E’ uscito da poco per la EMI (Edizionei Missionarie Italiane) questo libro davvero bello e importante, dal titolo Prendiamoci Cura della Casa Comune, curato dal Gruppo dei Cattolici per la Vita della Valle (nel senso di Val di Susa) con l’obiettivo di mettere a confronto quella sciagura di cui ormai nessuno parla più, ovvero il TAV, con i vari capitoli della Laudato Sì.

Quanti anni sono passati? Quasi otto, era il giugno del 2015 quando quell’Enciclica vide la luce. E venne accolta come qualcosa di straordinario, così sorprendentemente chiara e controcorrente. Un invito all’unità di tutte e tutti nella professione di ecologia integrale: “… di fronte al deterioramento globale dell’ambiente voglio rivolgermi a ogni persona che abita questo pianeta… abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti…” e così via, non c’è pagina che non meriterebbe una citazione, non c’è capitolo che non tenti di esprimere, oltre all’urgenza, un messaggio di speranza concreta, perché fondata sull’Umana Buona Volontà, sulla possibilità per tutti “di prendere coscienza, osare trasformare in sofferenza personale quel che accade nel mondo, e così riconoscere qual è il contributo che ciascuno può portare”.

Nel caso dei Cattolici per la Vita della Valle, già da tempo schierati con il Movimento NoTav con le motivazioni che avevano messo nero su bianco in un libro a questo (intitolato Il nostro NO), quell’enciclica arrivò dunque non solo come una conferma e un incoraggiamento per ciò che già da tempo stavano facendo, ma come l’opportunità di inaugurare un nuovo corso. Un’opportunità di crescita, riflessione, elaborazione, sia a livello personale che come Gruppo. Un’opportunità di rafforzamento circa le ragioni della loro contrarietà a quella ‘grande opera’ così devastante oltre che inutile, che a tutti i costi la loro bella valle dovrebbe accettare per le stesse cieche logiche, le stesse non negoziabili condizioni, le stesse modalità di signoraggio che stanno portando l’intero nostro pianeta alla rovina. Un’opportunità di ricerca, di studio, di sintesi “circa le ripercussioni negative che la realizzazione del progetto infliggerebbe alla nostra amata valle”, nonostante l’esistenza di precisi ‘obblighi’ di tutela, a fronte di articoli della costituzione che sarebbero chiarissimi, nonostante convenzioni sottoscritte internazionalmente e dunque vincolanti, a fronte di una crisi climatica ormai abbondantemente documentata e che imporrebbe un ripensamento a tutto campo, a fronte insomma di un quadro di diritti e di doveri che dovrebbe essere la Bibbia di chiunque ci governa. E invece macchè.

Ed eccoci dunque di fronte a un testo che, lungi dal proporsi come l’ennesima esegesi della Laudato Sì, ci permette di ricostruire nei minimi dettagli come possa essere successo che un progetto così palesemente devastante per un territorio come la Val Susa (già parecchio deturpato da un’autostrada di rara bruttezza, oltre alla quantità d’insediamenti industriali) continui anno dopo anno, nonostante tutto. Nonostante i costi che lievitano oltre ogni previsione, nonostante la mole di studi e autorevoli pareri che suggerirebbero di desistere, in barba a qualsiasi principio di precauzione, nel disprezzo della più elementare nozione di bene comune, per non dire della Convenzione di Aarhus, che dovrebbe garantire al pubblico l’accesso ai processi decisionali. L’ormai trentennale opposizione al progetto Torino-Lione in Val Susa è la dimostrazione che i livelli di abuso che solo pochi anni fa pensavamo possibili nei vari sud del mondo, sono oggi il business as usual di tanti nostri territori.

L’emergenza sul fronte delle materie prime, i venti di guerra che ci soffiano sempre più vicini, hanno reso pensabile l’impensabile. Pensiamo alla Germania, che lo scorso mese ha imposto con la forza una miniera a cielo aperto nei terreni circostanti il villaggio di Luetzerath, ingaggiando una vera e propria guerra contro le migliaia di manifestanti accorsi da tutta Europa e (particolare non da poco) nonostante la non piccola componente Verde nella coalizione di governo, in particolare nel Nord Renania-Vestfalia di cui quel sito fa parte.

