Poiché il mio ragionamento sarà piuttosto articolato antepongo una breve sintesi degli argomenti.

1. Nulla sarà come prima: eventi recenti come la pandemia e la guerra in Ucraina hanno cambiato il mondo, mentre la crisi climatica ambientale aggravata da decenni dalle attività umane lo modifica in modi imprevedibili. 2. Sullo stato della crisi climatica tutti si affidano ai rapporti dell’Ipcc, senza considerare che è un organismo intergovernativo, cioè finanziato dai governi: il mio parere è che lo stato del clima abbia già superato delle soglie irreversibili. 3. La guerra in Ucraina ha innescato cambiamenti geopolitici radicali: si profila nel mondo una gravissima crisi alimentare; la transizione green comporta un ingente aumento della necessità di minerali strategici, per il possesso dei quali è prevedibile un aumento dei conflitti; gli Usa cercano in tutti modi il conflitto con la Russia, la guerra rischia di generalizzarsi, mentre l‘Europa subirà le conseguenze più gravi, e la NATO cerca di espandersi verso l’Asia-Pacifico in funzione anti Russia e Cina; sullo sfondo vi è una lotta senza esclusione di colpi per l’egemonia del dollaro; la recente votazione all’Onu per la condanna della Russia ha evidenziato – al di là dei numeri – una dissociazione di sostanza dei paesi del Sud dalle persistenti politiche degli Usa e dei paesi ex-coloniali, configurando un riposizionamento geopolitico che sembra desinato a radicalizzarsi. Si apre un mondo nuovo, nel quale dominano le incognite.

Nulla sarà come prima

La storia della società umana è cambiata sia attraverso trasformazioni graduali, sia con eventi repentini che ne hanno mutato il corso in modo radicale e definitivo. La frequenza, rapidità e profondità dei cambiamenti sono andate aumentando man mano che la società è divenuta più complessa e interconnessa. Nell’ultimo paio di anni si sono concentrati due eventi, ancora tutt’altro che conclusi, dopo i quali si può dire che nulla sarà come prima: mi riferisco alla pandemia – o meglio “la prima pandemia dell’Antropocene”, più propriamente “del Capitalocene” – e alla guerra in corso in Ucraina. Ma ad accentuare le incertezze sul futuro si aggiunge l’aggravamento della crisi climatica, certo non da ora. Nessuno di questi avvenimenti era ineluttabile. La Storia ci può dare insegnamenti, se non altro per cercare evitare errori che ci hanno condotto a queste situazioni.

La pandemia era ampiamente prevista da almeno un paio di decenni, esistevano formalmente persino dei “piani pandemici” anche se mai aggiornati, ma il suo scoppio ha colto almeno gli stati del nostro Occidente drammaticamente impreparati (avevano invece una certa preparazione paesi asiatici che avevano affrontato la precedente epidemia di Sars e altri allarmi): nessuna delle cause di fondo, che sono state ampiamente analizzate e denunciate, è stata rimossa o per lo meno contrastata, e le conseguenze su tutte le attività umane e sociali si vedranno nel futuro. Per esempio, un dato recente registra un aumento del 24% di alcolisti, e tanto più allarmante in maggior misura fra i giovani. Cominciano a vedersi ora le conseguenze sulle giovani generazioni che crescono all’interno di rapporti sociali, affettivi e formativi profondamente alterati.

Un discorso analogo vale per la crisi climatica, anch’essa tutt’altro che nuova o inaspettata se si pensa che esattamente 50 anni fa uscì il rapporto del Club di Roma, I Limiti dello Sviluppo, che prevedeva nella sostanza tutto quello che è accaduto.1

Ma anche per la guerra sferrata dal presidente Putin all’Ucraina è necessario precisare che, rifacendoci alla storia dell’Europa dei tre decenni successivi alla Caduta del Muro di Berlino, non vi era nulla che fosse inevitabile: rinvio per una discussione circostanziata, precedente alla guerra in Ucraina, al mio articolo con Tiziano Cardosi, “Che fine hanno fatto le aspettative e le speranze di pace dopo la caduta del Muro di Berlino?”.2 Riprendo solo un punto essenziale, il fallimento storico dell’Europa: alla quale spettava il compito di edificare un continente di pace e cooperazione, comprendente la Russia, mentre invece si è prestata, per totale subalternità ai voleri di Washington, ad accettare che la NATO non venisse sciolta ma si trasformasse in alleanza aggressiva (soprattutto verso la Russia), e ad istituire una Unione Europea in funzione di lusinga e ponte per l’adesione alla NATO; una UE priva di una politica estera autonoma, poiché viene decisa a Washington, disomogenea politicamente e socialmente, e divisa sulle questioni di fondo e sulle finalità, dal momento che i paesi ex-sovietici dell’Est erano portatori di finalità anti-russe diametralmente opposte agli interessi degli stati dell’Ovest, come oggi sta esplodendo in termini drammatici! Una UE che non ha saputo opporsi (anche a causa di questa disomogeneità) all’irresponsabile allargamento della NATO a Est. Perché deve essere chiaro che lo scopo degli Stati Uniti rimane una guerra alla Russia, e sembra incredibile che i politici europei non lo capiscano. Le contraddizioni di questa Europa si evidenziano dopo le elezioni in Ungheria e in Serbia, sulle forniture di armi pesanti all’Ucraina, e sulle scelte energetiche.

