In questi giorni è infuriata la polemica sull’opportunità o meno di vaccinare bambini in età pediatrica. Associazioni di categoria, movimenti, singoli medici hanno portato avanti vari punti di vista. Ne parliamo con il Dott. Sergio Conti Nibali, direttore di Uppa Magazine, l’unica rivista per genitori italiana che vive di abbonamenti, segno riconosciuto da tutti di indipendenza e serietà.

Sergio, per prima cosa qual è la situazione attuale: chi si sta vaccinando contro il covid  e come?

Mentre scrivo il 59,6% della popolazione italiana ha ricevuto almeno una dose di vaccino e il 36,4% ha completato il ciclo vaccinale.(1) Va rilevato come la percentuale di prime dosi sul totale delle dosi somministrate sia in riduzione da 3 settimane consecutive con un valore che dal 74% della settimana 7-13 giugno è sceso al 38% della settimana 28 giugno-4 luglio, con un calo del 49% in 3 settimane. Il rallentamento è imputabile all’incertezza relativa alle dosi in arrivo, oltre che alla diffidenza sempre maggiore nei confronti dei vaccini AstraZeneca e Johnson & Johnson.

Attualmente la copertura vaccinale della fascia più a rischio, cioè la popolazione con più di 60 anni, è la seguente:

    • Over 80: il 90,2% ha completato il ciclo vaccinale e il 3,8% ha ricevuto solo la prima dose
    • Fascia 70-79 anni: il 67,2% hanno completato il ciclo vaccinale e il 20,9% ha ricevuto solo la prima dose
    • Fascia 60-69 anni: il 54,9% ha completato il ciclo vaccinale e il 27,5% ha ricevuto solo la prima dose .

Possiamo dire che il tallone d’Achille della campagna vaccinale è attualmente rappresentato dagli oltre 5,75 milioni di over 60 a rischio di malattia grave privi di adeguata copertura contro la variante delta.

Mentre scrivo il 4.4% della fascia 12-19 anni ha completato il ciclo vaccinale e il 19.1% ha ricevuto la prima dose.

Esistono sperimentazioni sull’efficacia e gli inconvenienti dei vaccini in età pediatrica? Allo stesso modo esistono studi scientifici che depongono contro la vaccinazione pediatrica per il COVID?

Recentemente l’agenzia statunitense Food and Drug Administration ha autorizzato l’uso del vaccino Pfizer/BioNTech nei bambini di età compresa tra 12 e 15 anni, mentre sono in corso studi in cui si vaccinano bambini sin dai 6 mesi d’età.

Studi preliminari negli adolescenti indicano alti livelli di produzione di anticorpi e un’efficacia del 93-100% nel prevenire la Covid-19. (2 e 3).

Con la vaccinazione, bambini e adolescenti sarebbero esposti a rischi di reazioni ed eventi avversi frequenti e anche severi: immediati e noti, come reazioni avverse nella prima settimana (ad es. 1,5% di dolore locale grave, disabilitante, nella fascia 12-15 anni, 3,4% nella fascia 16-21). È stato registrato 1 evento avverso grave nello 0,6%, cioè 1 ogni 167 vaccinati da 12 a 15 anni, e nell’1,7%, cioè 1 ogni 59 vaccinati da 16 a 25 anni. (4)

È plausibile che eventi avversi a medio e lungo termine ancora non siano emersi, come è stato per i 1.300 casi di narcolessia in bambini e adolescenti in Europa causati dal vaccino contro l’influenza suina Pandemrix. (5)

Tu ritieni che la motivazione addotta a livello mediatico che la vaccinazione dei più piccoli potrebbe proteggere i soggetti fragili  sia ragionevole e fondata?

I vaccini attualmente in uso contro la malattia da SARS-CoV-2 riducono ma non interrompono la trasmissione del virus ad altri, sono meno efficaci su alcune varianti già emerse e non è nota l’entità né la durata della protezione. Fatta questa premessa sarebbe a mio parere opportuno vaccinare tutti i soggetti fragili e tutta quella parte di popolazione più a rischio di malattia grave (over 60) che, come detto, è ancora largamente non vaccinata.

I bambini sono necessari al raggiungimento dell’auspicata immunità di gregge?

La suscettibilità all’infezione nei ragazzi sotto i 20 anni è circa la metà rispetto a chi ha più di 20 anni. I bambini non sono determinanti nella diffusione del virus. Non è affatto scontato che vaccinandoli migliori l’immunità di gregge.(6) Vaccini che contrastano l’infezione meno della gravità della malattia possono favorire varianti più virulente (7): meglio non usarli con chi non ha chiari guadagni diretti vaccinandosi.

Data la dichiarata natura sperimentale degli attuali vaccini anti-covid come, a tuo avviso, si dovrebbe applicare il principio di precauzione?

A mio avviso al momento la vaccinazione dei bambini contro la malattia da SARS-CoV-2 non rappresenta una priorità; il rapporto costi-benefici dipende dal carico di malattia nella popolazione target e dalle risorse disponibili. La gravità della Covid-19 nei bambini di età inferiore ai 12 anni è simile a quella dell’influenza. I bambini si ammalano meno e con sintomi lievi. Tuttavia bisogna considerare l’evolversi della situazione epidemiologica: se ad esempio emergessero varianti che procurano una malattia grave nei bambini, allora

la vaccinazione diventerebbe una priorità anche per loro.

 

Questa pandemia ci ha insegnato qualcosa? Se sì cosa secondo te soprattutto nell’ottica di un futuro più “sano” per tutt*?

Diciamolo chiaramente: siamo stati travolti da un vero tsunami, che ci ha trovati impreparati. E chi ha sofferto maggiormente sono stati proprio i nostri bambini che sono stati costretti, per “limitare i danni”, a privazioni insopportabili. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti i professionisti che lavorano con i bambini e con le loro famiglie. Se dovessimo sfruttare l’esperienza fin qui acquisita per non commettere gli stessi errori dovremmo attuare politiche di contenimento che tengano in debito conto i diritti dei bambini, in primis il loro diritto all’istruzione in presenza a scuola.

Un altro aspetto è quello di pensare in maniera globale per rispondere a un’emergenza globale; e quindi assumere scelte politiche esattamente opposte rispetto alla “carità” elargita all’ultima riunione del G7 in Cornovaglia. Non è forse un’elemosina l’offerta di un miliardo di dosi di vaccino nei prossimi 18 mesi per i “paesi poveri”, quando ne servirebbero 10 miliardi subito?