La compagnia farmaceutica Pfizer ieri ha annunciato di aver realizzato un vaccino considerato “rivoluzionario” perché RNA-based. Ovvero che non agisce col sistema del “virus attenuato” bensì va a modificare la risposta dell’RNA delle nostre cellule in relazione al virus e secondo quanto dichiarato da Pfizer sicuro al 90%.
L’articolo medico apparso su Nature (vedi link: https://www.nature.com/articles/s41586-020-2814-7) spiega sia il funzionamento che il tipo di test condotti su questo vaccino chiamato mRNA BNT162b.  Difficile per i più avere le conoscenze necessarie a comprendere in toto i vari aspetti tecnico-scientifici e le possibili implicazioni del lavoro condotto da Pfizer in collaborazione con Biontech.
Difficile, perciò, sulla base dei soli dati provenienti dalla stessa casa produttrice, valutare la qualità e la sicurezza per la salute umana di questo vaccino, (di cui Pfizer afferma averne prodotte già 50.000 dosi).

Cerchiamo perciò di capire meglio la questione:

Lo sviluppo di un vaccino che si dimostri sicuro ed efficace, prima di essere somministrato a milioni o miliardi di persone, è sempre qualcosa di oltremodo complesso, e quindi di per sé lento e verificabile solo su vasti campioni. Inoltre, il COVID-19 presenta alcune sfide particolarmente complicate.
Alcuni vaccini sono particolarmente difficili da sviluppare, è questo il caso dei vaccini contro il coronavirus. Quattro i ceppi di coronavirus che circolano endemicamente nell’uomo, causando lievi infezioni respiratorie. Due ceppi si sono dimostrati molto più virulenti, causando polmoniti e insufficienze respiratorie gravi, a volte mortali: il SARS-CoV-1 nel 2002-2004 e il MERS-CoV nel 2012. Il virus responsabile di COVID-19 (il SARS-CoV-2) appartiene a questo secondo gruppo.

Una delle particolarità dei coronavirus è che infettano per prime le mucose del naso e della gola. A volte, le difese immunitarie innate li fermano a questo primo livello. Questo è il motivo per cui la maggior parte dei pazienti COVID-19 ha solo sintomi ORL (otorinolaringoiatrici, legati soprattutto al naso e alla gola) più o meno marcati. Ma se i coronavirus non vengono fermati al livello ORL, possono passare nei polmoni e nel sangue, e diffondersi ad altri organi. Qui attaccano le cellule che esprimono i recettori per i virus, recettori che sono presenti nel cuore, nei reni e nei vasi sanguigni di tutto il corpo, compreso il cervello. Questo è purtroppo il caso del virus responsabile del COVID-19.

Per assicurare una protezione nell’uomo da tutte le forme di COVID-19, e quindi anche dal rischio di trasmissione, sarebbero necessari vaccini in grado di indurre e mantenere risposte immunitarie abbastanza forti da proteggere in modo permanente le mucose del naso e della gola. Tuttavia, l’induzione dell’immunità totale (o “sterilizzante”) almeno finora non è mai stata raggiunta da nessun vaccino.

Il ruolo degli Antigeni:
Il criterio guida che ha mosso gli studi e le ricerche della Pfizer ad esempio, ha optato per la scelta e l’introduzione di alcuni antigeni da includere nel vaccino per produrre una risposta a livello del nostro RNA cellulare.
Detta così sembra relativamente semplice, ma entrando nel dettaglio le spicole sulla superficie dei coronavirus (proteina S o Spike) sono quelle con cui i virus si attaccano ai recettori cellulari, detto in altre parole sono le chiavi che aprono la porta alle cellule. Fortunatamente, queste proteine sono ben riconosciute dal sistema immunitario umano, che risponde ad esse inducendo cellule B che producono anticorpi e cellule T in grado di distruggere le cellule infette. Questo vale per tutti i ceppi di coronavirus, compresi SARS-CoV-1, MERS-CoV e SARS-CoV-2 responsabile del COVID-19. Questi antigeni si troveranno quindi, in un modo o nell’altro, in tutti i vari candidati vaccini, siano essi vivi attenuati, inattivati, veicolati da vettori virali o codificati dal loro RNA, come nel caso del vaccino mRNA annunciato dalla Pfizer .