La crisi climatica non si arresta

Partirò dalla crisi climatica, che sembra oscurata dall’emergenza della guerra, ma certo non si ferma, ed anzi con ogni guerra si aggrava: mi colpisce che molti siano folgorati sulla via di Damasco per le devastazioni e le vittime di questa guerra (le vittime in questi mesi sono valutate in qualche migliaio, mentre sono passati nell’indifferenza gli oltre 14.000 morti della guerra nel Donbass che si protrae da otto anni! Poi ogni morto è un dramma): devastazioni e vittime in assoluto non paragonabili ai milioni di vittime delle guerre da quella del Golfo del 1991 (l’orrendo sterminio della “autostrada della morte”3, poi nella guerra all’Iraq del 2003, almeno un milione e mezzo di morti, di cui 500.000 bambini: quando la recentemente scomparsa ineffabile segretario di stato Madeleine Albright a domanda rispose “Ne valeva la pena”!4). In tempi non sospetti di influenza per l’attuale guerra scrivemmo con Marinella Correggia una ferma denuncia degli effetti ambientali non solo delle guerre, ma del complesso militare industriale, in primis il Pentagono.5

Ma torniamo alla crisi climatica, che ha qualche paragone solo in epoche geologiche passate: solo che ora si svolge in tempi infinitesimi rispetto alla storia della Terra, e a differenza di quelle passate è dovuta alla sconsiderata azione dell’uomo. La sfida è decisiva perché per venire superata (ammesso e non concesso che sia ancora possibile, v. oltre) esige di cambiare in modo radicale le logiche che hanno dominato per secoli, ma si sono esasperate con il capitalismo.

Mi appare singolare che per fare il punto sull’andamento di questa crisi tutti indistintamente facciano riferimento all’IPCC6, che non è affatto un organismo indipendente, ma un comitato intergovernativo, cioè finanziato dai governi, ovviamente in misura maggiore da quelli che della crisi climatica sono i principali responsabili: sembra un po’ come chiedere al ladro come rendere sicura la serratura. E a poco vale dire che siamo tutti nella stessa barca, perché c’è qualcuno che se non rema contro, spinge verso un approdo che più fa comodo ai propri interessi. Cosicché non è poi tanto strano che alla richiesta degli ambientalisti “fuori dai fossili” faccia riscontro il fatto che le grandi banche abbiano concesso al settore dei fossili ben 4,6 trilioni (migliaia di miliardi!) di dollari dal 2016 a oggi, o che le emissioni globali di CO2 dopo essere diminuite del 5,4% nel 2020, rimbalzino nel 2021 del 4,9%, tornando più o meno allo stesso livello del 2019. Ma ci voleva questa guerra per mettere a nudo la dipendenza vitale di tanti paesi europei dal gas russo? Gli Stati Uniti lo sapevano benissimo, da molti anni fanno di tutto per ostacolare le forniture di gas da Mosca, e ora colgono l’occasione premendo per le sanzioni alla Russia per fare affari con il proprio gas liquido, anche se si sa che non è affatto conveniente né sufficiente, e per giunta più inquinante.

Così i rapporti dell’intergovernativo IPCC non chiudono mai le prospettive di poter frenare il riscaldamento globale, stemperando il tempo che rimane all’umanità per non superare i fatidici 1,5o di aumento della temperatura globale in una serie di scenari a seconda di scelte più o meno energiche: cosicché chi supera un obiettivo può fregiarsene, anche se fallisce in altri.

George Bernard Shaw diceva “Per ogni problema complesso c’è sempre una soluzione semplice, che è sbagliata”. E in effetti sembra che vi siano certe caratteristiche dei sistemi complessi che vengono sottaciute. Credo che nel pubblico generale vi sia l’idea che in un sistema complesso perturbato se si eliminano le perturbazioni esso ritorni, sia pure lentamente e gradualmente, alle condizioni precedenti all’intervento delle perturbazioni. Ma un sistema altamente non lineare, quale è l’atmosfera terrestre, presenta evoluzioni irreversibili e imprevedibili. Certo si denuncia il pericolo di forzare “gli ecosistemi a punti di svolta, oltre i quali si verificano cambiamenti bruschi e possibilmente irreversibili”: ma questo ha conseguenze che possono invalidare qualunque previsione. Il persistere, o l’aggravarsi, delle perturbazioni può spingere lo stato del sistema a superare delle soglie oltre le quali esso imbocca una strada diversa, imprevedibile, e anche se si eliminassero le perturbazioni non tornerebbe nelle condizioni precedenti. Ad aggravare l’incertezza, vi sono dei meccanismi di feedback (retroazione) che possono essere forzanti o smorzanti, ed effetti sinergici, che si rafforzano o si indeboliscono a vicenda.

Mi limito ad alcuni esempi. Lo scioglimento dei ghiacci scopre la superficie della terra o dell’acqua che assorbono maggiormente la radiazione solare: il permafrost ghiacciato che scongela libera metano, un gas con potere climalterante molto maggiore della CO2 (in effetti i livelli di metano nell’atmosfera hanno già segnato un record nel 2021, soprattutto dalla produzione e l’uso dei combustibili fossili). La distruzione delle foreste aggrava questo effetto, ed incrementa i processi irreversibili di desertificazione. Come pure l’urbanizzazione. L’agricoltura intensiva impoverisce irreversibilmente i terreni, e riduce gli habitat naturali. La perdita di biodiversità degli habitat si autoalimenta, specie viventi si estinguono a ritmi preoccupanti tanto da venire denunciato l’inizio della sesta estinzione di massa. È ampiamente riconosciuto che il degrado degli ambienti naturali, l’urbanizzazione, l’allevamento e l’agricoltura intensivi, hanno alimentato “la prima pandemia dell’Antropocene”: ma ormai il diavolo è uscito dalla bottiglia!

