Sabato 18 marzo un centinaio di lavoratori di italtel, storica azienda di telecomunicazioni italiana, ha effettuato un presidio in occasione della partenza della Milano Sanremo in Piazza Cavour ad Abbiategrasso contro la decisione unilaterale intrapresa dall’azienda di licenziare 123 dipendenti.

Di seguito il volantino scritto da un lavoratore.

Italtel S.p.a., che nel 1999 era al 100% proprietà di Telecom Italia, nel 2000, dopo una forte riduzione del personale, è stata ceduta al fondo statunitense Clayton e Dubilier & Rice.

Per Italtel è stato l’inizio del massacro: la privatizzazione di Italtel (governo D’Alema) avvenne con  un’operazione finanziaria considerata addirittura fuorilegge in quel momento, operazione che poi venne legalizzata dal governo Berlusconi con alcune clausole di sicurezza.  Si chiama LBO – Leverage Buy Out – ed è un’operazione finanziaria per cui chi compra ottiene dei  prestiti da parte di fondi d’investimento e quindi li gira sull’azienda acquisita, trasformandoli in  un debito per l’azienda.

Questa operazione è tipica del sistema neoliberista – in cui i mercati possono fare ciò che vogliono, permettendo di comprare un’azienda addirittura senza avere neanche un capitale. Il debito aziendale causato dalle privatizzazioni (quelle dei “capitani coraggiosi”) è stata la causa principale dell’affossamento dell’azienda, che non è più riuscita (nonostante vari interventi) a risanare questa situazione.

Queste operazioni vanno tuttavia inquadrate nello scenario politico economico europeo, in cui l’Italia, per entrare nell’Unione Europea, ha dovuto rinunciare a pezzi di industria strategica, come le telecomunicazioni (tra altri comparti), riducendo di fatto la sua competitività e i suoi livelli di occupazione.

Così come più volte dichiarato dall’economista Nino Galloni (dal 1990 al 2002 Direttore generale al Ministero del Lavoro) la Germania, come contropartita alla rinuncia del marco e all’appoggio francese alla riunificazione tedesca, pretese che si procedesse alla deindustrializzazione dell’Italia. A complicare la situazione di Italtel venne la crisi del 2008 e la presenza sul mercato dei concorrenti cinesi, ai quali il mondo imprenditoriale italiano, senza interventi statali, non avrebbe  potuto far fronte.

Nel 2014 ci fu un tentativo di rilancio, con l’interessamento del colosso indiano TechMahindra, dimostratosi poi un bluff.

Nel 2017 fu la volta di Exprivia S.p.A che, sempre nel tentativo di rilancio, fallì.

A gennaio (uscite Exprivia e Cisco) entrò il gruppo PSC S.p.A., che divenne azionista di controllo al 54%, in cordata col Gruppo TIM e con il Fondo Clessidra Capital Credit.

Ogni qualvolta avveniva un nuovo salvataggio, si presentavano fantomatici piani industriali, sfidanti e accattivanti nella forma, ma che non hanno mai portato a nulla di innovativo e sostanziale e si sono sempre rivelati irrealizzabili nel contenuto e nella pratica.

Non è con il mercato che Italtel potrà andare avanti, rilanciandosi! Il mercato ha fallito!

Se lo Stato non interverrà a salvare questo briciolo di know how rimasto, l’Italia non avrà mai più un polo tecnologico avanzato, ma dipenderà sempre da altri. In vent’anni si è distrutta quasi tutta la nostra conoscenza e la nostra competenza nelle telecomunicazioni!

L’Unione Europea si sta manifestando sempre più vuota, priva di qualsiasi progetto comune: lo Stato italiano intervenga per tutelare i suoi asset strategici (come invece accade in Francia e in Germania), decisamente più importanti di quanto non siano gli interessi dei mercati, oppure assisteremo ancora una volta impotenti all’ennesimo sacrificio sull’altare del nulla!

Un lavoratore Italtel