In Bolivia un’ondata di indigeni che sostenevano la candidatura presidenziale di Luis Arce e David Choquehuanca ha sconfitto il principale candidato di destra, Carlos Mesa, per 20 punti, ripristinando la democrazia nel paese, nonostante il fatto che le forze di destra fossero sostenute dagli Stati Uniti e dall’Organizzazione degli Stati Americani (OSA). Pochi giorni dopo circa l’80% degli elettori cileni ha deciso con un referendum di rifondare la propria nazione con una nuova Costituzione. Questi eventi epocali rappresentano due vittorie gemelle per l’indipendenza latinoamericana, il rifiuto del neoliberismo radicale, il desiderio di riforme socio-economiche e l’insistenza sull’autodeterminazione dal basso.

Nel caso cileno, gli indicatori storici sono ovunque. In Bolivia, un’elezione democratica ha ripristinato il protagonismo politico dei leader indigeni dopo un colpo di Stato che ha cercato di invertire il “processo di cambiamento”. Si è trattato di un evento storico. Il risultato del plebiscito in Cile significa che, per la prima volta nella storia del paese, una Costituzione sarà redatta da rappresentanti eletti direttamente con voto popolare. I 155 delegati costituzionali che saranno eletti entro l’aprile del 2021 dovranno rappresentare l’ampia diversità delle organizzazioni di base, le opinioni politiche, i diritti settoriali e gli interessi legittimi dei gruppi al di là delle élite tradizionali. Domenica 25 ottobre centinaia di migliaia di cileni provenienti da tutte le parti dello spettro politico si sono riuniti nel centro di Santiago intorno all’attuale “Plaza de la Dignidad” (Piazza della Dignità) per festeggiare pacificamente, per tutta la notte, con musica, balli e canti di speranza. Con quasi 7,6 milioni di elettori, è la più grande affluenza alle urne dai tempi del ritorno della democrazia nel 1989.

Gradualmente l’idea di elaborare una nuova Costituzione ha guadagnato terreno tra le migliaia di partecipanti alle proteste spontanee di piazza. I manifestanti hanno subito una brutale repressione da parte della polizia che, tra migliaia di violazioni dei diritti umani, ha accecato centinaia di persone sparando proiettili di gomma.

Decenni di acuto deterioramento delle condizioni di vita nel cosiddetto “miracolo neoliberista dell’America Latina” hanno frantumato il racconto dell’establishment e avviato il processo che si è concretizzato in questo storico 25 ottobre.

Poiché l’origine bolivariana-chavista di questo movimento per riscrivere la Costituzione non piaceva all’establishment politico conservatore, nella versione finale del voto hanno modificato l’espressione “Assemblea Costituente” in “Convenzione Costituzionale”. Non importa. Il Cile, uno degli ultimi baluardi del neoliberismo radicale, ha finalmente risposto a quel desiderio di riforme di vasta portata che ha portato i popoli dell’Ecuador (2007), della Bolivia (2006) e del Venezuela (1999) a riscrivere le loro Costituzioni.

La fine dell’economia neoliberista

L’effetto simbolico e concreto più importante della decisione popolare di domenica è che il neoliberismo radicale è iniziato e finito in Cile, esattamente 40 anni dopo che la Costituzione del 1980 è stata forgiata sotto una dittatura che ha imposto un coprifuoco militare e una repressione diffusa. L’ultra nazionalista Pinochet scelse, ironia della sorte, un’ideologia straniera per inquadrare il suo regno del terrore. A Santiago vennero accolti i Chicago Boys, reclutati dai leader religiosi conservatori che davano il loro sostegno ideologico alla dittatura.

Le teorie di Milton Friedman furono poi applicate in Cile in un esperimento sociale incontrollato imposto dal governo militare: decine di migliaia di cileni furono torturati, scomparvero, vennero gettati nell’Oceano Pacifico con il ventre aperto, esiliati ed espulsi dai posti di governo. In questo contesto sanguinoso, l’ideologia neoliberista dei Chicago Boys venne infusa nella Costituzione, privatizzando aspetti fondamentali della vita dei cileni. Questa Costituzione ha insinuato i principi del profitto e dell’investimento di capitale in settori chiave e sensibili come l’istruzione, la sanità, le pensioni, la regolamentazione del lavoro e altre aree socialmente vitali dell’economia. Il contratto tra lo Stato e la cittadinanza è stato completamente privatizzato.

L’esperimento sociale continuò ad avere un impatto drammatico sulla vita dei cileni anche dopo la fine della dittatura di Pinochet, soprattutto a causa della lunga ombra della Costituzione del 1980. Il suo rigido meccanismo per gli emendamenti e la trappola elettorale creata dagli avvocati di destra e dai costituzionalisti conservatori richiedevano super maggioranze per allontanare il paese dal sistema creato dai Chicago Boys e da Pinochet. Ecco perché anche le cosiddette “amministrazioni socialiste” (Lagos e due mandati della Bachelet) sono state incapaci di realizzare una riforma significativa.

