Nella lunga vicenda delle “navi della morte”, le navi saudite della compagnia Bahri, c’è un nuovo inquietante capitolo: la Bahri Abha in questo momento in porto a Genova, ha scaricato una decina di mezzi militari che non sono destinati a ripartire. Si tratta probabilmente Oshkosh L-ATV (la sigla sta per Light Combat Tactical All-Terrain Vehicle), il veicolo 4×4 tattico leggero dell’esercito americano che in parte sta sostituendo gli HMMWV.

È la prima volta che questi arsenali galleggianti portano armi nel nostro Paese. Lo fanno come una routine commerciale, evidentemente c’è una “domanda” nuova a cui rispondere. Infatti i mezzi scaricati sono destinati alla base americana di Camp Darby.

Su Camp Darby molto è stato detto e scritto, ma va sottolineata la sua incostituzionalità di fatto e di principio. A detta delle stesse autorità USA, è il più grande deposito di materiale bellico al di fuori degli Stati Uniti, che occupa ben 2.000 ettari nella pineta tra Pisa e Livorno. Ha origine da un accordo segreto Italia-Stati Uniti firmato nel 1951. Aveva un carattere temporaneo (quarant’anni), in seguito divenuto permanente. È formalmente una base italiana con un comandante italiano, ma di fatto è il fulcro del dispositivo militare USA nell’Europa meridionale. Ha servito di supporto a tutte le guerre condotte dagli Stati Uniti negli ultimi decenni, in particolare per le spedizioni militari nei Balcani e in Medio Oriente. Quindi è una base militare “italiana” che è servita e serve a condurre guerre, in aperta contraddizione con l’articolo 11 («L’Italia ripudia la guerra» ecc.) e l’articolo 87 («il presidente della Repubblica dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere») della Costituzione.

Questo passaggio della Bahri Abha che consegna armi alle basi militari USA sul territorio italiano è un altro passo della militarizzazione globale. Infatti sinora nella catena logistica militare che rifornisce le installazioni militari USA in Europa sono state impiegate solo navi con bandiera USA, come quelle che toccano regolarmente il porto di Livorno. L’impiego anche della flotta Bahri, sotto bandiera saudita, nella logistica militare USA sancisce che l’alleanza di interessi tra gli Stati Uniti e la monarchia di Riyad è ormai un’alleanza militare attiva, non più una mera fornitura di materiale per la difesa, il che si constata anche nel Mar Rosso occupato dalle cannoniere occidentali in funzione anti-Houthi.

Com’è noto, gli alleati dei nostri alleati diventano nostri alleati. È stato il caso di Israele, con cui i governi italiani hanno stretto patti militari importanti, anch’essi rimasti largamente segreti ed è ora il caso della sanguinaria e per nulla democratica monarchia assoluta araba saudita. Del resto resto i portuali genovesi del Calp lo stanno provando direttamente da anni sulla propria pelle: ogni arrivo delle navi Bahri in porto è preceduto e accompagnato da un incredibile spiegamento di forze di polizia dentro l’area portuale, anche dove normalmente operano i mezzi e i portuali, costretti a lavorare sotto gli occhi della DIGOS senza che questa circostanza sia ufficialmente e pubblicamente motivata.

Quello che è un transito di armamenti in violazione di leggi nazionali e trattati internazionali è da tempo presentato come prioritario interesse per la sicurezza del nostro Paese. È invece un altro tassello della pratica partecipazione dell’Italia alle guerre in corso e, temiamo, a quelle che si stanno preparando.

The Weapon WATCH – Osservatorio sulle armi nei porti europei e mediterranei