Pensiamo al Montenegro che recentemente ha visto l’incursione di 250 militari NATO per la conquista della montagna Sinjajevina. Nonostante l’opposizione della popolazione, nonostante le promesse di protezione ambientale espresse da un governo democraticamente eletto, nonostante una campagna che è ormai diventata internazionale non ci sarà niente da fare: entro il Maggio 2023 quella montagna, la più grande prateria dei Balcani e luogo di straordinaria bellezza, dovrà essere a disposizione della NATO per le sue esercitazioni. 

E quante vicende simili a quella della montagna Sinjajevina potremmo lamentare noi in Italia: quante storie di resistenza contro le basi militari, contro quel mostro che è il MUOS in Sicilia, contro i fragori di guerra a Capo Teulada, tutte storie che fanno notizia solo quando scoppia qualche nuova protesta, regolarmente trattata come manifestazione criminosa, oggetto di denunce e processi.

Ma soprattutto (e per tornare alla Val di Susa) pensiamo a un territorio, densamente abitato, desideroso solo di essere lasciato in pace, che da oltre trent’anni è condannato a convivere con la minaccia di quel Progetto-Treno, il TAV, che fa acqua da tutte le parti, che alla luce dei reali flussi di traffico e delle prospettive di transizione all’elettrico non ha proprio più senso, che neppure la Francia in effetti vuole più – progetto nato sbagliato in partenza, frutto di mire speculative, inaccettabile alla luce delle innumerevoli Valutazioni di Impatto Sanitario e Ambientale che sconsiglierebbero il proseguimento. Ma niente da fare: la ‘grande opera’ s’ha da fare. La cantierizzazione che una decina di anni fa si è imposta con violenza nel sito di Chiomonte, ha occupato anche l’ex polmone verde di San Didero e recentemente ha guadagnato anche l’ex piana agricola di Caselette in bassa valle (ne ha scritto recentemente Luca Mercalli per Il Fatto Quotidiano con un pezzo bellissimo fin dal titolo, Lamento di un prato distrutto dopo 15 mila anni, subito virale…)

L’infinita storia di abusi, diritti calpestati, ricorsi ignorati al TAR e in Prefettura, i tentativi di dialogo regolarmente disattesi con i decisori, la totale opacità dei processi di delibera in barba a qualsiasi nozione di “coinvolgimento territoriale”, sullo sfondo della crescente militarizzazione e dell’inimmaginabile repressione che il Movimento NoTav continua a subire: di tutto questo parla il libro, che non esita a calare l’Enciclica di Papa Francesco nel concreto di una realtà in confitto, che sia individualmente che come Gruppo, i Cattolici per la Vita della Valle vivono come impegno di cristianesimo radicale e direi militante.

Un impegno che i componenti del Gruppo si sono spesso trovati a rappresentare in forma proprio di preghiera: tutti insieme, ad alta voce, all’esterno delle recinzioni, sotto gli occhi di guardiani e militari visibilmente imbarazzati, sollecitando a volte una qualche forma di dialogo con gli assedianti a loro volte chiusi dentro le reti. Dialogo chiaramente impossibile, e dunque: provocazione, come registra quel bel film uscito di recente, La Scelta, che sta circolando per vie totalmente spontanee in varie sale d’Italia.