La scelta delle difese immunitarie da indurre nel nostro sistema immunitario porta però con sé non poche complicazioni sia di natura tecnica che di possibili risposte secondarie non desiderate da parte del sistema immunitario sia esso umano o animale.
Gli studi effettuati sugli animali hanno dimostrato ad esempio che la protezione post-vaccinazione contro il SARS-Cov-1 era più efficace se si osservavano dei livelli di anticorpi neutralizzanti (in grado di neutralizzare l’ingresso del virus nelle cellule) diretti contro la proteina S – sebbene anche gli anticorpi contro altri antigeni possano riuscirci. L’induzione di alti livelli di anticorpi neutralizzanti sembra quindi essere una buona strategia, non a caso, perseguita da molti candidati vaccini.

L’ADE, la possibile intensificazione [dell’infezione] mediata dall’anticorpo:

Purtroppo, è estremamente difficile però riuscire a indurre in un qualsiasi organismo la sola produzione di anticorpi neutralizzanti. Come possibile risposta secondaria esiste anche la produzione di anticorpi non neutralizzanti che, non riescono a neutralizzare il virus, ma al contrario potenzialmente possono legarsi ai virus. Questo è quanto è emerso finora proprio dai test condotti sugli animali, dove la risposta secondaria è risultata essere pericolosa vedi link seguenti: https://www.nature.com/articles/s41577-020-0321-6.pdf https://www.nature.com/articles/s41564-020-00789-5
Siccome allo stato attuale non è possibile scongiurare la risposta secondaria, data dalla produzione di anticorpi non neutralizzanti, il rapporto della proporzione tra anticorpi neutralizzanti e non neutralizzanti risulta quindi essere un punto d’importanza essenziale. In gergo tecnico la risposta secondaria ed indesiderata di un qualunque sistema immunitario di chiama ADE, (Antibody-Dependent Enhancement) acronimo che sta per incremento della pericolosità dovuto agli anticorpi, ed è una delle ragioni per cui un vaccino promettente può risultare inefficace, qualora non vengano sviluppati gli anticorpi “giusti”.
Questo fenomeno è stato scoperto nel 1977 da un virologo che studiava la malattia di Dengue e da allora è stato riconosciuto anche per altri virus, inclusi alcuni della famiglia dei coronavirus e compreso quindi il ceppo di cui fa parte la Covid-19

La speranza ultima di un vaccino è  quella di stimolare il sistema immunitario della persona vaccinata affinché produca alti livelli di anticorpi anti-spike tali che impediscano l’interazione e quindi l’invasione delle nostre cellule.

Purtroppo, però, come già detto sopra, non tutti gli anticorpi sono uguali, ci sono anticorpi neutralizzanti e non neutralizzanti

Gli anticorpi non neutralizzanti potrebbero invece aiutare il virus a entrare nelle cellule.
Uno dei principali meccanismi di eliminazione dei corpi estranei attuato dal sistema immunitario si avvale di particolari cellule immunitarie dette fagociti. Queste accorrono numerose nei siti di infezione e quando incontrano un virus segnalato dagli anticorpi come un pericolo, lo internalizzano per digerirlo. La distruzione del virus avviene all’interno di una sorta di “stomaco” cellulare, ma alcuni virus hanno sviluppato dei meccanismi per evitare di essere eliminati, e quindi una volta all’interno dei fagociti li invadono.

