C’è il Viktor Orban ultraconservatore, ultra nazionalista, ultracattolico. L’uomo che da 11 anni guida l’Ungheria riproponendo i valori cristiani, non accogliendo e attaccando gli stranieri e trovando consensi nella destra estrema di tutta Europa.

C’è però anche il Viktor Orban che strizza l’occhio all’Islam, rispolverando i secoli in cui la Turchia dominava il Paese e lo fa ristrutturando le tombe dei santi sufi, ad esempio quella di Gul Baba, diventato come Santo Stefano “santo patrono di Budapest”.

Crea sconcerto in molti osservatori e troppe cancellerie la schizofrenia di Orban, signore e padrone dell’Ungheria. Eppure, a leggere bene le mosse del leader della destra ultraconservatrice e sovranista europea, ci si accorge che l’uomo non è nuovo a capriole significative, dettate dall’opportunismo. Come leggere, altrimenti, il suo stare, a Strasburgo, in modo radicato nel gruppo dei Popolari, da sempre filoeuropeisti ad oltranza nel parlamento Europeo? 

Con la storia patria, Orban gioca da tempo. La dominazione turca, qui, sembra diventata meno traumatica che in altri Paesi dell’Europa Orientale. Oltre alla tomba di Baba, a Eger, città del nord, nel 2016 il muezzin ha potuto chiamare alla preghiera dal minareto. Altrove, nel Sud, si restaura la tomba di Solimano il Magnifico, con l’intenzione di farne un museo e un luogo di pellegrinaggio dell’Islam sul suolo ungherese: eppure sino a qualche tempo fa, Solimano veniva descritto come un oppressore pagano.

In realtà, giornalisti ed esperti garantiscono che Orban non ha compiuto alcun voltafaccia e che la sua svolta ha radici e ragioni precise: il denaro. Quello, tanto, proveniente da un uomo autoritario esattamente come lui, Erdogan, capo della Turchia. Il nuovo Sultano, come viene chiamato, ha lavorato per migliorare i legami regionali, costruendo solide relazioni con altri uomini forti. Il tutto sulla base di un vasto programma di investimenti sostenuti dallo Stato, in gran parte realizzati attraverso l’agenzia statale turca TIKA.

Il programma viene chiamato “neo-ottomano” ed è importante come gli investimenti in infrastrutture o industrie. Orban ha colto l’occasione. Ankara ha finanziato i restauri delle tombe e il governo turco ha a quel punto stimato potesse essere interessante investire in Ungheria: così, in cinque anni gli investimenti diretti sono passati da 100 milioni di dollari a 2 miliardi.

Tanti soldi, che permettono all’Ungheria di “tenere” sul piano economico e ad Orban di trovare sponde nella sua lotta contro l’Unione Europea, certo di avere comunque partner fuori dai 27. 

 

 

 

L’articolo originale può essere letto qui