Tra il 2020 e il 2022 alcune grandi istituzioni finanziarie dei Paesi del G20 e le banche multilaterali di sviluppo (MDB) hanno erogato fondi pubblici internazionali pari a 142 miliardi di dollari, o anche di più, per finanziare progetti legati al petrolio, al gas e al carbone. Anziché accelerare una transizione giusta e inclusiva, che consenta un accesso equo e universale all’energia pulita, tali istituzioni continuano ad aggiungere benzina sul fuoco, utilizzando i loro fondi pubblici internazionali per sostenere proprio quei settori che alimentano la crisi climatica.”

Inizia così il recente Rapporto “Nemici Pubblici: I Sussidi Fossili delle Banche Multilaterali di Sviluppo e delle Istituzioni Finanziarie Internazionali dei Paesi del G20”, realizzato e scritto da Claire O’Manique, Bronwen Tucker (Oil Change International) e Kate DeAngelis (Friends of the Earth Stati Uniti), con la revisione di Camilo Rodriguez (Oil Change International) e Meara Kirwin e diffuso da ReCommon.  E l’Italia è tra i Paesi del G20 che finanziano di più i combustibili fossili con soldi pubblici: è in quinta posizione, davanti perfino a Stati Uniti, Russia e Arabia Saudita, al primo posto europeo, con oltre 2 miliardi di dollari come media annua nel periodo 2020-2022.

Da questa analisi emerge innanzitutto che l’ampio e continuo sostegno ai combustibili fossili da parte di un piccolo numero di Paesi sta bloccando una transizione energetica giusta ed equa per tutti.

Questi in sintesi i risultati dell’indagine: tra il 2020 e il 2022 i combustibili fossili hanno ricevuto almeno 47 miliardi di dollari all’anno; la maggior parte dei finanziamenti per i combustibili fossili è destinata al gas. Tra il 2020 e il 2022 il 54% dei finanziamenti pubblici internazionali noti per i combustibili fossili è confluito verso il gas fossile e un ulteriore 32% a progetti combinati oil&gas. Tali cifre corrispondono a quanto emerso dalla nostra analisi sulle politiche di esclusione dei combustibili fossili di queste istituzioni, laddove siano state adottate, che presentano scappatoie per poter continuare a sostenere i gas fossili; le ECA (Export Credit Agency, ovvero agenzie di credito all’esportazione) si rivelano i peggiori attori della finanza pubblica internazionale, incidendo per il 65% di tutte le attività note sui combustibili fossili, sempre nel medesimo periodo; il Gruppo Banca Mondiale (WBG) ha fornito il maggior numero di finanziamenti diretti ai combustibili fossili rispetto a qualsiasi altra MDB, con una media di 1,2 miliardi di dollari all’anno. E il 68% di questa cifra riguardava il gas fossile.

Tra il 2020 e il 2022 i tre principali finanziatori di combustibili fossili sono stati: Canada ($10,9 miliardi), Corea del Sud ($10 miliardi) e Giappone ($6,9 miliardi).  A seguire abbiamo poi la Cina e l’Italia. Alla COP28, dove è stato annunciato il Fondo per le Perdite e i Danni, Canada, Giappone, Italia, Germania, Stati Uniti, Regno Unito e Francia si sono impegnati a stanziare la misera cifra di 414 milioni di dollari. Infatti, i finanziamenti per l’energia pulita sono ancora esigui e non giungono ai Paesi che ne hanno più bisogno: tra il 2020 e il 2022 l’energia pulita ha ricevuto quasi 34 miliardi di dollari all’anno, una cifra ben lontana dagli stanziamenti previsti, in termini di quantità e qualità, e necessari per limitare il riscaldamento globale entro 1,5°C. I principali finanziatori di energia pulita tra il 2020 e il 2022 sono stati: Francia ($2,7 miliardi), Giappone ($2,3 miliardi) e Germania ($2,3 miliardi). Inoltre, la stragrande maggioranza dei finanziamenti per l’energia pulita non va dove sarebbe più necessario, ma confluisce verso i Paesi ricchi: tra il 2020-2022 soltanto il 3% di tutti i finanziamenti per l’energia pulita è stato destinato ai Paesi a basso reddito, mentre il 18% è confluito verso Paesi a reddito medio-basso.

Cinque Paesi hanno violato i propri impegni sovvenzionando nuovi progetti di combustibili fossili successivamente alla scadenza del termine. E tra questi cinque c’è ancora una volta l’Italia (oltre a Stati Uniti, Germania, Svizzera e Giappone), quale Paese che ha adottato politiche che contengono enormi scappatoie o che non hanno adottato alcuna politica e hanno continuato a finanziare i combustibili fossili (come nel caso degli Stati Uniti). Grazie al monitoraggio dell’OCI (Osservatorio sui crediti d’impresa) sulle violazioni del CETP (Clean Energy Transition Partnership, iniziativa transnazionale di programmazione congiunta di ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione finalizzata a promuovere e accelerare la transizione energetica) è emerso che, alla scadenza del 2022, i suddetti Paesi hanno approvato finanziamenti pubblici per progetti internazionali di combustibili fossili per un totale di almeno 6,6 miliardi di dollari, incluso il finanziamento di progetti che sono stati fortemente osteggiati dalle comunità locali, quali la raffineria di Talara in Perù e la centrale Sonargaeon Unique Gas Power Plant in Bangladesh.

I ricercatori scrivono nell’introduzione del rapporto che la distruzione del clima non è inevitabile, sta sensibilmente crescendo la tendenza verso l’eliminazione graduale completa, equa, rapida, femminista e finanziata delle fonti fossili, che ha visto i governi concordare per la prima volta “l’abbandono dei combustibili fossili” durante i colloqui sul clima delle Nazioni Unite nel 2023. Questa graduale eliminazione deve essere accompagnata però da una transizione giusta, equa e rapida verso un sistema energetico pulito che salvaguardi i diritti umani, rimanga entro i limiti sostenibili delle risorse naturali del pianeta e offra un accesso equo all’energia pulita per tutti.

Ma, come si sottolinea nelle conclusioni del report: “Una transizione energetica giusta a livello globale sarà altamente improbabile senza una deliberata opera di aggiornamento da parte dei governi delle loro politiche internazionali in materia monetaria, commerciale, fiscale e di debito. Sono necessarie tre trasformazioni strettamente correlate: 1. Impegni e meccanismi che vincolino i Paesi ricchi a dare il loro giusto contributo a condizioni eque a favore di azioni di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici e per la riduzione dei danni a livello globale; 2. Modificare le norme che attualmente limitano lo spazio fiscale a disposizione dei Paesi del Sud globale per la gestione della transizione, anche riequilibrando il potere eccessivo dei governi del Nord globale nei forum internazionali; 3. Regolamentazione finanziaria, politiche fiscali e altre politiche economiche per dirottare il denaro dai combustibili fossili e da altri settori dannosi della nostra economia verso le energie rinnovabili e altri beni pubblici necessari.”

Qui per scaricare il Rapporto: https://www.recommon.org/g20-una-pioggia-di-sussidi-pubblici-alle-fossili142-miliardi-in-3-anni-litalia-ne-eroga-piu-degli-usa/