Ancora un esempio, il riscaldamento delle regioni artiche sta indebolendo la corrente del Golfo, che potrebbe in futuro annullarsi, o addirittura invertirsi: gli effetti sarebbero drastici, un raffreddamento delle cose atlantiche dell’Europa e un riscaldamento di quelle orientali degli USA, un maggiore concentrazione di calore nei Caraibi. Già si vede l’aggravamento di eventi estremi in queste regioni.

Insomma, anche solo sbirciano nella sfera di cristallo, è difficile immaginare segnali positivi per il futuro del pianeta.

E questo senza mettere nel conto l’eventualità di un conflitto nucleare: che viene evocato nella possibile evoluzione della guerra in Ucraina, come se non fossero le “modernizzazioni” stesse degli armamenti nucleari a rendere da anni questa eventualità sempre più drammatica!7

Consola registrare una sana reazione di una componente della comunità scientifica indipendente, passata ovviamente sotto silenzio dai media. Il 6 aprile più di 1.000 scienziati in tutto il mondo si sono incatenati alle porte delle banche amiche del petrolio, hanno bloccato i ponti, occupato i gradini degli edifici governativi per inviare un messaggio urgente alla comunità internazionale: la crisi ecologica sta accelerando, e solo una “rivoluzione climatica” potrà per evitare la catastrofe. «I leader mondiali stanno ancora espandendo l’industria dei combustibili fossili il più velocemente possibile, ma questo è folle».8 Vari dimostranti sono stati arrestati, ça va sans dire.

Ma, per converso, si delinea il più forsennato attacco del capitale per finanziarizzare tutta la Natura e la vita stessa, si chiama NAC (Natural Asset Company), annunciato dalla Borsa di New York, basato sulla mercificazione per estrarre profitti su tutto. La creazione di questa nuova classe di attivi finanziari metterà infatti in vendita non solo le risorse naturali, ma gli stessi processi alla base della vita.9

Ormai dire che siamo alla follia è un eufemismo: si aspetta la reazione dell’umanità!

Il giorno dopo la guerra

Con l’evolvere della guerra risulta sempre più evidente che gli equilibri (o squilibri) globali sono sconvolti per sempre e nulla tornerà come prima: il futuro è impossibile da prevedere, ma si delineano indizi sui quali ritengo importante riflettere, per cercare di non inseguire gli eventi. Le considerazioni che farò non seguono un ordine logico, e neanche di importanza, perché credo che un po’ tutti brancoliamo per orientarci.

[a] Lievitazioni dei costi e scarsità alimentari, altro che debellare la fame nel mondoLa prima considerazione è che con questa guerra la crisi climatica sembra passata in secondo piano, i progetti di ripresa e resilienza saranno da rivedere: anche perché i soldi se li stanno divorando il folle aumento delle spese militari e la dissennata corsa al riarmo: ma era già chiaro che queste sono le priorità e la molla dall’economia, in tutto il mondo, lo stato di guerra lo ha solo evidenziato, ma anche reso più accettabile, come una necessità, dall’opinione pubblica.

Eppure le conseguenze anche ambientali e sociali di questa guerra e dei suoi sviluppi aprono scenari drammatici. I disordini e le interruzioni causati dalla guerra in Ucraina hanno fatto impennare i prezzi alimentari globali a massimi storici: i prezzi sono saliti per grano, olio vegetale, mais, cereali, minacciando gravissime carenze alimentari, sopratutto in Africa e Medio Oriente. La Russia e l’Ucraina, le cui vaste regioni produttrici di grano sono tra i principali panieri del mondo, rappresentano un’enorme quota delle esportazioni mondiali di diversi prodotti di base, tra cui grano, olio vegetale e mais, i cui prezzi hanno raggiunto il mese scorso i livelli più alti di sempre. I porti ucraini sono stati chiusi da un blocco russo e c’è preoccupazione per il raccolto di quest’anno, dato che la guerra infuria durante la stagione della semina.10

Secondo le Nazioni Unite, la Russia e l’Ucraina producono circa il 30% della fornitura mondiale di grano e il 20% delle esportazioni di mais. L’Ucraina è anche il principale esportatore mondiale di olio di semi di girasole, e la Russia è al secondo posto. Secondo un rapporto dell’Onu di un paio di mesi fa, gli indici dei prezzi dei cereali e delle verdure sono aumentati rispettivamente di circa il 17% e il 23%. Anche gli indici dei prezzi dei prodotti lattiero-caseari, della carne e dello zucchero sono aumentati, anche se in misura minore, rispettivamente del 3%, 5% e 7% circa.

Ma l’aumento dei prezzi sta investendo tutti i settori.