Abbiamo spiegato prima come l’obiettivo primario del vaccino sia quello di prevenire l’entrata del virus nelle cellule, specialmente quelle delle vie respiratorie. Tuttavia, gli anticorpi non neutralizzanti in questo caso determinano l’effetto opposto. Quindi un virus che si associ con questo tipo di anticorpi sviluppati dal sistema immunitario, potrebbe essere paragonato ad un cavallo di troia per i nostri fagociti. Gli anticorpi che lo hanno riconosciuto affinchè venga eliminato dalle cellule, in questo caso lo aiutano purtroppo ad entrare nelle cellule fagocitiche e invaderle. Il risultato è che il virus si replica nei fagociti e poi esce diffondendo l’infezione nelle cellule vicine.
Questo meccanismo è appunto noto in biologia come ADE (dall’inglese Antibody-Dependent Enhancement), traducibile come “intensificazione [dell’infezione] mediata dall’anticorpo”.

Se gli anticorpi indotti dalla vaccinazione sono neutralizzanti e proteggono le cellule respiratorie più sensibili, l’individuo è comunque protetto e l’effetto dell’invasione delle cellule immunitarie è marginale. Se invece gli anticorpi indotti dal vaccino per qualche motivo (tale risposta può variare da individuo a individuo e da situazione a situazione) non sono neutralizzanti, vuol dire che né le cellule respiratorie, né quelle del sistema immunitario sono protette.

Il risultato è che un’infezione o una vaccinazione che induce gli anticorpi “sbagliati” potrebbe aggravare la situazione, dando “un passaggio” al virus per entrare nelle cellule immunitarie.

Sempre dagli studi condotti, le prime preoccupazioni per l’ADE nei pazienti con SARS si sono avute quando si è riscontrato che le risposte anticorpali di sieroconversione e neutralizzazione erano correlate alla gravità clinica e alla mortalità. È stato riportato un risultato simile a quello condotto sugli animali anche nei pazienti con COVID-19, con titoli anticorpali più elevati contro SARS-CoV-2 associati a una malattia più grave. Una semplice ipotesi è che titoli anticorpali maggiori nei casi COVID-19 gravi derivino da un’esposizione all’antigene maggiore e più prolungata a causa di cariche virali più elevate. Tuttavia, uno studio recente ha dimostrato che la diffusione virale nel tratto respiratorio superiore era indistinguibile tra i pazienti con COVID-19 asintomatico e sintomatico. I pazienti sintomatici hanno mostrato titoli anticorpali anti-SARS-CoV-2 più elevati e hanno eliminato il virus dal tratto respiratorio superiore più rapidamente, contraddicendo un’ipotesi più semplice che i titoli anticorpali siano semplicemente causati da cariche virali più elevate.
Altri studi invece hanno dimostrato che le risposte dei linfociti T anti-SARS-CoV-2 possono essere trovate a livelli elevati nelle infezioni lievi e asintomatiche. Presi insieme, i dati suggeriscono che si possono trovare forti risposte dei linfociti T in pazienti con un’ampia gamma di presentazioni cliniche, mentre i titoli anticorpali forti sono più strettamente legati al COVID-19 grave.
Un avvertimento importante è che la diffusione virale è stata misurata nel tratto respiratorio superiore piuttosto che nel tratto respiratorio inferiore.
Il tratto respiratorio inferiore è probabilmente più importante per la patologia polmonare COVID-19 grave e non è chiaro quanto sia strettamente correlata la diffusione virale di SARS-CoV-2 nelle vie respiratorie superiori e inferiori durante il decorso della malattia.
La difficoltà maggiore sta nell’indurre buone risposte al vaccino in individui vulnerabili e nei soggetti deboli.

