hanno ad esempio i nostri alberi? Privilegiare il valore d’uso è anche dare il valore alle cose a prescindere dalle dinamiche del mercato.
Visto la giornata, dato che abbiamo tutti nella mente quello che sta succedendo a Gaza, in Palestina in generale, perché anche in Cisgiordania stanno succedendo cose terribili, ma a Gaza la cosa è di magnitudine molto più grande e in questi tempi le cose si sono evolute notevolmente in peggio.
Alex Langer, vicino all’ideale dello Stato israeliano, essendo di padre ebreo, però riconosce che anche in quegli anni in cui sembrava la soluzione starsi coagulando, mette in guardia da facili ottimismi: “I leader palestinesi e la stessa sinistra radicale israeliana lamentano la scarsità dei risultati che sinora la vittoria laburista ha comportato. Nei quattro mesi di Rabin, laburista, sono state uccise più persone che negli ultimi quattro mesi di Shamir, il Presidente di destra. La quarta convenzione di Ginevra sui doveri di una potenza occupante non viene rispettata, i cambiamenti nella vita quotidiana sono minimi con i laburisti, le squadre speciali mascherate assassinano deliberatamente giovani palestinesi per demoralizzarci, insiste uno dei negoziatori palestinesi”.
Poi cita anche altri israeliani che dicono più o meno le stesse cose, anche in quegli anni, perché spesso si è fatto largo una storiografia che sembra dire tutto era risolto ai tempi di Oslo, che la leadership palestinese non è stata brava, non “ha perso occasione di perdere occasioni”: dietro questa cosa poi si nasconde il fatto che già allora c’erano centomila coloni che erano un problema e che dopo Oslo si è continuato a costruire colonie che ora sono diventate settecentomila e sono il principale ostacolo anche a quella formula ormai molto desueta dei due stati due popoli, perché due stati due popoli implicherebbe mandare via settecentomila persone spesso molto aggressive e armate.
Poi volevo dire una cosa anche sull’altro conflitto, quello ucraino su cui ovviamente Alex non ha detto niente, però Alex è stato molto impegnato sul conflitto in Jugoslavia e in cui tutto è iniziato. Comunque, un momento molto rilevante è stata la carovana della pace del ‘91 in cui in cui la carovana va a Lubiana, a Zagabria, a Sarajevo ma va anche a Belgrado e ascolta la società civile di tutti quei luoghi. Alex Langer si rende conto che in certe zone dell’ex Jugoslavia già allora c’è un sentimento post-jugoslavo, di chi pensa non si può più tornare come era prima, di chi pensa che le cose ormai si sono mosse in un altro modo e invece in altre zone della Jugoslavia c’è il senso che è troppo difficile tracciare dei confini interni, che solo la formula precedente può tenere tutto insieme. Chiaramente poi le cose sono andate come sono andate, Srebrenica è avvenuto proprio pochi giorni dopo la morte di Alex. Però io mi dico questo, se vogliamo andare sulle sue orme: mentre sulla Palestina abbiamo tutti più o meno le stesse idee, sulla questione ucraina ci dividiamo di più e io penso che se vogliamo seguire quelle orme di quel percorso lì, noi dobbiamo avere il coraggio come allora di andare da tutte le varie parti. Oggi vorrebbe dire oltre che a Kiev andare per esempio a Lugansk, a Donetsk, a Sebastopoli, anche a Mariupol stessa. E’ vero che bisogna chiedere permesso ai russi, ma all’epoca bisognava chiedere il permesso a Milosevic che non era certo meglio per andare a Belgrado. Quindi in questo modo, ascoltando quello che ci dicono le varie società civili, il messaggio che ci arriva dal basso, possiamo anche capire meglio perché, se no rimaniamo in una situazione di difficoltà di comprensione.
Foto Paolo Mazzinghi