[b] Minerali strategici per la transizione green: guerre future per le risorse esauribili? Il neo-neo-colonialismo che verrà11Credo, purtroppo, che il futuro con ogni probabilità non sarà di pace: non solo per la lotta per la supremazia fra le potenze (su cui tornerò), ma nientemeno che per la cosiddetta “transizione green“. Il “tutto rinnovabili” non è esente da problemi, se non si mette in discussione l’intero modo di produrre e di consumare.

Penso che non molti ambientalisti abbiano chiaro che «gli impianti solari fotovoltaici, i parchi eolici e i veicoli elettrici impiegano più minerali rispetto a quelli alimentati con combustibili fossili: un’auto elettrica richiede sei volte l’apporto di minerali di un’auto convenzionale, e un impianto eolico a terra nove volte più di un impianto a gas. Dal 2010 la quantità media di minerali necessari per unità di generazione di energia è aumentata del 50% grazie all’aumento delle energie rinnovabili» (IEA, International Energy Agency, 2021). La richiesta di minerali strategici aumenterà vertiginosamente nel futuro: nomi strani, terre rare, neodimio, disprosio, ittrio, terbio, e via dicendo.

Gli Stati Uniti considerano 35 minerali strategici critici per la sicurezza nazionale: tradotto, faranno delle guerre per procurarseli! Un bel problema dato che le riserve delle terre rare (più propriamente rarefatte, per la bassissima concentrazione nelle rocce) si trovano in larghissima misura in Cina e in Russia! La lotta per le risorse esauribili e non rinnovabili è destinata ad esasperarsi. L’Africa ne è particolarmente ricca, depositi di oro, ferro, bauxite, rame, carbone, titanio, uranio e altri minerali non ancora sfruttati. Giacimenti di Coltan nella Repubblica Democratica del Congo, minerale necessario alla produzione di apparati elettrici come gli smartphone. Ma sono ben note le condizioni di brutale sfruttamento anche della mano d’opera infantile, nonché le drammatiche ricadute ambientali di queste lavorazioni. Insomma l’accelerazione green delle economie dei paesi ricchi potrebbe basarsi su un aggravamento black (se non red blood) delle condizioni dei paesi poveri sfruttati, senza che essi ricevano neanche le briciole dei vantaggi. Altro che “giustizia climatica”! Risuona la frase del Gattopardo di Tomasi da Lampedusa «Cambiare tutto per lasciare tutto come sta». Solo che ora il tempo è quasi scaduto!

La verità è che la guerra è sempre più la modalità di funzionamento della società capitalista.

[c] Si conferma la vocazione bellica e aggressiva degli USAEmerge con crescente evidenza che gli Stati Uniti vogliono in tutti i modi che la guerra continui, ostacolando tutte le prospettive di negoziato, inzeppando l’Ucraina di armi (e militari, ma non da oggi), e trascinando con sé gli stati europei. Si affaccia lo spettro che questa guerra possa ampliarsi e generalizzarsi. Per quanto mi riguarda questa constatazione è la conferma della vocazione bellica degli Stati Uniti fin dalla loro formazione (l’ho discusso più volte in dettaglio in scritti passati12). Ovviamente tutto questo rende il futuro assai più incerto, ed anche allarmante.

La verità è che dopo la dissoluzione dell’URSS gli Stati Uniti hanno individuato la Russia comunque come il nemico, da battere: per un decennio hanno cercato di disgregarla avvalendosi del Far West economico e politico del Paese apertosi negli anni Novanta con la presidenza di Boris Yeltsin. Non sono un esperto di questioni della Russa per cui riprendo questa citazione13: “mi pare che spesso si dimentichi che dal 1998 Putin ha saputo rimettere la Russia in carreggiata, ridare l’orgoglio di appartenenza al suo popolo, approfittare (nei tempi buoni) degli alti prezzi del petrolio per fare ripartire la macchina economica e infine ridare un ruolo internazionale a un Paese che è pur sempre il più esteso del mondo ed il più ricco di materie prime. Chi ha un po’ di memoria e vuole confrontare la Russia di oggi con quella degli ultimi anni della presidenza Yeltsin potrà ricordare cosa significava per la nostra tranquillità il regime di semi-anarchia in cui armi russe venivano vendute a chiunque, i siti nucleari erano in rovina e nessuno sapeva come o chi li stesse controllando. Con il forte rischio che parte del materiale nucleare pericoloso finisse in mani criminali.” Senza ovviamente nulla concedere al personaggio non dimentichiamo quando la popolarità di Putin in Russia superava il 90%.

[d] Il resistibile suicidio dell’Europa. E l’ulteriore offensiva della NATOHo discusso sopra il fallimento storico dell’Europa dopo la Caduta del Muro, ma questa guerra sta evidenziando altri risvolti. Soprattutto la Germania mostra un svolta profonda rispetto all’epoca Merkel. Non solo emerge la modesta levatura del cancelliere Scholz (opinione personale), ma i Verdi stanno portando un notevole cambiamento di rotta. Sul piano della politica climatica, affidata al ministero degli Esteri guidato dall’ex leader del partito dei Verdi Annalena Baerbock, non può non colpire l’affidamento dell’incarico di inviata speciale della Germania per la protezione internazionale del clima ad un esponente straniero certo di spicco, la direttrice esecutiva di Greenpeace International, la statunitense Jennifer Morgan (sposata con un tedesco, la naturalizzazione sarà rapida), che guida l’associazione dal 2016: la Morgan in particolare sarà incaricata dell’organizzazione della conferenza mondiale annuale sul clima (COP). Per chi non la conosca, Jennifer Morgan è stata dal 2015 presidente di SAP Nord America, dove ha sì colmato il divario retributivo di genere in SAP comunque la sua retribuzione è (per lo meno) stata superiore a 1,5
milioni di dollari.

