La COP27, ovverosia la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si è aperta a Sharm el-Sheikh, in Egitto, sotto il controverso governo di Al-Sisi, è sponsorizzata dalla multinazionale Coca-Cola. A renderlo noto è stata proprio la Presidenza dell’evento, la quale già in un comunicato  di seettembre aveva fatto sapere che la multinazionale rivestirà il ruolo di sponsor e fornitore della COP27.

La Coca Cola è sempre stata il simbolo della globalizzazione neoliberista, del junk food, dell’industrializzazione del cibo, del consumismo opulento occidentale e della devastazione ambientale, senza parlare dei crimini che ha commesso. Da qualche anno cerca di rifarsi una verginità “green”, come molti altri colossi, prima con Expo 2015 a Milano, in cui ha era presente insieme al Mc Donald’s e oggi con la proposta di soluzioni tecnocratiche alla crisi climatica e l’apertura di nuovi business approdando alla COP27.

Le lattine sono tra le cose più anti-ecologiche legate alla Coca Cola. Come si produce la lattina di alluminio che gettiamo non appena beviamo? Qual è il suo “zaino ecologico“?

James Womack e Daniel Jones nel libro Lean Thinking tracciano il percorso di una lattina a partire dalla sua nascita.

La fabbricazione della lattina è ben più costosa e complicata di quella della bevanda che contiene. La bauxite viene estratta in Australia, poi trasportata in uno stabilimento chimico, dove un procedimento che dura circa mezz’ora riduce una tonnellata di bauxite a mezza tonnellata di ossido di alluminio.

Quando è stata accumulata una quantità sufficiente del composto, essa viene caricata su un enorme container adibito al trasporto di minerali e spedita in Svezia o in Norvegia, dove le centrali idroelettriche forniscono energia a basso costo. Dopo aver viaggiato per un mese attraverso due oceani, il materiale solitamente resta per un paio di mesi in una fonderia. Qui, con un procedimento di due ore per ogni mezza tonnellata di ossido di alluminio, viene trasformata in un quarto di tonnellata di alluminio, in blocchi di dieci metri di lunghezza.

Dopo circa due settimane questi vengono trasportati agli stabilimenti di laminazione in Svezia o in Germania. Ogni blocco viene riscaldato a quasi 500 gradi centigradi e compresso fino a raggiungere uno spessore di tre millimetri.

L’alluminio approda in Inghilterra, dove le lamine vengono tagliate e modellate in forma di lattine, che a loro volta vengono lavate, asciugate, trattate con una colorazione di fondo alla quale poi si sovrappone la serigrafia. I passaggi successivi sono la laccatura, la bordatura, il trattamento dell’interno con un rivestimento protettivo che impedisca al liquido di corrodere il metallo e il controllo.

Le lattine vengono sistemate su pallet, trasportate da un carrello elevatore e immagazzinate; poi partono per lo stabilimento di imbottigliamento, dove vengono nuovamente lavate, riempite con la bevanda fatta di acqua, sciroppo aromatizzato, fosfato, caffeina e anidride carbonica. Il fosforo viene dall’Idaho, dove si estrae da profondi pozzi aperti, con un procedimento che porta in superficie anche cadmio e torio radioattivo.

In una giornata, la compagnia mineraria consuma la stessa quantità di elettricità di una città di 100.000 abitanti, per portare il fosfato al livello qualitativo adatto agli usi alimentari.

Le lattine piene vengono sigillate con lamine di alluminio al ritmo di 1.500 al minuto, confezionate in cartoni stampati con gli stessi colori e decorazioni.

Dopo essere state risistemate sui pallet, le lattine partono verso i distributori locali e dopo breve tempo verso i supermercati, dove di solito vengono acquistate nel giro di tre giorni.

In pochi minuti la bevanda viene bevuta e la lattina viene subito buttata via. Ogni prodotto di consumo nasconde una storia simile, un analogo inventario non registrato di materiali, di risorse e di impatti, nonché una analoga quota di rifiuti derivati dal consumo.

La Coca Cola non inquina solo il pianeta con la plastica delle sue bottigliette e con l’alluminio delle sue lattine, ma anche i suoi consumatori. L’acqua usata da Coca-Cola è fluorizzata e i fluoruri sono sostanze neurotossiche che hanno l’effetto di calmare e addormentare. Poi ci sono i coloranti, gli aromi artificiali e lo zucchero sbiancato con la calce ultra-trattato che è un superveleno. Senza contare il consumo di energia e l’inquinamento per la produzione e il trasporto della Coca Cola.

Il “greenwashing” ha anche la funzione di nascondere tutto questo.

Altre informazioni:

Un approfondimento del giornalista investigativo ed ecopacifista Antonio Mazzeo sui crimini della Coca Cola:

https://www.academia.edu/40733358/Crimini_e_Misfatti_della_Coca_Cola

Deresponsabilizzazione nei confronti del tema dell’obesità:

http://www.blog-lavoroesalute.org/lepidemia-di-obesita-colpa-di-poco-sport-parola-di-coca-cola/

http://www.blog-lavoroesalute.org/coca-cola-e-giornalisti-scientifici/

Coinvolgimento nei processi di privatizzazione dell’acqua:

http://www.blog-lavoroesalute.org/privatizzazione-dellacqua-cariche-di-fronte-alla-coca-cola-di-nogara/

Servizio di Report:

https://www.raiplay.it/video/2017/03/Report-b717c870-dbba-4d78-869c-33d676be6fe0.html