Poche nazioni condividono una storia così intrecciata – o così tragicamente divisa – come l’India e il Pakistan. Eppure, nella nostra attuale era di sciovinismo e iper-nazionalismo, abbiamo dimenticato la saggezza degli stessi leader che hanno plasmato la nostra indipendenza: Mahatma Gandhi, l’icona globale della nonviolenza, e Muhammad Ali Jinnah, un costituzionalista pakistano che ha sostenuto la lotta legale e politica contro la forza bruta.
Oggi, i media e le piattaforme sociali amplificano l’odio, il sentimento guerrafondaio e la disumanizzazione, molto lontani dall’ahimsa di Gandhi o dalla difesa disciplinata di Jinnah.
Nel frattempo, il mondo offre cattivi esempi. Il conflitto tra Israele e Hamas mostra uno stato dotato di armi nucleari che combatte una milizia, senza alcun vincitore emergente, solo sofferenze infinite. La guerra Ucraina-Russia dimostra come anche una “superpotenza” si impantani in un conflitto che non può vincere in modo decisivo. Afghanistan, Iraq e Siria sono la prova che la sola forza militare genera caos piuttosto che stabilità. La guerra non è solo distruttiva: è diventata obsoleta. In un’Asia meridionale nuclearizzata, un conflitto India-Pakistan su vasta scala significherebbe milioni di morti in poche ore, generazioni avvelenate da radiazioni e traumi e nessun vincitore, solo l’annientamento reciproco.
Alcuni strateghi sostengono che la forza militare impedisce la guerra, ma la storia dimostra il contrario. La deterrenza fallisce quando la percezione prevale sulla ragione, come si è visto nei conflitti tra India e Pakistan nel 1962, 1999 e 2019. Le narrazioni dell’odio che ritraggono “il nemico come malvagio” giustificano solo un’ostilità infinita, avvantaggiando in ultima analisi i trafficanti d’armi e gli autocrati mentre danneggiano i cittadini comuni.
L’alternativa esiste, se scegliamo di perseguirla. Dobbiamo dare priorità al dialogo rispetto ai tamburi di guerra riprendendo i colloqui diplomatici, anche su questioni controverse come il Kashmir e il terrorismo. La diplomazia dei cittadini attraverso scambi di studenti, festival culturali congiunti e un aumento del commercio, come il corridoio di pellegrinaggio senza visto di Kartarpur, può costruire ponti. Lo sport può riconnettere le persone, come si vede quando i tour di cricket e le partite di hockey creano momenti in cui gli applausi trascendono i confini. I media devono assumersi la responsabilità fermando la loro glorificazione della guerra e amplificando invece le voci di riconciliazione.
Gandhi e Jinnah hanno combattuto non per le bandiere ma per i principi. Se onoriamo veramente la loro eredità, dobbiamo respingere la follia della distruzione reciproca e scegliere il percorso più difficile ma più gratificante: la pace attraverso il coraggio, la comprensione attraverso l’impegno e la prosperità attraverso la cooperazione. É nostra la scelta tra la continua ostilità e una nuova era di pace.
L’autore: Irshad Ahmad Mughal è il presidente della Iraj Education & Development Foundation, con sede a New Chaburji Park, Lahore.
Traduzione dall’inglese di Filomena Santoro. Revisione di Thomas Schmid.