La Fondazione per i Diritti Umani della Turchia (TIHV), ha pubblicato una relazione in cui analizza le violazioni dei diritti durante la resistenza universitaria di Bogaziçi. In questa relazione si sottolinea come, la nomina di Melih Bulu come il rettore dell’Università di Boğaziçi, sebbene ‘legale‘, ma non riconosciuto come un’azione legittima, sia diventato l’oggetto del dibattito. In questo caso si fa riferimento all’illegalità del periodo dello Stato d’Emergenza e si afferma che queste illegalità hanno acquisito continuità anche dopo la fine dello Stato d’Emergenza.

Il rapporto sottolinea che la graduale abolizione delle libertà e dell’autonomia da parte del nuovo regime non si limita col campo accademico:

‘In effetti, il nuovo regime sta cercando di appropriarsi pienamente della vita sociale trasformandola in un’area sotto controllo. Pertanto, chiudendo / distruggendo sia la partecipazione politica che le possibilità di rivendicazioni politiche. Questo rende impossibile l’attivismo cittadino quindi l’esistenza democratica della società riunita. Questa distruzione e l’impossibilità rendono più facile la violazione dei diritti e delle libertà in modo più sconsiderato, però allo stesso tempo rende anche difficile difendere i diritti umani. Questo stile di gestione, che si basa sulla repressione e sul controllo, e persino sulla pura violenza, frequentemente usata, si attua anche con le politiche di polarizzazione e ostilità. Il metodo si sviluppa in coordinamento con rendendo bersaglio, screditando ed emarginando un particolare problema, persona o gruppo. Infatti, durante le manifestazioni contro la nomina del nuovo rettore per l’Università di Bogaziçi, da parte del Presidente della Repubblica, questo stile di amministrazione si è manifestato in tutti i suoi aspetti.’

La relazione ricorda i divieti messi in atto, le azioni delle forze dell’ordine che hanno ignorato le leggi che garantiscono la libertà di manifestazione e la violenza smisurata della polizia che ignora una serie di convenzioni e leggi locali e internazionali durante le manifestazioni di protesta. I numeri legati ai fatti sono:

    • Le forze dell’ordine, in almeno 38 città, durante i loro interventi hanno utilizzato armi con le munizioni di plastica e prodotti chimici come gas lacrimogeni, spray al peperoncino.
    • Sono stati registrati diversi casi di tortura e di maltrattamento.
    • Durante le irruzioni presso le abitazioni dei manifestanti e durante l’intervento delle forze dell’ordine presso le riunioni pacifiche, almeno 801 persone hanno subito maltrattamento e tortura e sono state prese in detenzione provvisoria.
    • Sono rimaste ferite almeno 13 persone
    • 60 persone si sono rivolte alla Fondazione per i Diritti Umani della Turchia per denunciare il fatto che abbiano subito tortura e altri maltrattamenti.
    • L’arresto in carcere, gli arresti domiciliari e le altre pratiche di controllo giudiziario non sono state adottate per prevenire il reato ma sono state trasformate in un mezzo di punizione/pena.
    • Per 11 persone l’arresto è stato confermato.
    • La libertà vigilata è stata applicata nel caso di 228 persone e gli arresti domiciliari sono stati imposti a 29 persone.
    • Le autorità hanno utilizzato atti di marginalizzazione, stigmatizzazione e incitamento all’odio nei confronti dei manifestanti e il divieto costituzionale di discriminare le persone è stato violato.
    • Le libertà di espressione e di stampa sono state violate.
    • Sono rimasti feriti almeno 6 giornalisti. 2 persone sono state arrestate per via delle condivisioni sui social media.
    • La libertà accademica e l’autonomia istituzionale, principi fondamentali e fondanti dell’università, sono stati violati.
    • É stata violata la libertà di organizzarsi/radunarsi e riunirsi.
    • L’immunità abitativa è stata violata.

L’articolo originale può essere letto qui