« Al parco don Bosco di Bologna stanno per arrivare le camionette della celere. I camion dei transennatori e motosegatori sono già qui ».

Non sono ancora le 7 del mattino quando parte il nuovo attacco del Comune di Bologna contro un piccolo bosco cittadino, uno degli ultimi rimasti. A lanciare l’allarme è il canale socio-culturale Wu Ming Foundation sul proprio canale Telegram.

« A quanto pare – spiegano -, è questo il giorno dell’atto di forza. Partito Democratico e Coalizione Civica [ la copertura rosso-verde del PD, NdR ] – quest’ultima “dispiaciuta”, è il suo ruolo nel gioco delle parti – devono sgomberare a ogni costo il presidio, per abbattere (almeno) 42 alberi e rovesciare l’ennesima colata di cemento, in ossequio agli interessi degli spadroneggianti padroni della città: le lobby dell’edilizia e delle “grandi opere” ».

Quindi segue l’invito: « Chi può venga al parco ».

«Perché devono essere sempre gli alberi a rimetterci? Perché l’amministrazione comunale deve indebitarsi per sedici milioni di euro per demolire una scuola e ricostruirla poche decine di metri più in là, abbattendo mezzo parco circostante, invece di ristrutturarla in sede, come è stato fatto in altri casi analoghi in città, spendendo molti meno soldi? », ci si domanda [1].

Il parco don Bosco di Bologna è già presidiato da tre mesi da un gruppo di volenterosi ambientalisti, il Comitato Besta, che soggiornano anche tra i rami degli alberi. Ma, immediatamente, sul posto se ne riversano altre centinaia.

La Wu Ming Foundation condanna fermamente questo tentativo della “sinistra” del “meno peggio”, rappresentata dal sindaco Lepore e dalla vice sindaca Clancy, di «devastazione che si apre la via coi manganelli prima e le motoseghe poi».

«La polizia ha caricato, si sono viste le solite scene di più agenti che pestano una persona sola a terra», lamentano i presenti.

Nonostante la resistenza, «il cantiere che con tanta fatica poliziesca – tre ore per conquistare cinquanta metri – era stato tirato su». Tra i manifestanti, però, si contano un’ulna fratturata ad un anziano e un mano ad una giovane, oltre un po’ di contusioni sparse su teste e spalle di tanti altri -. Quindi, « gli operai della ditta disboscatrice hanno cominciato a tagliare alberi ».

A vedere lo scempio ambientale, quei « minuti di insensato arboricidio », si è scatenata la collera dei manifestanti che «ha spinto ad aprire in più punti le barriere e a riversarsi nel cantiere, a singoli, a piccoli gruppi, a gruppi più nutriti da varie direzioni».

A quel punto, «la ditta non se l’è più sentita di continuare; non si possono abbattere alberi in mezzo alla gente. Smobilitati gli operai, la presenza stessa delle forze dell’ordine non aveva più senso, e si sono ritirate pure loro ».

«Quella di oggi è una vittoria; la comunità del parco don Bosco ha dimostrato che resistere si può», commentano gli ambientalisti.

«Ecco, farsi manganellare per difendere gli alberi oggi, domani o domani l’altro, significa testimoniare la necessità di un cambiamento di prospettiva. Quella prospettiva che sta uccidendo le città, soffocandole nel cemento, nello smog e nell’asfalto, nonché, su larga scala, il pianeta tutto», commentano in conclusione [1].

Fonti e Note:

Credits: foto da Twitter

[1] Wu Ming Foundation, 3 aprile 2024, “ La banda Hood, le cariche e le ruspe”.

L’articolo originale può essere letto qui