In occasione di EireneFest, Festival internazionale del libro per la pace e la nonviolenza che si è tenuto a Roma dal 2 al 5 giugno presso i giardini del Verano, ho avuto il grande piacere di dialogare con Padre Alex Zanotelli, missionario italiano comboniano e fondatore di diversi movimenti tesi a creare condizioni di pace e di giustizia solidale. Ecco la nostra chiacchierata.

Parlare ai giovani è importante perché saranno i cittadini del futuro…

Quando parlo ai giovani dico che sono l’unico presente che abbiamo perché il futuro, se andiamo avanti così, non esiste soprattutto in caso di disastro ecologico. Saranno loro che devono cambiare tutto se vogliamo sopravvivere, partendo da subito perché la situazione è gravissima.

Perché ha deciso di partecipare a EireneFest nonostante i suoi numerosi impegni?

Sono legato a Olivier Turquet e all’agenzia stampa Pressenza, che lavora bene. Dobbiamo instillare nelle persone questo aspetto: o seguiamo davvero la via della nonviolenza attiva o, come diceva Martin Luther King, si arriva alla “non esistenza” dell’umanità.

Può spiegare di cosa si parla quando parliamo di “nonviolenza attiva”?

La nonviolenza attiva traduce qualcosa di molto difficile da esprimere: quando si parla di nonviolenza sembra quasi un concetto negativo, sembra quasi rassegnazione; invece, la nonviolenza ATTIVA coinvolge la persona profondamente per inventare sempre nuove cose, richiede creatività effettivamente, la stessa creatività che chi l’ha inventata – Gesù – aveva per dare una mano al popolo oppresso della Galilea.

Dobbiamo trovare strade nuove per rimettere in piedi persone oppresse, facendole sentire soggetti e non oggetti. Una volta che l’oppresso scopre di essere un soggetto deve usare la propria intelligenza per trovare metodi nonviolenti per scardinare il sistema, per smascherarlo (“Fare verità” come dice il Vangelo di Giovanni) per poi impegnarsi a cambiare le cose. Penso che sia l’unica scelta che oggi abbiamo davanti.

Martin Luther King è stato fatto fuori per il suo attacco radicale alla guerra in Vietnam e gli Stati Uniti non lo hanno potuto accettare: oggi abbiamo molti Maestri che ci hanno preparato la strada per la pace e la nonviolenza.

Quando ero in Africa avevo invitato alcuni di questi Maestri di varie etnie e ho scoperto che, durante la terribile dittatura di Marcos nelle Filippine, i vescovi erano molto preoccupati e decisero di far reagire la gente tramite l’invito di due esperti austriaci, marito e moglie bravissimi, che lavoravano sui metodi nonviolenti e che hanno fatto una settimana di workshop con tutti i vescovi per prepararli e poi con le persone della diocesi; al termine del percorso tutta la popolazione si riunì nella piazza centrale di Manila per manifestare pacificamente contro Marcos. Il dittatore fece scendere i carri armati, ma la gente era preparata (ad esempio, le mamme parlavano ai soldati dicendo loro: “Io potrei essere tua madre, come fai a sparare?”), tanto che Marcos fu costretto a scappare senza dare l’ordine di sparare. Il potere del popolo è enorme, ma i popoli devono prenderne coscienza.

Qual è la sua opinione a proposito della guerra Russia-Ucraina? 

Oggi non si può parlare di nonviolenza in Ucraina; si sarebbero dovuti prendere provvedimenti otto anni fa, preparando il popolo in caso avvenisse qualcosa con un movimento di contrasto ai russi senza l’utilizzo delle armi, come hanno fatto in Sudafrica e in altri Paesi nel mondo.

Che poi sembra che adesso ci sia solo questa guerra…

Sono 166 le guerre sul nostro pianeta e molte sono veramente grosse. Rimango esterrefatto sul silenzio, per esempio, che c’è anche in Italia sulla guerra in Yemen: tutte le televisioni sparate sui crimini russi, ma nessuno dice che nello Yemen è in atto la più grande crisi umanitaria che abbia il mondo. E noi vendiamo le armi all’Arabia Saudita per bombardare gli yemeniti… E questa è la follia di tutto, anche del nostro sistema economico; chi ha vinto oggi in Ucraina è il complesso militare-industriale.

Basti pensare che gli Stati Uniti, quest’anno, hanno un budget di 800 miliardi di dollari, il 36% del PIL degli USA, dedicato agli armamenti ed è lì il cuore del sistema.

Quanto sarebbe importante che ognuno di noi facesse una ricerca spirituale per mettersi in contatto con la propria vera natura, per il Bene comune?

E’ una domanda importante: penso che una delle cose tragiche della nostra società occidentale sia che questo tipo di società ci ha talmente materializzato il cervello per cui non c’è nessuna dimensione di spiritualità, non c’è nulla. Non parlo di spiritualità cristiana, buddista o altra, ma proprio della ricerca di una motivazione interiore. Quando a Gandhi chiedevano: “Perché non ti sei fatto cristiano?” lui rispondeva: “Se essere cristiani vuol dire diventare come i cristiani d’Occidente, preferisco rimanere indù”, perché abbiamo tradito tutto quello che è il fulcro del Vangelo. La ricerca di una spiritualità è fondamentale, dobbiamo davvero darci da fare, ripartendo da questo.

 

L’articolo originale può essere letto qui