I test condotti da Pfizer sul vaccino anticovid: 
Indurre risposte vaccinali protettive nei volontari giovani e sani è già di per sé una sfida. Come riportato dalla stessa Pfizer cit: “La popolazione dello studio condotto era costituita da maschi sani e femmine non gravide con un’età media di 37 anni (range 20-56 anni) con uguale distribuzione per sesso. La maggior parte dei partecipanti era bianca (96,7%) con un partecipante afroamericano e uno asiatico”, per un totale di 60 partecipanti divisi i 5 gruppi di 12.
I soggetti vaccinati con BNT162b1 hanno ricevuto differenti dosi di vaccino a seconda del gruppo, la prima dose il giorno 1 e una dose di richiamo il giorno 22, ad eccezione di due individui di un gruppo – che stando almeno a quanto dice Pfizer hanno interrotto la partecipazione per “motivi non correlati al farmaco in studio”. Senza peraltro specificare né rendere pubblici quali siano questi motivi non correlati al farmaco. Ad ogni modo, tradotto percentualmente su un campione così ristretto di 12 persone 2 persone rappresentano ben il 16,7%.
Sempre da quanto reso pubblico da Pfizer alla voce “Dati preliminari di sicurezza e tollerabilità” si può leggere:
“In breve, non si sono verificati eventi avversi gravi e nessun ritiro dovuto a eventi avversi correlati per qualsiasi dose. – salvo poi, andando a leggere nel dettaglio riportato che anche nei soggetti che hanno continuato i test cit: – “2 soggetti su 12 (16,7%) hanno manifestato grave reattogenicità locale, 6 soggetti su 12 (50%) hanno riferito grave reattogenicità sistemica (principalmente mal di testa, brividi, affaticamento o dolore muscolare); e 1 soggetto su 12 (8,3%) ha riportato febbre.”
Restano inspiegate le cause del ritiro di due partecipanti in uno dei gruppi da 12.
Tutto questo su un campione molto ristretto di soggetti sani, di età mediamente giovane e in buone condizioni fisiche, tutt’altro discorso è poter ottenere queste stesse risposte in persone più vulnerabili a causa della vecchiaia, dell’obesità, di malattie pregresse o di trattamenti immunosoppressori. In questi casi tutto diventa esponenzialmente molto più difficile.
Detta in altre parole specie nelle categorie più vulnerabili, esiste un rischio concreto e alto che un vaccino basato su questi soli dati e con tali presupposti, non solo potrebbe aumentare potenzialmente gli effetti collaterali e la reattogenicità in soggetti più vulnerabili, ma in caso di malattia esporli anche al rischio che aumenti la gravità stessa del COVID-19.

 

Il concetto di sicurezza per la salute umana:

Il COVID-19 è una malattia ancora poco conosciuta, ma ciò che ben si è capito è che la sua gravità deriva chiaramente da risposte immunitarie inappropriate, eccessive e/o inadeguate. Questo il motivo per cui molti trattamenti sono attualmente finalizzati a rallentare, e non tanto a stimolare, le risposte immunitarie/infiammatorie.
Uno dei rischi principali non dichiarati ovviamente dalle aziende che hanno allo studio i vari candidati vaccini, è quello di indurre due tipi di risposte la prima quella per così dire positiva di produrre anticorpi di tipo neutralizzanti, ovvero in grado di bloccare il virus prima del suo ingresso nelle cellule, la seconda invece, quella collaterale e che porta in sé i maggiori rischi, è la risposta legata alla produzione di anticorpi non neutralizzanti in grado di legarsi agli stessi coronavirus, nel sito stesso che in teoria dovrebbe bloccare la capacità del virus di infettare le cellule, e che invece tramite gli anticorpi non neutralizzanti, legandosi al virus possono facilitare l’ingresso del virus stesso nelle cellule e la loro infezione, invece di bloccarla (Antibody-Dependent-Enhancement).
Questo fenomeno è stato già in precedenza osservato con il SARS-Cov-1 e con il MERS-CoV. Perciò si sospetta, purtroppo, che potenzialmente tale effetto collaterale specie nei soggetti più vulnerabili possa verificarsi anche con il COVID-19.
È per questo motivo che è necessaria non solo estrema prudenza, ma tempi di sperimentazione prolungati e vasti campioni significativi.

