Re:Common lancia oggi “Il Caso Congo – Gli affari dell’Eni nella Repubblica del Congo e i silenzi del governo italiano”. Il rapporto ricostruisce gli aspetti controversi che riguardano due licenze ottenute dalla principale multinazionale italiana nel Paese africano e che sono sotto la lente d’ingrandimento della magistratura. Le indagini attuali sono iniziate anche grazie a un esposto dell’associazione, presentato nel maggio del 2016.

“Il Caso Congo” prende in esame i vari protagonisti di questa vicenda, dall’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi e la sua consorte, passando per l’importante manager Roberto Casula, per poi arrivare a uomini d’affari, come l’inglese Alexander Haly.

L’Eni è indagata per corruzione internazionale ai sensi della legge 231 del 2001, così come di corruzione internazionale sono accusati Roberto Casula, Maria Paduano, Andrea Pulcini. Alexander Haly ed Ernest Akinmade. Anche Claudio Descalzi e la moglie Marie Magdalena Ingoba sono sotto indagine, per “omessa comunicazione di conflitto di interessi”. Per la Procura società collegate alla Signora Ingoba avrebbero beneficiato da contratti firmati con Eni per servizi forniti in Congo.

L’indagine della Procura di Milano era partita da una società privata, la congolese Aogc, che nel novembre 2013 ha ottenuto quote tra l’8 e il 10 per cento di quattro giacimenti di petrolio controllati dall’Eni. Per i magistrati milanesi, la Aogc sarebbe una sorta di “cassaforte” del presidente Denis Sassou Nguesso, al potere da oltre 40 anni e anch’egli e la sua famiglia oggetto di inchieste internazionali.

Intanto, come riportato da Il Corriere della Sera, lo scorso 10 settembre, la Procura di Milano ha chiesto al Gip Sofia Fioretta che l’Eni sia interdetta per due anni dal produrre petrolio nei pozzi di Marine VI e VII in Congo, tutt’ora al centro dell’indagine per corruzione internazionale. La Procura ha richiesto in subordine un commissariamento dell’Eni nel Paese, dal momento che i modelli organizzativi interni della società non avrebbero impedito che nel 2015, con l’allora capo dell’area sub-Sahariana Roberto Casula, si operasse una corruzione internazionale nell’ambito del rinnovo di alcune licenze, parzialmente cedute alla società locale Aogc.

“La giustizia farà il suo corso, ma questo e altri procedimenti penali continuano a gettare un’ombra sull’attuale dirigenza di Eni, mettendo a rischio la reputazione della società simbolo dell’Italia intera nel mondo” ha dichiarato Antonio Tricarico di Re:Common. “È quindi soprattutto una questione di opportunità politica e senso delle istituzioni che dovrebbe muovere chi detiene le leve del potere ad agire credibilmente e sgombrare il campo da ogni equivoco. Tuttavia è davvero assordante il silenzio degli ultimi anni del governo italiano e della nuova Presidente dell’Eni, l’avvocato Lucia Calvosa, nominata nel maggio scorso” ha concluso Tricarico.

Per scaricare il rapporto: https://www.recommon.org/il-rapporto-di-recommon-sugli-affari-sospetti-di-eni-in-congo/#unlock