Tornando alla guerra, la fortissima pressione di Washington per l’inasprimento delle sanzioni economiche a Mosca e il rifiuto del gas russo (di cui esaminerò poi altri aspetti) minacciano concretamente di condurre l’Europa ad una seria recessione. Un suicidio per una causa che spettava all’Europa disinnescare e risolvere per il bene di tutti!

Ma si arriva a un’evidente umiliazione dell’Europa, come osserva Domenico Gallo, «quando il Presidente americano Biden è venuto a Bruxelles per partecipare non solo al vertice straordinario della NATO e al G7 straordinario convocato dalla Germania, ma anche al Consiglio europeo, convocato per il 24 e 25 marzo, per una discussione sul sostegno all’Ucraina e al suo popolo e sul rafforzamento della cooperazione transatlantica in risposta all’aggressione russa. Il Consiglio europeo è la massima istituzione dell’UE che definisce priorità e orientamenti politici generali dell’Unione europea. Il fatto che vi partecipi il Presidente degli Stati Uniti a dettare la linea all’Unione Europea non può che inquietarci. In realtà la presenza di Biden in quel consesso rafforza lo schiacciamento dell’UE sulla NATO14

Ma ovviamente la novità più evidente della politica tedesca è la decisione del balzo della spesa militare. Questa decisione si inquadra in quella di tutti i paesi europei di potare la spesa militare al 2% del Pil come da anni chiede la NATO. La decisione di Berlino di inviare armi pesanti all’Ucraina va contro decenni di politica di difesa tedesca. Senza contare la dissonanza con il rifiuto del presidente ucraino Zelensky di ricevere il presidente della repubblica tedesca Steinmeier.

Non mi sembra superfluo riprendere un’osservazione che è stata fatta più volte. L’Europa non spende poi tanto poco per la difesa, ma certamente spende male perché lo sforzo economico è distribuito in modo inefficiente tra 27 forze armate diverse, con ovvi sprechi per costi fissi, imperfetta standardizzazione ed interoperabilità, duplicazioni. Queste si potrebbero eliminare se si avesse un esercito europeo, una marina europea ed un’aviazione europea: lo dico senza sbilanciarmi perché nutro forti riserve su un esercito europeo, tanto più nel frangente attuale.

Ma ancora, e soprattutto, a questa chiamata dell’Europa alle armi, fa riscontro la nuova offensiva di allargamento della NATO. L’attenzione si concentra sull’intenzione della Svezia e della Finlandia di chiedere l’adesione all’Alleanza. Particolarmente grave la seconda, che rinuncerebbe alla neutralità ed entrerebbe nei giochi politici e militari della NATO: è lecito nutrire qualche dubbio che sia un vero affare. Per inciso, anche l’Irlanda è membro della UE con lo status di neutralità, si spera che non accada che un ciliegia tira l’altra.15

Meno scalpore ha fatto nelle notizie monopolizzate dalla guerra Ucraina l’offensiva verso l’Asia-Pacifico per unire un fronte con paesi alleati per isolare la Russia e creare un fronte per contrastare la Cina. “Ma gli analisti ritengono che gli Stati Uniti stanno costringendo più paesi a scegliere da che parte stare nella crisi e la stanno usando come un’opportunità per aiutare l’espansione globale della NATO.”16

Fra l’altro, al vertice di Madrid a giugno verrà finalizzato il prossimo concetto strategico della NATO, che dovrà tenere conto delle future relazioni della NATO con la Russia, e della crescente influenza della Cina sulla sicurezza degli alleati: credo che non ci sia da aspettarsi nulla di buono! I paesi Europei si confermeranno succubi dei voleri di Washington?

Per la cronaca, come candidati in pectore per il rinnovo del ruolo di segretario della NATO sembrano in prima fila Draghi, Gentiloni e …Letta: altra previsione che non dice nulla di buono, dato che l’Italia è da sempre il primo della classe per “fedeltà atlantica”.

Una ulteriore incognita che non si deve trascurare è il livello di gradimento in picchiata di Biden negli Stati Uniti: anche qui le prospettive future non fanno presagire nulla di buono.

[e] Per un pugno di dollari! Ma c’è un motivo più di fondo nell’accanimento di Biden per inasprire le sanzioni economiche alla Russia: il dominio del dollaro. Nessun paese ha sfidato con successo l’egemonia globale del dollaro USA prima d’ora. Senza seguire le varie svolte e peripezie (che vanno al di là delle mie competenze), i tentativi di svincolarsi dal dominio del dollaro sono costati la vita prima a Saddam Hussein, il quale vendette il petrolio iracheno in Euro, poi a Gheddafi, il quale progettava di creare una nuova valuta panafricana. Nicolas Sarkozy arrivò a definire la Libia una “minaccia alla sicurezza finanziaria del mondo”. Ma le “guerra all’ultimo dollaro” si inasprisce.

