Non è questa la sede per una commemorazione adeguata di Fidel Castro (1926-2016), che senza dubbio è stato una delle figure che hanno lasciato una traccia profonda nelle vicende del secondo dopoguerra. Più modestamente ricorderò alcune delle sue caratteristiche che ho imparato ad apprezzare in lunghi anni di collaborazione con gli scienziati cubani.

La Rivoluzione dei barbudos nel 1959 sconvolse tutti gli schemi e prese di sorpresa tutto il mondo. L’«Impero» per antonomasia, che era proteso ad imporre la propria egemonia su tutto il mondo occidentale, veniva battuto sull’uscio di casa! Sottraendogli quell’isola che, dopo il proditorio intervento nel 1898 nella guerra ispano-cubana (mistificata come “ispano-americana”), era stata anche oggetto di progetti di annessione.

La sorpresa di quella rivoluzione anomala in un paese sottosviluppato attrasse l’attenzione di tutto il mondo, frotte di intellettuali di ogni tipo e formazione accorsero a portare il loro appoggio concreto al governo rivoluzionario. Si manifestò immediatamente una straordinaria chiarezza di idee nei dirigenti della Rivoluzione: José Marti aveva già anticipato la necessità di sottrarsi alla subalternità alla quale sono condannati i paesi sottosviluppati consolidando la propria fisionomia culturale (di cui Cuba era ricca per l’intreccio delle tradizioni europea ed africana). Fidel e Che Guevara avevano molto chiara la necessità di sviluppare competenze e capacità proprie nei settori tecnici e scientifici d’avanguardia, ed ebbero la capacità di trasformare l’entusiasmo rivoluzionario in un ambizioso progetto collettivo coinvolgendo tutta l’intellighenzia culturale e scientifica (quella che non aveva abbandonato l’isola).

Fu questa in sostanza l’origine degli straordinari progressi di Cuba in tanti campi di punta, che oggi vengono citati in particolare per la realizzazione dei vaccini contro il Covid. Un risultato che è stato preparato da un processo avviato dal 1959, con la realizzazione di un sistema d’istruzione gratuito fino ai massimi livelli, di un sistema sanitario universale garantito a tutta la popolazione, e specificamente di un’industria biotecnologica creata all’inizio degli anni Ottanta quando il settore stava nascendo a livello mondiale, ma con una struttura alternativa e più efficiente di quella capital-intensive dominante, aggirando i pesanti ostacoli dovuti al bloqueo imposto dagli Usa nel 1962.

In questo processo sono state fondamentali le staordinarie intuizioni di Fidel e anche, bisogna dire, la sua testardaggine, che pure a volte aveva causato qualche disastro (come il fallimento della “grande zafra” da 10 milioni di tonnellate che nel 1970 provocò una grave crisi economica: ma Fidel pronunciò un drammatico discorso autocritico).

L’intuito politico di Fidel portò Cuba a giocare un ruolo decisivo anche nel contesto internazionale, come nel 1975 quando in un teso frangente della guerra fredda decise l’intervento militare in Angola in sostegno del Mpla di Agostinho Neto, che portò alla sconfitta del Sudafrica e diede il colpo decisivo al regime di apartheid (Nelson Mandela ha sempre manifestato la gratitudine a Fidel).

Vale la pena di ricordare anche un’altra prova della sensibilità umana e politica di Fidel, quando dopo l’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl il 26 aprile 1986 inviò immediatamente tre specialisti in patologie dell’infanzia per ispezionare i villaggi contaminati dalle radiazioni: il 29 marzo i primi due velivoli con 139 bambini malati di leucemia atterrarono all’aeroporto dell’Avana, e Fidel annunciò che il suo paese avrebbe ricevuto 10.000 pazienti dall’Unione Sovietica.