Con queste parole Britney Paddy, attivista dei Black Lives Matter, ha commentato la decisione dei giudici che hanno condannato il poliziotto Chauvin per la morte di George Floyd.

“L’omicidio di George Floyd è stato emotivamente, mentalmente e socialmente difficile per il mondo. Negli ultimi 330 giorni, abbiamo atteso il verdetto con ansia palpabile. Il verdetto di colpevolezza contro Derek Chauvin rappresenta finalmente il cambiamento sociale e getta le basi per il futuro sistema giudiziario: per me è rivoluzionario il fatto che il ‘Muro Blu del Silenzio’ (termine con cui si indicano certi atteggiamenti omertosi da parte della polizia, ndrabbia iniziato a sgretolarsi, e questo grazie anche ai 14 agenti di polizia che hanno testimoniato al processo”.

Con queste parole Britney Paddy commenta con l’agenzia Dire dall’Oregon la decisione dei giudici del tribunale di Minneapolis nell’ambito del processo per la morte di George Floyd, l’afroamericano di 46 anni ucciso a maggio scorso mentre era in custodia della polizia perché sospettato di furto. I giudici hanno pronunciato per tre volte la parola “colpevole” contro l’ex agente Derek Chauvin, inchiodato anche da un filmato che lo ritrae mentre teneva Floyd bloccato a terra e con il ginocchio premuto sul collo. Una posizione mantenuta per nove minuti, e che secondo l’autopsia causò il decesso per soffocamento.

Paddy, una psicoterapeuta di origini giamaicane e attivista per i diritti e l’inclusione sociale, è la direttrice generale di The World is watching, una delle tante associazioni che hanno aderito al Black Lives Matter, ‘La vita dei neri conta’, movimento di protesta che dalla morte di Floyd continua a organizzare iniziative per condannare i comportamenti brutali e discriminatori contro la comunità nera americana, e a chiedere riforme e leggi a tutela dei cittadini.

“Oggi provo sollievo” continua Paddy, ammettendo che però “non possiamo fermarci. Creare giustizia sociale per tutti è un processo continuo. Oggi gli attivisti e gli alleati del Black Lives Matter a livello globale hanno ottenuto una vittoria, ma da domani si ricomincia a lavorare, a costruire, raggiungendo misure e politiche giuste per porre fine alla brutalità della polizia”. Come a dire che vincere la battaglia non significa vincere la guerra? “Esatto- risponde l’attivista- perché negli Stati Uniti c’è bisogno che le persone prendano coscienza del ‘razzismo istituzionale’, e che le richieste di cambiamento siano incorporate nei processi decisionali”.

Subito dopo il verdetto, e in attesa che i giudici definiscano la condanna – Chauvin rischia fino a 40 anni di reclusione – tanti attivisti hanno festeggiato in varie città del Paese.

Una gioia che però, si scontra con un fatto di cronaca avvenuto proprio mentre i giudici di Minneapolis si pronunciavano contro Chauvin: a Columbus, nell’Ohio – un migliaio di chilometri più a est – una agente di polizia ha sparato e ucciso una afroamericana di 15 anni, che secondo le prime ricostruzione sembrava stesse minacciando di aggredire qualcuno con un coltello. La polizia era stata chiamata per un tentativo di rapina. In base ai filmati della bodycam in dotazione degli agenti “sappiamo che la nostra agente è intervenuta per proteggere un’altra giovane ragazza nella nostra comunità”, ha detto il sindaco di Columbus, Andrew Ginther, nel corso di una conferenza stampa. “Ma stasera una famiglia è in lutto e questa giovane ragazza di 15 anni non tornerà mai più a casa”, ha concluso il sindaco.

 

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