«I critici stranieri hanno sempre stigmatizzato il “privilegio esorbitante” che ha il dollaro USA come valuta di riserva globale. Gli Stati Uniti possono emetterla sostenuti nient’altro che dalla “piena fede e credito degli Stati Uniti “. I governi stranieri, avendo bisogno di dollari, non solo li accettano nel commercio, ma acquistano titoli statunitensi, finanziando efficacemente il governo statunitense e le sue guerre estere. Ma nessun governo è stato abbastanza potente da rompere quell’accordo fino ad ora. Come è successo e cosa significherà per gli Stati Uniti e le economie globali?»17

Xi Jimping e Vladimir Putin hanno sottolineato l’esigenza di accelerare il processo di strutture finanziarie indipendenti per gli scambi Russia Cina. Con la guerra in Ucraina il distacco della Russia dal dollaro è diventato vitale. Le sanzioni provocano la prima sfida da parte di una potenza al petrodollaro e al sistema occidentale della finanza. L’11 marzo l’Unione Economica Eurasiatica (EAUE: Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Bielorussia e Armenia) e la Cina hanno concordato di progettare un meccanismo per un sistema monetario e finanziario internazionale indipendente.

Insomma, nel futuro la guerra finanziaria potrebbe esasperarsi, con conseguenze imprevedibili.

[f] Il mondo non sarà più come prima: ma come cambierà? Un nuovo contesto geopoliticoUna situazione sulla quale mi sembra che non molti commentatori insistano abbastanza è un sostanziale riposizionamento degli schieramenti politici mondiali, che certamente covava da tempo ma si è manifestato in occasione del voto del 2 marzo all’Assemblea Generale dell’ONU sulla risoluzione che condannava l’invasione russa. Al di là dei risultati della votazione, il fatto veramente significativo è che l‘81% delle nazioni del mondo non ha aderito alle sanzioni contro la Russia!18 (vedi mappa, in grigio le nazioni che non hanno aderito) È vero che il 19% delle nazioni che applicano le sanzioni detengono il 59% del Pil mondiale, ma la nuova divisone del modo appare eclatante; d’altra parte quello che la Russia non può ottenere dal 19% delle nazioni lo può ottenere per triangolazioni dai paesi dell’81%.

 


Figura – Il fronte di Paesi che non hanno aderito alle sanzioni contro la Russia comprende Cina, India, gli Stati dell’America Latina e dell’Africa, Israele e gli Stati arabi. Verde chiaro: nazioni che hanno imposto sanzioni; verde scuro nazioni della UE che hanno imposto sanzioni congiunte (fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Sanzioni_internazionali_durante_la_crisi_russo-ucraina)

Segnalo alcuni commenti: il non allineamento motiva la spinta africana per il dialogo sull’Ucraina; perché i leader africani non appoggeranno l’Occidente sull’Ucraina.19

«La reazione e il tono del dibattito, dicono gli analisti, segna una svolta nel modo in cui i diplomatici e gli osservatori di politica estera continuano a vedere l’Africa come omogenea, senza le sfumature di 54 nazioni sovrane che agiscono ciascuna sulla base di complessi interessi diplomatici ed economici. … E sembra che la messaggistica proveniente dalla Cina guadagni più trazione. È più attraente per i paesi africani che stanno cercando di affermare la loro forza politica. … L’astensione può non tradursi necessariamente in una posizione pro-Russia ma in una posizione allineata alla Cina. … Vi sono anche voci sulla “ipocrisia” nell’imporre sanzioni che hanno un impatto sui paesi africani, mentre l’Europa ha speso 35 miliardi di euro (38 miliardi di dollari) in energia russa dall’inizio della guerra. … La brusca uscita degli Stati Uniti dall’Afghanistan e le orribili scene di persone aggrappate agli aerei hanno fatto sì che alcuni politici africani vedano Washington come un partner inaffidabile che metterà al primo posto le sue esigenze di sicurezza.»

Segnalo a questo proposito l’interesse di un lungo e complesso articolo di Franco Berardi Bifo, dal quale mi limito a citare un passo che mi sembra estremamente significativo:20

«La guerra inter bianca fa sì che paradossalmente il mondo si divida lungo linee inedite, che non hanno molto a che vedere con l’ideologia o con la geopolitica, e hanno molto a che vedere con la storia della colonizzazione e dello sfruttamento razziale.

Quando all’ONU è stata presentata la proposta di condanna dell’invasione russa, i paesi più popolosi – India, Pakistan, Indonesia, Sud Africa – si sono astenuti insieme alla Cina. Viene a delinearsi per la prima volta uno scenario geopolitico che corre lungo la linea di frattura coloniale. Gli imperi bianchi del passato si scontrano o si coalizzano, mentre all’orizzonte emerge il mondo non bianco.» [neretto mio]

