Lo studio “Combustibili fossili: i nuovi beni ad alto rischio?”, pubblicato oggi dall’Istituto Rousseau, Les Amis de la Terre, Reclaim Finance, ReCommon e altre 11 organizzazioni della società civile internazionale rivela che buona parte del patrimonio delle principali banche del Vecchio Continente potrebbe subire una enorme svalutazione allorché saranno introdotti i principi di lotta ai cambiamenti climatici imposti dall’Accordo di Parigi. I più importanti istituti di credito europei hanno infatti accumulato asset legati ai combustibili fossili pari a 532 miliardi di euro, ovvero circa il 95 % del loro patrimonio. La loro trasformazione in titoli tossici e il conseguente rischio di bancarotta per le banche costituisce una grave minaccia per la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio e aumenta notevolmente il rischio di una nuova crisi finanziaria.

Scarica l’executive summary in italiano https://www.recommon.org/la-nuova-crisi-finanziaria-sara-provocata-dai-titoli-fossili-delle-banche/
 
Tra le banche fossili esaminate dal report spiccano UniCredit e Intesa Sanpaolo, banca fossile n.1 in Italia. Unicredit presenta una quantità di asset fossili maggiore del proprio patrimonio netto, corrispondente a una reale possibilità di bancarotta, non avendo capitale sufficiente a coprire le perdite in caso di totale svalutazione degli asset fossili. La situazione non è migliore se si analizza Intesa Sanpaolo, maggiore gruppo bancario italiano, che presenta un profilo di alto rischio con un rapporto tra asset fossili e patrimonio netto pari all’83%. 

Di fronte a tale situazione, le istituzioni finanziarie sembrano ignorare i rischi legati a una elevata esposizione ai combustibili fossili. «Intesa Sanpaolo conferma appieno questa tendenza. Nonostante sbandieri finti slogan di sostenibilità e di vicinanza ai territori, la banca torinese non ha preso alcun impegno pubblico su petrolio e gas, e continua ad avere una delle policy sul carbone tra le più deboli in Europa, tanto che è stata sollecitata a fare un passo in avanti in proposito anche da diversi importanti investitori in occasione dell’assemblea degli azionisti di aprile» afferma Daniela Finamore di ReCommon. «Se lo studio avesse preso in considerazione i dati aggiornati al 2020, le parti sarebbero invertite, con UniCredit appena sotto la soglia della bancarotta e il crack di Intesa Sanpaolo, che tra il 2016 – anno dell’entrata in vigore dell’Accordo di Parigi – e il 2020 ha sostenuto il settore dei combustibili fossili con 44,8 miliardi di euro», ha aggiunto Simone Ogno di ReCommon.
 
Oltre a raccomandare alle banche di abbandonare i combustibili fossili, gli autori del report invitano le banche centrali, i regolatori finanziari, i governi e i legislatori a intervenire per fermare il crescente sostegno finanziario ai combustibili fossili e gestire in modo sostenibile lo stock di titoli tossici. Tra le proposte innovative lanciate dallo studio, c’è anche la creazione di una “banca fossile” europea che possa farsi carico dell’acquisto della maggior parte degli asset fossili dalle banche, per poi dismetterli senza mettere a repentaglio la tenuta dei sistemi economici, in linea con gli obiettivi climatici dell’Unione Europea.

Gaël Giraud, economista di fama internazionale considerato tra i pensatori di spicco della transizione ecologica, in quanto presidente onorario dell’Istituto Rousseau Institute ha affermato in tal senso: «Per affrontare la crisi climatica ed evitare un altro tracollo finanziario, dobbiamo porre fine alla frenesia finanziaria legata ai combustibili fossili e gestirne la progressiva eliminazione. La Banca Centrale Europea può svolgere un ruolo chiave in questo processo, in particolare sostenendo la creazione di una “banca fossile”, che acquisterebbe asset fossili dalle banche commerciali per garantire la stabilità del sistema finanziario e consentire il finanziamento della transizione ecologica. Naturalmente, per fare questo dovrebbe prima mettere ordine in casa propria, ponendo fine al supporto che fornisce alle società dei combustibili fossili attraverso la propria politica monetaria e considerando gli obiettivi climatici europei in tutte le sue operazioni».