I modelli animali utilizzati per confermare o confutare questo rischio sono complessi. Gli studi classici di vaccinazione, che consistono nel verificare che i vaccini siano ben tollerati seguendo dei volontari per settimane o per mesi, non potranno rispondere in modo esauriente a questa domanda, per avere un quadro esaustivo, dovremo, o aspettare che questi volontari vaccinati siano esposti al SARS-Cov-2, o esporli ad esso volontariamente, cosa che non è possibile in assenza di un trattamento efficace, oltremodo testato e più che sicuro, perché in caso di ADE significherebbe provocare in questi soggetti potenziali gravi danni alla salute fino anche il possibile rischio di morte

A questo punto anche ai non tecnici credo sia abbastanza facile comprendere che ci debba essere estrema prudenza, specie in relazione ad una possibile campagna di vaccinazione su larga scala con quest’ultimo vaccino prodotto da Pfizer, così come su altri possibili candidati vaccini, vuoi perché ci si dovrebbe basare esclusivamente sui soli studi e dati pubblicati dalle stesse case produttrici del vaccino, vuoi perché i dati numerici come in questo caso appartengono un campione estremamente ridotto, per di più condotto solo su soggetti sani e giovani, vuoi anche per la natura degli stessi risultati, che hanno dimostrato comunque risultati controversi, con effetti collaterali e reattogenicità a vari livelli, anche gravi, tali che, in un gruppo, in un campione pari al 16,7% si è dovuto procedere ad un loro ritiro dai test, senza che di ciò sia ancora stato specificato in modo esaustivo e trasparente il motivo, vuoi infine perché sui soggetti oggetto del test, per i motivi sopra esposti, non è stato ancora possibile verificare gli effetti della risposta del loro sistema immunitario qualora esposti direttamente alla Sars Cov 2.

 

Ulteriori aspetti secondari:
Bisogna infine tenere in conto due questioni forse meno importanti ma altrettanto significative da prendere in considerazione riguardo la corretta gestione di un possibile vaccino:
1) La questione tecnica non indifferente che a causa della natura stessa del vaccino almeno ad esempio quello prodotto dalla Pfizer, che impone la sua conservazione e il suo trasporto a temperature oltremodo basse e difficilissime da mantenere all’interno di una filiera a -80 C°.

2) Secondo gli stessi studi condotti da Pfizer, l’efficacia di questo tipo di vaccino per essere garantita fa sì che il vaccino stesso o debba essere periodicamente richiamato per stimolare e attivare la risposta del nostro sistema immunitario in difesa della Sars Cov-2.

 

Aspetti etici e di cattiva condotta delle case farmaceutiche: 

Inoltre, quando si ha a che fare con la salute umana e come in questo caso con possibili rimedi diretti a milioni di persone è necessario anche valutare l’aspetto etico, di affidabilità, di trasparenza, di correttezza che devono necessariamente risiedere all’interno di una qualsiasi organizzazione pubblica o privata che proponga determinati prodotti destinati alla cura delle persone. Tali prodotti e presidi medici debbono scaturire da progetti e dall’evidenza più che comprovata e trasparente di risultati scientifici seri e oltremodo verificati da più soggetti. Questo dovrebbe essere lo spirito che muove la case farmaceutiche, specie in considerazione del fatto che la qualità del loro lavoro può salvare oppure se portato avanti in modo scorretto distruggere vite umane. Per questo credo sia doveroso in questo processo valutare anche l’aspetto etico. Purtroppo sono ormai numerosi i casi che spesso hanno visto coinvolte le grandi compagnie farmaceutiche in cause e conseguenti processi sia di natura penale che civile, processi dove diverse aziende che in teoria avrebbero dovuto apportare cure e tutela della salute umana, col loro operato spesso ne hanno attentato, spinte dalla bramosia di profitto. La Pfizer in particolare, ma purtroppo non è la sola, vanta già numerose cause e processi su cui sarebbe il caso di mettere attenzione. Oltremodo numerose le istanze e i giudizi a suo carico per cattiva condotta, molte delle quali hanno visto il celebrare di processi civili e penali passati già in giudicato, a fronte dei quali il colosso farmaceutico statunitense è stato più volte condannato a risarcimenti plurimiliardari. A seguire il lungo e preoccupante elenco di casi che hanno visto la Pfizer essere accusata di cattiva condotta:

-1. Contenzioso sui prezzi all’ingrosso medi alle Hawaii:

Lo stato delle Hawaii si è accordato con dozzine di aziende farmaceutiche, tra cui Merck, Pfizer, GlaxoSmithKline e Novartis tutte accusate di aver ingannato il programma Medicaid delle Hawaii per più di un decennio gonfiando in modo fraudolento i prezzi dei farmaci da prescrizione. L’importo totale della frode è stato di 82,7 milioni di dollari.