Con il consenso dell’autore, Leonardo Bargigli, che ringrazio, riporto un passo interessante e i dati da una sua recente conferenza: «Guardiamo gli stati che hanno deciso di imporre sanzioni contro la Russia, ovvero l’Occidente: sono 39 stati che pesano per il 13% della popolazione ma per il 53% del reddito globale. Sono i paesi ricchi, che cercano di impedire al resto dell’umanità di svilupparsi. Nel 1960 il peso di questi stati sul reddito globale era del 76%, vediamo quindi che la loro quota è diminuita. Consideriamo dall’altra parte gli stati che si sono rifiutati di condannare la Russia all’assemblea dell’ONU: 52 stati che pesano per il 27% del reddito globale e per il 58% della popolazione mondiale. Sono paesi classificati a reddito medio-basso (come l’India) o medio-alto (come Cina e Russia). Il peso economico di questi stati nel 1960 era il 6%, quindi sono cresciuti molto. Attenzione però, tolta la Cina, il resto dei paesi in questo gruppo pesa per il 9% in termini di reddito, e qui dentro rientra l’India, che rappresenta il 3% del PIL globale e ben il 18% della popolazione. Quindi, se si fa eccezione per la Cina e alcuni altri paesi del sud-est asiatico come il Vietnam, permane una situazione di grandissima disuguaglianza a livello internazionale. E nell’ultimo decennio, sempre fatta eccezione per Cina e Asia, le cose non sono affatto migliorate. Il reddito pro-capite delle popolazioni sudamericane è più basso nel 2020 di quanto lo fosse nel 2010, stessa cosa vale per l’Africa e il medio oriente. Nello stesso periodo, i dividendi dell’imperialismo hanno fruttato agli USA una crescita del reddito medio pari all’11%. Gli USA hanno difeso la propria quota di reddito molto meglio dei paesi UE.

Le popolazioni del Sud del mondo conoscono bene la prepotenza del colonialismo e del razzismo occidentali, e soffrono quotidianamente per l’impatto di sanzioni economiche pesantissime imposte dall’occidente, come a Cuba, Venezuela, Iran. A chi pensate che vada la simpatia della maggioranza dell’umanità, quella che vive nei paesi del sud del mondo? Non certo a favore dell’Occidente!»

L’alba del giorno dopo non è ancora spuntata: continua un dormiveglia agitato da incubi

Sono scoccati due mesi dall’attacco russo all’Ucraina e non si vede la fine dell’incubo. Segnalo le pagine esterne del Fatto Quotidiano del 24 aprile, uno dei pochi giornali con L’Avvenire ad avere mantenuto una posizione equilibrata e critica e un’informazione imparziale: «A che punto è la guerra – Cosa è successo in due mesi e cosa può accadere», tre articoli di Fabio Mini, Alessandro Orsini, e Lorenzo Giarelli.

La contraddizione di fondo che emerge da questa guerra è eclatante e, questa sì, disarmante: ma tutt’altro che inattesa per chi abbia seguito gli eventi in questi anni.

Mini fa accuratamente il punto della situazione sul terreno sulla base della cartina con le freccette che il Ministero della Difesa britannico diffonde e aggiorna tramite la Bbc: «Questa fase di consolidamento della penetrazione russa potrebbe preludere a una riapertura dei negoziati che possano stabilizzare tutta l’Ucraina. Ma non sembra che questa sia l’intenzione dei governi occidentali, compreso il nostro. [Mentre] l’impegno americano e di quasi tutti i paesi della NATO [è di] fornire armi all’Ucraina non tanto per difenderla quanto per fare di essa la propaggine più avanzata della minaccia alla Russia.»

Orsini osserva: «Quale pace abbia in mente l’Occidente non è chiaro … La Casa Bianca non vuole la pace con la Russia in Ucraina. Biden ambisce a creare un spaccatura profondissima tra la Russa e l’Europa per ricavare benefici economici, politici e militari. … Il fatto che la Casa Bianca non voglia la pace ha ripercussioni importanti sull’Europa, giacché il terzo paese più importante dell’UE, l’Italia, è un paese satellite degli USA … Draghi è il Lukashenko di Biden e l’Italia è la Bielorussia degli Stati Uniti. … La subordinazione del governo Draghi alla Casa Bianca rappresenta un ostacolo alla pace con la Russia». D’altra parte, in Europa c’è un governo non asservito agli USA, la Francia: che però, a parte il risultato delle elezioni, «deve ancora trovare il proprio ruolo nell’UE dopo l’uscita del Regno Unito». «Per concludere, non esistono prospettive di pace se l’UE non è disposta a concedere qualcosa a Putin che non sia un semplice invito ad abbandonare l’Ucraina senza niente in cambio.»

Tornando a Mini, «Ciò che sembra oggi più probabile è che all’eventuale ‘missione speciale’ compiuta dai russi corrispondano soltanto misure concrete per passare alla guerra: lunga e totale.»

Non ho intenzione di trarre delle conclusioni: il mio scopo era solo di cercare di tracciare (con tutti i limiti) un quadro della profondità dei cambiamenti innescati dalla pandemia, dalla guerra in Ucraina, e da molti decenni dalla crisi climatica e ambientale, per stimolare a discutere come nulla tornerà come prima. Anche se nessuno ha la sfera di cristallo, ritengo importante cominciare a interrogarci su un futuro denso di incognite e di sfide, anche per cercare dalle esperienze passate di evitare tanti errori che sono stati fatti.

1. Rinvio all’analisi di Giorgio Ferrari, “L’ultimo rapporto sul futuro”, La Bottega del Barbieri, 2 dicembre 2019, https://www.labottegadelbarbieri.org/lultimo-rapporto-sul-futuro/.

2. Baracca e Cardosi, Ricorsi storici: dalla cesura storica della Caduta del Muro, a quella della prima pandemia dell’Antropcene. Qualche possibile ispirazione“, PeaceLink, 19 novembre 2021, https://www.peacelink.it/pace/a/48865.html.

3. Gianni Monti, “Guerra del Golfo: lo sterminio del 26 febbraio 1991”, Pressenza, 24 febbraio 2020, https://www.pressenza.com/it/2020/02/guerra-del-golfo-lo-sterminio-del-26-febbraio-del-1991/.