Il voto di domenica scorsa e le massicce proteste di piazza che hanno invaso il paese per diversi anni (gli studenti avevano guidato un’ondata di ampie mobilitazioni prima del 2019) hanno finalmente liberato la nazione da queste pastoie politiche.

 

 

 

Claudia Aranda

Il rifiuto di 40 anni di crudele neoliberismo in Cile non è una sorpresa. L’andamento macroeconomico apparentemente sano del paese non nasconde la realtà di ciò che la popolazione ha sopportato durante la dittatura e fino al presente. Oggi, metà della popolazione sopravvive con meno di 500 dollari al mese. Circa il 70% guadagna meno di 700 dollari.

Come ha riferito il COHA (Council on Hemispheric Affairs) qualche mese fa, circa la metà dei 9 milioni di lavoratori cileni [1] è indebitata [2]. Uno studio del giugno 2017 ha dimostrato che il 31% dei lavoratori indebitati ha un onere finanziario superiore al 40% del suo reddito e il 22% ha un onere finanziario superiore al 50%. Inoltre, il 43% dei debitori ha un reddito mensile inferiore a 500.000 pesos, equivalente a poco meno di 700 dollari secondo i tassi di cambio attuali [3]. È semplicemente impossibile sbarcare il lunario in tutta tranquillità.

I livelli di disuguaglianza di oggi sono difficili da credere. Il Cile è oggi uno degli esempi più drammatici di disuguaglianza sociale ed economica del pianeta:

Tutto porta alla disuguaglianza. Secondo un rapporto del 2019 della CEPAL (Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi), l’1% più ricco dei cileni detiene il 26% della ricchezza della nazione [4] e il Cile è al settimo posto tra i paesi più disuguali del pianeta, come riportato dalla Banca Mondiale nel 2018 [5].

Ora la sfida per i movimenti sociali progressisti in Cile è di assicurarsi che la nuova Convenzione Costituzionale non venga cooptata dai politici conservatori ricchi e dai loro benefattori corporativi. I loro candidati riempiranno i programmi televisivi e le pubblicità sui giornali. L’assemblea dei rappresentanti, che rifonderà il paese scrivendo una nuova Costituzione, deve essere all’altezza delle aspettative di tante generazioni di cileni che hanno cercato di creare un paese che protegga e si prenda cura di tutti i suoi abitanti, invece che di pochi privilegiati.

Il risultato del voto del 25 ottobre avrà senza dubbio deluso le forze favorevoli al mercato nelle Americhe. La “storia di successo” neoliberista non è andata come previsto. Ci vorranno anni perché il paese e la sua popolazione si riprendano dall’esperimento dei Chicago Boys, importato da quella terra lontana, gli Stati Uniti, politiche che nemmeno la più ardente nazione capitalista ha osato applicare in patria.

Speriamo che il Cile cessi presto di essere famoso come una delle nazioni più disuguali e venga riconosciuto come terra di equità, di pari opportunità e anche di pari diritti. Forse il sogno del presidente Salvador Allende, condiviso attraverso un drammatico messaggio radio dal Palazzo della Moneda mentre veniva consumato dalle fiamme dei bombardieri dell’Aeronautica Militare quel fatidico 11 settembre 1973, si avvererà finalmente 40 anni dopo il suo sacrificio: “Hanno il potere, potranno dominarci, ma i processi sociali non possono essere fermati né dal crimine né dalla forza (…) Ho fiducia nel Cile e nel suo destino (…) Molto presto si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore”.

Domenica 25 ottobre 2020, parte di quel sogno è diventata una realtà piena di speranza.

Patricio Zamorano è analista politico, accademico e co-direttore del COHA.

Jill Clark-Gollub e Fred Mills hanno collaborato come redattori di questo articolo.

[Tutte le foto, da Pressenza News Agency, licenza aperta]

Fonti:

[1] Banca Mondiale. https://datos.bancomundial.org/indicator/SL.TLF.TOTL.IN

[2] “Raggi X SBIF del debito in Cile”, https://www.sbif.cl/sbifweb/servlet/Noticia?indice=2.1&idContenido=11889

[3] “Raggi X SBIF del debito in Cile”, https://www.sbif.cl/sbifweb/servlet/Noticia?indice=2.1&idContenido=11889

[4] “Cepal descrive il Cile come un paese disuguale: L’1% concentra il 26,5% della ricchezza”, https://www.cnnchile.com/pais/cepal-describe-a-chile-como-un -país-desigual-un-1-concentra-el-265-de-la-riqueza_20190116 /

5] “Il Cile appare: questi sono i 10 paesi più disuguali del mondo”, https://www.biobiochile.cl/noticias/nacional/chile/2018/07/04/aparece-chile-estos-son-los- 10-paises-mas-desiguales-del-mundo.shtml

Una giornata storica in foto

Traduzione dall’inglese di Thomas Schmid

Revisione di Anna Polo

L’articolo originale può essere letto qui