Prima di tutto un po’ di storia: il 26 febbraio 2017 inizia l’occupazione in via Esterle 15, periferia Nord di Milano, zona via Padova, in uno stabile costruito nel 1928 adibito inizialmente a bagni e lavatoi pubblici. Dopo la guerra, la struttura era stata trasformata in una fabbrica di bottoni, per diventare poi negli anni Settanta una scuola professionale pubblica per carrozzieri. Dal 1999 era abbandonato.

Da quel 2017 ci vivono una cinquantina di persone, in gran parte immigrati, lavoratori precari che non riuscirebbero mai a pagare sul mercato milanese una stanza, tanto meno un appartamento, sia per il colore della pelle che per la mancanza di un contratto di lavoro regolare. Giovani e meno giovani, spesso tormentati dall’attesa del permesso di soggiorno, contratti di lavoro inesistenti, lavori sottopagati e in nero, lavoratori delle pulizie o nell’edilizia, rider o con contratti di breve durata.

Tutta quell’umanità che fa sì che l’economia di questa città vada avanti, poggiando su uno sfruttamento diffuso. Ci sono anche famiglie che provengono da altre occupazioni, alle quali, sgombero dopo sgombero, il Comune non ha mai trovato una soluzione abitativa.

Bene, l’edificio è del Comune e questo, invece di cercare degli accordi, delle soluzioni, ha pensato bene di metterlo a bando per adibirlo a “luogo di culto”, creando così un contrasto tra gli stessi migranti di religione islamica, vista la possibile destinazione a moschea.

Oggi scadeva la data di presentazione delle offerte, non si sa chi e cosa abbiano presentato, ma gli abitanti di via Esterle 15 insieme alla rete di supporto “Ci Siamo” e ad associazioni e reti che si interessano del fenomeno migrazione a Milano hanno manifestato stamattina davanti a Palazzo Marino, sede del Comune, per ricordare che loro ESISTONO e non vogliono certo sparire, né dormire sotto i ponti.

Numerosi gli interventi al microfono, sia degli abitanti che di gruppi e associazioni che operano a Milano per ricordare la vergogna di una città dove trovare alloggio è uno dei ricatti principali, dove ci sono almeno 14.000 appartamenti vuoti e sfitti, dove non esiste una politica per il diritto alla casa.

Il presidio termina dopo due ore; si era chiesto e richiesto di poter parlare con qualcuno del Comune, ma pare che in quel palazzo nessuno abbia tempo.

Foto di Rete Ci siamo