ManifestA, quattro donne hanno formato in questi giorni una nuova componente alla Camera che si richiama alla sinistra, al pacifismo, all’ecologismo. Ne parliamo con Simona Suriano, portavoce della nuova componente.

In primo luogo di sinistra, dopo che tante volte la sinistra è stata dichiarata morta, cosa significa essere di sinistra nel terzo millennio?

Per me essere di sinistra vuol dire dare ascolto e provare a portare soluzioni concrete ai tanti disagi che quotidianamente diverse fasce della società vivono. Penso ai disabili, all’accesso gratuito alla sanità, ad una scuola che educhi i ragazzi a costruire una società più equa. Parlare di redistribuzione dei redditi e parlare dei nuovi poveri (che sono pure le partite Iva, i lavoratori precari). Se da un lato è giusto e sacrosanto come Stato pensare alla crescita economica questa non può e non deve avvenire a scapito dei lavoratori o dell’ambiente o far sì che la ricchezza si concentri in solo poche mani. La sinistra non è mai morta, grazie alle tante associazioni e movimenti e alla reti di solidarietà che spesso arrivano dove lo Stato non arriva.

Nella conferenza stampa di presentazione tu hai sottolineato il fatto di essere portavoce nelle lotte sociali, delle istanze dal basso; in effetti quella che si chiamava “società civile” pare poco rappresentata in parlamento. Puoi sviluppare questo tema?

Da quando son diventata portavoce ho interloquito con diverse associazioni e organizzazioni di diverso tipo. Molte delle istanze purtroppo non trovano spazio nei dibattiti parlamentari causa i continui decreti d’urgenza e una tendenza a ridurre il lavoro parlamentare e a fare tutto a livello governativo. È stato infatti per noi un grande onore dare spazio alla Camera l’altro giorno agli studenti che han voluto direttamente dalle aule di Montecitorio rispondere all’informativa della Ministra degli Interni sulle violenze verso gli studenti. Per me questo è il modello ideale di rappresentare le voci della società civile. Farli parlare direttamente o dentro le aule parlamentari per il nostro tramite.

Un’altra novità che mi ha piacevolmente colpito: è apparsa la parola “pacifista”: quanto abbiamo bisogno di pacifisti e di nonviolenti in parlamento e nella società?

La guerra non è e può essere mai la soluzione ai problemi. In ogni caso a pagare il prezzo più alto sono sempre i cittadini e mi stupisco come ancora oggi, dopo due guerre mondiali e tanti conflitti ancora irrisolti (pensiamo allo Yemen, alla guerra decennale in Siria, dove in questi giorni la collega Ehm si è recata) o all’inutile e costosissima guerra in Afghanistan dove alla fine rimangono solo macerie, sofferenze e dolore. Troppi interessi particolari e concorrenza tra Stati per la supremazia e l’acaparrarsi delle risorse hanno reso più povera la maggioranza della popolazione globale. Ed inevitabilmente gli effetti sono quelli che i fautori stessi delle guerre poi si lamentano sulle emigrazioni. Il Parlamento purtroppo, nonostante il dettato costituzionale parli chiaro sul ripudio alla guerra, oggi è saldamente collocato entro gli schemi della Nato che valuta altri aspetti non certo quelli dei diritti umani e delle conseguenze nefaste delle guerre.

Voi rivendicate un ecologismo radicale. Tu ti sei impegnata in prima persona per appoggiare e difendere gli ecologisti di Extinction Rebellion. Quanto è evidente il greenwashing dominante e cosa si può fare per combatterlo?

Il finto ambientalismo di questo governo e di questo ministro della Transizione Ecologica è sotto gli occhi di tutti. Basti pensare che l’Italia non si è opposta all’inserimento nella tassonomia europea di gas e nucleare… Non certo energie rinnovabili o sostenibili. Anche su questi temi vogliamo essere presenti e da stimolo per una presa di posizione netta e realmente ambientalista dell’Italia. Oggi è più una moda parlare di ambiente ma effettivamente poco si fa per invertire la rotta (anche per non nuocere i colossi del gas e del nucleare).

Una componente parlamentare di 4 donne: in un’epoca di parità di genere decorativa qual è la forza autentica del femminile, in cosa il femminile può guidare il cambiamento della società?

Noi ci siamo ritrovate sui temi. Non abbiamo enfatizzato il fatto di essere una componente solo femminile (ma non abbiamo alcuna preclusione verso il genere maschile che voglia seguire il nostro percorso) ma è forse la prova concreta che essere donne, fare politica e voler dare una mano alla soluzione dei problemi è più una questione di volontà che di “leggi”. Le leggi che tutelano la parità di genere sono giuste e vanno migliorate per dare a tutte le donne gli strumenti per essere protagoniste. Ma occorre anche tanto lavoro a livello educativo e sociale. Spesso i limiti vengono dagli ambienti in cui viviamo e dalla diffidenza degli uomini al potere verso il gentil sesso.