-2. Ispezione della Food Drugs Administration dell’impianto Pfizer di New York City:

Un’ispezione della Food and Drug Administration (FDA) statunitense presso la sede di Pfizer a New York, condotta da giugno ad agosto 2009, ha rilevato violazioni dei requisiti di segnalazione PADE (Postmarketing Adverse Drug Experience) in relazione a molti dei suoi prodotti, tra cui Lipitor, Selzentry, Lyrica, Camptosar e Viagra. Le violazioni includevano la mancata presentazione alla FDA di rapporti sull’Esperienza di farmaci avversi (ADE) entro il tempo richiesto; procedure scritte inadeguate per la sorveglianza, la ricezione, la valutazione e la segnalazione di eventi avversi; mancata presentazione alla FDA di casi avversi con farmaci Pfizer che in vari pazienti hanno avuto effetti collaterali sia gravi che inaspettati.

-3. Commercializzazione illegale di Bextra e altri farmaci:

Nel settembre 2009, Pfizer ha accettato di pagare 2,3 miliardi di dollari (il prezzo più alto mai pagato nella storia risarcimento da un compagnia farmaceutica) per risolvere le accuse civili e penali federali e statali secondo cui Pfizer aveva commercializzato illegalmente quattro farmaci Bextra, Geodon, Zyvox e Lyrica con l’intento comprovato di frodare o fuorviare promuovendo i farmaci per usi non approvati. Inoltre 1,3 miliardi di dollari sono stati ulteriormente pagati dalla controllata Pfizer Pharmacia & Upjohn Company, Inc., che dopo patteggiamento al processo si è dichiarata colpevole di una violazione criminale del Food, Drug and Cosmetic Act per la sua promozione di Bextra.
Pfizer ha pagato una multa civile di 1 miliardo di dollari per risolvere le accuse di aver promosso illegalmente i farmaci per usi non approvati dalla Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti e di aver presentato false dichiarazioni ai programmi Medicare e Medicaid.

-4. Commercializzazione illegale di Neurontin:

Pfizer ha accettato in patteggiamento di dichiararsi colpevole di aver violato il Federal Food, Drug, and Cosmetic Act e di pagare ai governi federali e statali più di 430 milioni di dollari di multe civili e penali per risolvere le false accuse che la Warner-Lambert, (società che Pfizer ha acquisito nel 2000) commercializzando illegalmente il suo farmaco contro l’epilessia Neurontin tra il 1996 e il 2000.

-5. False affermazioni sul farmaco Lipitor

Nell’ottobre 2002, Pfizer e le sue sussidiarie Warner-Lambert e Parke-Davis hanno pagato 49 milioni di dollari per risolvere le accuse del False Claims Act secondo cui aveva evitato in modo fraudolento di pagare sconti dovuti ai programmi sanitari statali e federali omettendo di riportare i prezzi migliori per il suo farmaco per il colesterolo Lipitor.
Parke-Davis Labs, allora una sussidiaria di Warner-Lambert, che è stata successivamente acquisita da Pfizer nel 2000, presumibilmente ha sovrastimato il miglior prezzo Lipitor nel primo e nel secondo trimestre del 1999.

-6. Commercializzazione illegale di Genotropin:

Nel 2007, le filiali Pfizer Pharmacia & Upjohn Company, Inc. e Pharmacia & Upjohn Company, LLC hanno pagato 34,7 milioni di dollari per risolvere gli addebiti derivanti dalla commercializzazione off-label di Genotropin (un medicinale per l’ormone della crescita umano) e dal suo inappropriato avendo stipulato contratti fraudolenti con i promotori medici per aumentare le vendite di altri medicinali.