Ma è l’intero libro a risuonare in effetti come una preghiera-provocazione, e fin dal titolo, che è proprio un’esortazione, una specie di comandamento. Prendiamoci Cura della Casa Comune! Non c’è più tempo, suvvia…! Quasi otto anni sono trascorsi dalla pubblicazione della tanto lodata Laudato Sì. E altrettanti dall’Accordo di Parigi negoziato da ben 196 paesi solo pochi mesi dopo, 12 dicembre 2015, con l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra. E sono trascorsi invano, se chiaramente non stiamo facendo nulla per mitigare gli effetti della crisi climatica, ma addirittura stiamo facendo di tutto per peggiorare la situazione…

Un libro concepito dunque come denuncia, progetto di sensibilizzazione, come appello ad attivarci tutti come cittadini, a responsabilizzarci nei confronti delle generazioni che vengono dopo di noi, ad affiancarci ai nostri figli e nipoti che manifestano nelle piazze, si incatenano ai lampioni, danno la scalata alle balconate dei Palazzi, si incollano sulle rampe di lancio per bloccare il decollo dei quanto mai inquinanti low cost – ma che ovviamente non potranno reggere un simile scontro di forze facendo affidamento unicamente sui loro corpi, mentre senz’altro ci sarebbe bisogno di contributi di intelligence, consulenze qualificate per esempio a livello legale, non solo contro le denunce ma semmai per denunciare! Ha fatto recentemente notizia il caso di una certa Chiara, madre di un figlio asmatico, che per contrastare i livelli di crescente inquinamento a Torino, ha avviato una causa di natura civile contro Regione Piemonte, rivendicando il “diritto a respirare aria pulita e sana”. Bravissima, un bell’esempio di attivismo “civile” che giustamente fa appello al diritto.

L’Articolo 9 della Costituzione recita infatti che la Repubblica «tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni», e non c’è pagina della Laudato Sì che non ribadisca questi stessi concetti. Un libro dunque da leggere e annotare non solo come puntualissimo ripasso di una vicenda come quella del Tav in Val Susa che è in tutti sensi vergognosa, non solo come ricarica per le tante battaglie che ci interpellano come ambientalisti, ma soprattutto come testimonianza di una cittadinanza attiva che non si arrende, che nonostante tutto, nonostante piccolo gruppo, continua a credere nella possibilità di un costruttivo confronto, anche con i cosiddetti poteri forti e comprese le alte sfere della Chiesa.

Molto bella, in appendice al libro, la raccolta di alcune lettere tra cui una inviata a un certo Don Ettore… “Esistono ancora i profeti? Sì, esistono, forse non indossano più pelli di cammello (…) ma sono coloro che si oppongono alla menzogna, alla corruzione, allo sfruttamento, alla tirannia…”

Un’altra si rivolge al Direttore de L’Avvenire Marco Tarquinio, rimproverandolo perché anche il suo giornale “(…) si schiera spesso con la stampa mainstream, quella che appartiene alle stesse potenti lobby che sponsorizzano la ‘grande opera’…”

Tra tutte la più bella è l’accorata missiva inviata alla fine del 2020, anno di pandemia, a Monsieur Hubert Du Mesnil, presidente dell’Ente proponente la ‘grande opera’ (cioè T.E.L.T.) e per conoscenza al Monsignor Cesare Nosiglia (Arcivescovo di Torino nonché amministratore della Diocesi di Susa), che così conclude: “Il 15 marzo dello scorso anno 2019, Lei esaltava ‘la magnificenza del cantiere di Chiomonte’. Alla luce dell’insegnamento ricevuto dalla pandemia ci aspettiamo un ripensamento circa la volontà di proseguire su un binario che non conduce al benessere dell’umanità.”

Lettere rimaste senza risposta. Altre lettere verranno sicuramente spedite di nuovo in futuro, perché i Cattolici per la Vita della Valle non si arrendono, sulle pagine della Laudato Sì hanno ulteriormente affinato le loro ragioni, e circa il fatto che la ‘grande opera’ possa essere fermata sono convinti. Come appunto argomentano capitolo dopo capitolo in questo libro che si legge con la stessa passione con cui è stato scritto e che vivamente consigliamo.

Prendiamoci cura della Casa Comune, Laudato Sì e progetto TAV Torino-Lione a confronto, a cura del Gruppo Cattolici per la Vita della Valle. Prefazione di Alex Zanotelli e postfazione di Antonio Caschetto (coordinatore Circoli Laudato Sì Italia) – 165 pag, € 12