4. Baracca, “20 marzo 2003: iniziava l’invasione dell’Iraq, il ‘caos creativo’ ideato dai neocon, che continua a devastare il Medio Oriente”, Pressenza, 18 marzo 2019, https://www.pressenza.com/it/2019/03/20-marzo-2003-iniziava-linvasione-delliraq-il-caos-creativo-ideato-dai-neocon-che-continua-a-devastare-il-medio-oriente/.

5. Baracca e Correggia, “Non dimentichiamo che anche le guerre e il complesso militar industriale uccidono il clima, oltre ai popoli!”, Pressenza, 27 settembre 2019, https://www.pressenza.com/it/2019/09/non-dimentichiamo-che-anche-le-guerre-e-il-complesso-militar-industriale-uccidono-il-clima-oltre-ai-popoli/.

6. 2018, https://www.pressenza.com/it/2018/10/lallarme-sul-riscaldamento-globale-potrebbe-essere-piu-grave-di-quanto-viene-valutato/#sdfootnote1anc; 2019, https://www.pressenza.com/it/2019/05/emergenza-ambientale-ma-non-solo-co2/.

7. Scrissi il seguente articolo molto circostanziato e documentato il 20 febbraio (pubblicato il 21), quattro giorni prima che iniziasse l’attacco all’Ucraina, per cui non era influenzato dagli eventi e dagli sviluppi bellici: Baracca, “Sulle armi nucleari: innovazioni, aggiornamenti, e … i rischi aumentano!”, Pressenza, 21 febbraio 2022, https://www.pressenza.com/it/2022/02/sulle-armi-nucleari-innovazioni-aggiornamenti-e-i-rischi-aumentano/.

8. Dozens Arrested as Scientists Worldwide Mobilize to Demand ‘Climate Revolution’“, Common Deams, 7 aprile 2022, https://www.commondreams.org/news/2022/04/07/dozens-arrested-scientists-worldwide-mobilize-demand-climate-revolution.

9. Marco Bersani, “Ultimo assalto alla natura: gli ecosistemi quotati in borsa, Attac Italia, 23 aprile 2022, https://www.attac-italia.org/ultimo-assalto-alla-natura-gli-ecosistemi-quotati-in-borsa/.

10. Ho trovato illuminante la lettera invita a Pressenza da un italiano che vive in Ucraina (https://www.pressenza.com/it/2022/04/laltro-volto-della-guerra-testimonianza-di-un-italiano-dallucraina-dimenticata/) che raccomando assolutamente di leggere: rende evidente come nella vasta regione agricola che non è stata toccata dalla guerra tutto sia fermo, con carenze drammatiche e conseguenze tragiche, sia alimentari e sanitarie, arresto di tutte le attività. Anche lo stato d’animo della gente, e le opinioni, differiscono profondamente dalle notizie mainstream che riceviamo.

11. Per le considerazioni che seguono sono debitore a Giorgio Ferrari.

12. Il mio più recente: Baracca, “Potenza nucleare, imperialismo inveterato e maschilismo bianco degli Stati Uniti”, Pressenza, 7 ottobre 2021, https://www.pressenza.com/it/2021/10/potenza-nucleare-imperialismo-inveterato-e-maschilismo-bianco-degli-stati-uniti/.

14. Domenico Gallo, “Se la guerra annulla l’Europa”, 25 marzo 2022, https://www.domenicogallo.it/2022/03/se-la-guerra-annulla-leuropa/.

15. Jonathan Gorvett, “Will Russia’s War End Irish Neutrality? – A key pillar of Dublin’s foreign policy may be another casualty of the conflict”, Foreign Policy, 21 aprile 2022, https://foreignpolicy.com/2022/04/21/irish-neutrality-russia-war-ukraine-foreign-policy-martin/.

16. Liu Xin e Xu Yelu, “US, NATO seek united front with Asia-Pacific allies to isolate Russia, pressure China over Ukraine crisis”, Global Times, 7 aprile 2022, https://www.globaltimes.cn/page/202204/1258771.shtml.

17. Ellen Brown, “L’imminente rivoluzione finanziaria globale: la Russia segue il copione americano”, tradotto in Rifondazione, Esteri e Pace, 21 aprile 2022, http://www.rifondazione.it/esteri/index.php/2022/04/21/limminente-rivoluzione-finanziaria-globale-la-russia-segue-il-copione-americano/.

18. Ringrazio Alessandro Marescotti per queste informazioni e questi dati, la sua presentazione è la segunte e contiene ovviamente considerazioni molto interessanti: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Sanzioni_internazionali_durante_la_crisi_russo-ucraina.

19. Colum Lynch, “The West Is With Ukraine. The Rest, Not So Much”, Foreign Policy, 30 marzo 2022, https://foreignpolicy.com/2022/03/30/west-ukraine-russia-tensions-africa-asia-middle-east/. Nosmot Gbadamosi, “Why African Leaders Won’t Back the West on Ukraine”, Foreign Policy, 13 aprile 2022, https://foreignpolicy.com/2022/04/13/africa-ukraine-west-russia-war-nonalignment/.

20. Franco Berardi, “Il precipizio”, Comune.info, 12 aprile 2022, https://comune-info.net/il-precipizio/.