Quest’oggi, 7 febbraio 2024, per la prima volta le autorità dell’autogoverno del Kosovo hanno impedito a una consegna di dinari, destinati al pagamento di salari, stipendi, pensioni e altre prestazioni sociali, di entrare nel territorio del Kosovo. Secondo quanto riferito a Kosovo online dalla Banca Nazionale di Serbia e rilanciato poi dalla stampa, il veicolo blindato con i dinari inviato dalla filiale di Kragujevac della Banca Nazionale di Serbia è arrivato al valico di Jarinje intorno alle 11.00, per essere prelevato, come di norma, dal veicolo della società Henderson, che ha una licenza per il trasporto di denaro e con cui la Banca Nazionale di Serbia coopera da anni; di lì, i dinari sarebbero stati poi trasportati nel caveau della Banca Nazionale di Serbia a Leposavi, una delle quattro municipalità a maggioranza serba (con K. Mitrovica, Zvean e Zubin Potok) del Kosovo.

Si tratta della procedura standard; tuttavia, per la prima volta, il transito del denaro non è stato consentito, e, da quanto riferito dagli osservatori locali, dopo ore di attesa per l’approvazione da parte delle autorità di Prishtina, il permesso non è arrivato e l’ingresso dei dinari è stato vietato, con decisione arbitraria e unilaterale. Per quanto gravissima, tuttavia, non del tutto inattesa. Dal primo febbraio scorso, infatti, è entrato in vigore il decreto della Banca Centrale del Kosovo che vieta la circolazione di dinari sull’intero territorio della regione. Si tratta non solo di una mossa controversa, ma anche di un’azione irresponsabile, che rischia di riaccendere nuovi focolai di ostilità e di violenza nella regione. L’abolizione unilaterale e arbitraria della circolazione del dinaro serbo nelle municipalità e nei centri a maggioranza serba del Kosovo, dove il dinaro è la moneta in circolazione e in uso, porta con sé, infatti, conseguenze gravissime per l’intera comunità serba del Kosovo in quanto tale, dal momento che non solo le istituzioni serbe, a norma del diritto internazionale, sono presenti e attive in Kosovo, ma anche tutti i pagamenti, tra i quali quelli di salari, stipendi, pensioni, sussidi e prestazioni sociali, avvengono in dinari. Impedirne la circolazione e, quindi, bloccare l’erogazione di tali pagamenti equivale, di fatto, ad affamare un’intera comunità, la comunità serba del Kosovo, in quanto tale.

In una conferenza stampa tenuta lo scorso 3 febbraio a K. Mitrovica, Zlatan Elek, presidente della Lista Serba, la più rappresentativa formazione politica dei Serbi del Kosovo, è stato chiarissimo in merito. Ha affermato di ritenere che «è esclusivamente la comunità internazionale, e i Paesi del Quintetto, a essere responsabile della multietnicità nel territorio del Kosovo, e a dover essere considerati alla stregua di complici se ci sarà un esodo del popolo serbo dal territorio del Kosovo». Ha sottolineato che l’abolizione del dinaro e della possibilità di effettuare pagamenti in dinari mette i serbi in una posizione insostenibile e prelude all’esodo totale del popolo serbo, mettendo a rischio, in particolare, studenti, pensionati, beneficiari delle più varie prestazioni sociali, cioè, a vario titolo, quasi centomila serbi, in pratica la totalità della comunità serba del Kosovo, che sarebbe colpita, in quanto tale, dalle misure prese dalle autorità di Prishtina. Si tratta, secondo quanto affermato in conferenza stampa, di «un preludio all’esodo totale del popolo serbo dal Kosovo, una mossa preparata dal governo di Albin Kurti. La decisione abolisce le istituzioni serbe che si occupano di istruzione, sanità, assistenza sociale, protezione sociale ed economia, cioè la vita dei serbi sul territorio del Kosovo viene abolita».

Per poi dichiarare, significativamente e drammaticamente, che «questa è l’Operazione Tempesta di Albin Kurti per i serbi del Kosovo», un’allusione, appunto, significativa e drammatica, alla famigerata Operazione Tempesta, una delle più violente operazioni militari, condotta dal 4 all’8 agosto 1995, dalle forze croate nella parte finale della guerra in Croazia (1995), con lo scopo di “liberare” i territori della Repubblica serba della Krajina, istituita sul territorio croato sin dal 1991. L’operazione militare si concluse con la ripresa della Krajina e causò un numero di vittime stimato in almeno 2.000 civili serbi morti e circa 250.000 profughi serbi in fuga.

In una comunicazione tenuta lo scorso 2 febbraio, il presidente serbo Aleksandar Vučić ha ricordato che la misura colpisce direttamente, nella comunità serba del Kosovo, 31.831 lavoratori e 29.115 pensionati, nonché svariati beneficiari di prestazioni sociali. Ogni mese sono spesi 350 milioni di dinari solo in prestazioni sociali, e poi ancora vanno contati i sussidi per gli studenti e le borse di studio. Inoltre, vi sono 902 soggetti economici, che non potranno ricevere entrate in dinari, causando quindi una vera e propria catastrofe, sia dal punto di vista sociale, sia sotto il versante economico. L’euro, d’altra parte, che si vorrebbe forzosamente imporre come moneta unica sull’intero territorio kosovaro, è moneta in uso pur se il Kosovo non è membro della UE.

È appena il caso di ricordare che la posizione internazionale del Kosovo è stabilita, a norma di diritto internazionale, dalla Risoluzione 1244 del 1999 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che ribadisce la sovranità e l’integrità territoriale della Repubblica Federale Jugoslava, oggi Serbia, e prescrive, per il Kosovo, non l’indipendenza, bensì «una sostanziale autonomia e una significativa auto-amministrazione». Ed è, allo stesso modo, appena il caso di ricordare che con la definizione di «pulizia etnica» si intende «una politica deliberata volta ad eliminare, tramite l’uso dell’intimidazione, della violenza e/o del terrore, le popolazioni civili appartenenti a una diversa comunità etnica o religiosa da determinate aree geografiche». Sempre più urgentemente occorre evitare abusi e violazioni e ripristinare le condizioni per il dialogo, la giustizia e la pace.