Questo articolo era stato inizialmente scritto per un importante quotidiano web che si occupa di energie rinnovabili. La redazione ha chiesto all’autrice di togliere il nome di Eni, in quanto il colosso del fossile collabora con questo portale. L’autrice ha rifiutato e ci ha inviato l’articolo per intero.

 

Dopo il greenwashing e il socialwashing ecco lo schoolwashing: quale valore educativo per i progetti promossi direttamente o indirettamente da soggetti di mercato campioni di insostenibilità?

Con sempre più prepotenza i grandi attori di mercato entrano a scuola e offrono laboratori ambientali (per lo più gratuiti) per migliorare la propria immagine, fidelizzare i giovani e trovare nuove leve. Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento (PCTO) resi obbligatori per tutti gli studenti dell’ultimo triennio delle scuole superiori (ex “alternanza scuola lavoro”), rafforzano e istituzionalizzano questo legame.

“La sostenibilità ambientale è ormai il cavallo di battaglia nel marketing aziendale e tutte le aziende vantano il loro presunto impegno a favore del Pianeta” spiega Monica Capo, portavoce dei Teachers for Future. “Inevitabile che si provi a sfruttare anche il canale scolastico per rifarsi, per così dire, una reputazione. Sappiamo bene però che la gran parte degli investimenti di certe aziende è ancora riservata al settore delle fonti fossili e si continuano a macinare extraprofitti. Le scuole dovrebbero rimanere come baluardi del pensiero critico, indipendenti dall’industria. Eppure i PCTO, così come prima era l’alternanza Scuola-Lavoro, legano le scuole alle industrie, anche quelle belliche e inquinanti in un rapporto di sudditanza.”

Il percorso PCTO “In volo con Leonardo” [https://www.educazionedigitale.it/leonardopcto/] (iscrizioni ancora aperte), presentato recentemente da Leonardo SpA, holding militare industriale, è ad esempio un programma di formazione digitale relativa al volo e all’aviazione. Prosegue Monica Capo: “Gli STEMLab (Science, Technology, Engineering and Mathematics) promossi dal gruppo industriale-militare Leonardo hanno raggiunto oltre 1.600 docenti di 1.200 scuole in Italia. Le industrie cercano nuove leve condizionando le menti dei ragazzi e il loro giudizio critico, su cosa è etico e cosa no. Come ha recentemente affermato Antonio Mazzeo, collega ecopacifista e antimilitarista, la Scuola italiana si fa sempre di più laboratorio-industria di morte”.

Dal 2022-2023 sono nati i Licei di Scienze applicate per la Transizione Ecologica e Digitale (TRED). Un nuovo corso di studi, avviato in forma sperimentale in 27 istituti scolastici di 12 regioni italiane, che propone un percorso di formazione di quattro anni, al posto dei soliti cinque, con al centro i temi della transizione ecologica e digitale. “Ma l’aspetto più innovativo (e preoccupante)” sottolinea Greenpeace “è il ruolo che in questo percorso di studi il Ministero ha affidato alle imprese, molte delle quali decisamente distanti dai temi della transizione ecologica. A supportare questo nuovo progetto educativo che coinvolgerà 2.200 alunni, troviamo infatti il Consorzio di aziende ELIS, ente che raccoglie intorno a sé un centinaio di grandi gruppi aziendali italiani, tra cui: Snam ed ENI, leader nell’energia da fonti fossili; Generali, che assicura società che investono in petrolio, gas e carbone; Leonardo, colosso dell’industria bellica; ACEA, multinazionale quotata in borsa leader nella gestione privatistica dell’acqua”.

Le aziende che parteciperanno al progetto affiancheranno i docenti delle scuole pubbliche per parlare di temi ambientali e transizione ecologica, aiuteranno a “individuare i temi di apprendimento”, e contribuiranno anche all’offerta di workshop, tirocini, borse di studio, nonché alle spese di affitto di almeno uno dei nuovi istituti.

Come dire di no?

Se lo Stato dà sempre meno fondi all’istruzione, si fa avanti l’industria, ma vuole qualcosa in cambio.

Nei Licei TRED, sono previsti anche summer camp in cui gli alunni sono ospiti delle aziende, ad esempio visitando i centri di distribuzione Amazon, nonché tirocini aziendali, affinché – come recita il progetto – “le aziende diventino aule allargate” (qui il report completo di Greenpeace).

Anche ENI è entrata nelle scuole dalla porta principale. Colosso italiano del gas e del petrolio ha già tenuto seminari di aggiornamento su tematiche ambientali (cambiamento climatico, ciclo dei rifiuti, sostenibilità, inquinamento e bonifiche) ai docenti delle scuole italiane, con “Scienze in classe, Eniscuola.net”, un programma di lezioni online a disposizione degli insegnanti, con il patrocinio del Ministero dell’Istruzione, su tematiche come il risparmio energetico, l’energia solare, l’impronta ecologica.

I laboratori vengono fatti anche ai più piccini. Hera, multiservizi che gestisce raccolta di rifiuti, ma anche inceneritori, propone una marea di laboratori e progetti fin dalle materne. Il più gettonato è Riciclandino: “Più rifiuti le famiglie portano alle stazioni ecologiche, più la scuola ottiene incentivi economici” si legge nel depliant che i bambini portano a casa da scuola. La spiegazione fa subito capire che l’obiettivo di Hera non è ridurre i rifiuti, ma aumentarli.

In pratica vince chi compra e butta più bottiglie di plastica, basta buttarle nel posto giusto. Che poi gli inceneritori Hera brucino circa la metà della plastica raccolta, non è un problema, perché questo ovviamente viene raccontato ai bambini come “recupero energetico”.

La scuola dovrebbe educare cittadini critici, attivi e consapevoli, che sappiano distinguere il bene pubblico dagli interessi privati e, di conseguenza, imparino a controllare l’operato delle aziende, a fare da argine allo strapotere delle multinazionali. Eppure sempre di più si va verso un modello di scuola legato a doppio filo alle grandi imprese, che sforna consumatori e lavoratori acritici, efficienti, ben inseriti nel sistema.