Hanno lavorato due anni per uno degli eventi più importanti al mondo, sono giovani che hanno contribuito ad una quattro mesi che può dare lustro all’Italia nel mondo. Eppure sono stati definiti «giovani non essenziali»

 

È iniziata il 20 maggio la Biennale di Architettura di Venezia, tra i più importanti eventi internazionali nel mondo dell’architettura. Vi partecipano alcuni tra i più illustri architetti al mondo.

E lustro può dare all’Italia.

È iniziata in questi giorni e finirà tra quattro mesi. E già la durata fa comprendere l’importanza, il peso e i riflettori sull’Italia. Ed invece questo Paese sempre più nel pozzo del conformismo, dell’omologazione, di un perbenismo e un’arroganza borghesi non riesce ad affrancarsi dalla sua mediocrità, dalla sua totale incapacità di una cultura che sia degna di esser tale.

Sui social da anni girano alcune immagini in cui si ricorda che l’Italia è stata la culla della civiltà, di donne e uomini di cultura entrati nella Storia e di un immenso valore che rimarrà scolpito nei secoli. Eppure è arrivato al livello attuale. Come è stato possibile interrogano le (in)coscienze queste immagini. Come si sia potuti arrivare dalle vette dell’intelligenza e della profondità umana al pozzo odierno è domanda che porta a tomi di risposte. Ma c’è un’altra riflessione che dovrebbe accompagnarsi: come disse qualcuno si può non esser colpevoli del livello a cui siamo arrivati ma lo si sarà se nulla si fa per cambiare.

Indigna, sconcerta, è nauseante l’eterno ritorno in questo Paese dell’orrendo sporco, delle vigliaccherie di fronte ad ogni Potere, delle teorie più immonde della Storia, del dominio di mediocri personaggetti che salgono al potere solo perché amici, amici degli amici, amici degli amici degli amici, cognati, camerati di cordata, vassalli, valvassori e valvassini del peggio del peggio.

E di come la cultura sia finita preda della mediocrità e di un qualcosa che non possiamo che definire ritornando ai periodi e al ventennio più buio del Paese orrendamente sporco.

Torniamo, quindi, alla Biennale.

E a cosa è accaduto alla vigilia della sua apertura. La Biennale quest’anno, per la prima volta nella sua storia, punta lo sguardo sul continente africano. “The Laboratory of the future” è il titolo scelto dalla curatrice Leskey Lokko dell’edizione di quest’anno di uno degli eventi internazionali del mondo dell’architettura.

«L’Africa è il laboratorio del futuro. Siamo il continente più giovane del mondo, con un’età media pari alla metà di quella dell’Europa e degli Stati Uniti, e un decennio più giovane dell’Asia. Siamo il continente che si sta urbanizzando più velocemente al mondo, con una crescita di quasi il 4 per cento all’anno» ha sottolineato la curatrice. Per la conferenza stampa di presentazione della Biennale Leskey Lokko aveva chiesto la partecipazione alla pre apertura di sei collaboratori ghanesi.

Ma a tre di loro l’ambasciata italiana ad Accra ha rifiuto il visto d’ingresso in Italia e non potranno quindi partecipare ad un evento mondiale che hanno contributo per due anni a realizzare.

«Non ho parole per il rifiuto dei visti al team di Akkra che ha partecipato alla realizzazione del progetto – ha dichiarato Leskey Lokko – il mio fotografo personale, un giovane e talentuoso fotografo ghanese, ha contribuito sia alla mostra che al catalogo, in tutte le sue sezioni» e «a loro è stato negato il visto dal governo italiano, in particolare dall’ambasciatrice italiana in Ghana, Daniela d’Orlandi, che mi ha accusato di cercare di portare in Europa “giovani non essenziali”» ha raccontato Lokko.

Che, riporta Rivista Studio, ha espresso la preoccupazione che l’ambasciatrice abbia voluto «fare colpo sul governo conservatore italiano» definendola «ambiziosa diplomatica». D’Orlandi ha negato che la motivazione del diniego – riporta sempre Rivista Studio – fosse quella riportata da Leskey Lokko. Senza però specificare quali sarebbero gli altri presunti motivi in quanto ha dichiarato di non essere autorizzata a fornirli.

Quali conclusioni, indignazioni, amare riflessioni fa trarre una vicenda del genere è fin troppo evidente. Le circostanze si descrivono da soli e l’Italia ancora una volta si ritrova nel mondo ad una figura tutt’altro che all’altezza della sua storia e dell’alta cultura. Che esiste e resiste.

Oltre il mare della mediocrità e del pozzo in cui questo Paese è finito. In cui c’è chi ciancia arrogante e tronfio con l’unico merito di essere arrivato lì dove è arrivato per «meriti familiari» o di prepotenza politico-ideologica. Favorita da vigliaccherie, omertà, silenzi di pavidi ancor più mediocri di loro.

Fonte WordNews.it