-7. Test illegali in Nigeria:

Nel luglio 2009, Pfizer ha accettato di pagare 75 milioni di dollari al governo nigeriano per regolare le accuse penali e civili secondo cui la società ha testato illegalmente un antibiotico sperimentale chiamato Trovan su bambini durante un’epidemia di meningite del 1996. Le autorità nigeriane sostengono che il test di Trovan di Pfizer, per il quale non aveva ottenuto il consenso in modo appropriato, ha ucciso 18 bambini e ne ha resi disabili otre 200.

-8. Causa McClain contro Pfizer (Whistleblower Retaliation):

Nell’aprile 2010, una giuria federale del Connecticut ha assegnato 1,4 milioni di dollari di risarcimento danni all’ex scienziata Pfizer, Becky McClain, che ha affermato di essere stata licenziata quando ha cercato di sollevare preoccupazioni sulla sicurezza del lavoro di ingegneria genetica in corso presso il laboratorio Pfizer nella sede di Groton.
La McClain, biologa molecolare in forze alla Pfizer, in quella causa affermò di essere stata ingiustamente licenziata per aver lamentato un’attrezzatura di sicurezza difettosa che permise a un pericoloso lentivirus di infettare lei e alcuni dei suoi colleghi. La biologa Mc Clain in seguito è stata risarcita e la Pfizer condannata per il non rispetto dei parametri di sicurezza lavorativi.

– 9. Marchio errato della pagina web di Lipitor:

La Food and Drug Administration (FDA) statunitense nel 2013 ha citato Pfizer per aver violato il Federal Food, Drug, and Cosmetic Act in merito alla sua pagina web Lipitor “Online Resources”. La FDA ha affermato che la pagina web era fuorviante perché ha fornito dichiarazioni e / o suggerimenti mendaci e ingannevoli sull’efficacia dei prodotti Caduet, Chantix e Norvasc, omettendo inoltre di comunicate alcune informazioni fondamentali sui rischi associati all’uso di questi farmaci.

Questi alcuni dei fatti che ad oggi hanno visto coinvolta Pfizer che fanno sì quantomeno si debba mostrare molta prudenza.

Verifiche superpartes rigorose, estese e accurate:

Altro aspetto di primaria importanza è il richiedere, e se serve pretendere, che i test e il campionamento di questo come di un qualsiasi altro possibile vaccino, vengano realizzati su campioni estesi e significativi, con tempi adeguati, che tengano in conto delle possibili risposte avverse nei soggetti più vulnerabili, che prevedano forme di verifica superpartes, accurate rigorose, oltremodo sicure e rispettose della salute umana. Verifiche che vengano condotte in modalità allargate ed estese a più soggetti di controllo in specie pubblico, tali che si possa garantire in modo trasparente e inequivocabile sia la massima sicurezza e tutela per la salute umana, che la qualità dei lavori condotti. Tutto questo a prescindere della compagnia farmaceutica produttrice, che vada oltre le dichiarazioni dei possibili produttori, e e soprattutto atte a scongiurare nel modo più assoluto, una possibile risposta secondaria del nostro sistema immunitario, indicata invece come possibile da altri studi, che vedono nelle persone testate in caso di successiva infezione da Sars Cov2, la possibile produzione di anticorpi non neutralizzanti che si legano al virus stesso, e che potenzialmente possono addirittura aggravare il quadro clinico della malattia da Covid-19.

 

Il rispetto del diritto alla volontarietà da garantire in ogni Stato di diritto: 

Infine, come in ogni Stato di diritto che si rispetti, a maggior ragione in questo caso di emergenza sanitaria, dove con il possibile sviluppo di un vaccino per la Sars Cov 2, ci veniamo a trovare in modo inequivocabile nella necessità di condurre lunghe, estese e accurate fasi di sperimentazione sulle persone, è necessario che nei criteri di somministrazione sia di questo annunciato da Pfizer, come di altri possibili futuri vaccini per la Sars Cov-2, venga garantito in modo inalienabile e indiscutibile il diritto alla volontarietà, da assicurare e tutelare senza se e senza ma nei confronti di ogni soggetto.