Nell’ambito del ciclo di 4 incontri Interculturalità, Diritti e Celebrazioni: Conversazioni con fratelli e sorelle dei popoli originari[1] dell’America Latina.

 

Come attiviste di Convergenza delle Culture di Buenos Aires crediamo che la cultura dominante abbia sofferto e continui a soffrire una grande cecità nei confronti dei popoli originari. Siamo quindi felici di collaborare per bilanciare l´ignoranza delle nostre società riguardo ai contributi delle loro cosmovisioni e al significato delle loro lunghe e preziose lotte per essere riconosciuti come popoli preesistenti in un’Argentina plurinazionale.

È in questo contesto che invitiamo al Ciclo di 4 incontri Interculturalità, Diritti e  Celebrazioni organizzato dal Programma Interculturalità e Popoli Originari, che dipende dal Segretariato per l’Integrazione e la Cooperazione con la Comunità e il Territorio, dell’UADER (Università Autonoma di Entre Ríos).

Le organizzatrici e promotrici del Programma sono membri del Popolo Nazione Charrúa di Entre Ríos – Argentina:

  • Romina Arapeiz, della Comunità Charrúa Onkaiujmar, Tecnico in Arti Sceniche – UADER Tecnico in Comunicazione Sociale e studentessa in Comunicazione Sociale – UNER;
  • Ukaivberá Gladys Do Nascimento, della Comunità Charrúa I’Tu, referente nazionale del Consiglio Educativo Autonomo dei Popoli Indigeni, e insegnante di storia;
  • Dr.ssa Bernardita Zalisñak, insegnante della FHAyCS, che riconosce la sua ascendenza Charrúa.

Ci invitano a partecipare in questo modo:

Di fronte alla realtà mondiale della COVID-19, che ci travolge e ci interroga profondamente sui cambiamenti non più postergabili dei comportamenti sociali, politici e culturali, è pertinente e necessario valorizzare il contributo dei popoli indigeni preesistenti, la loro visione e la loro storiografia, di fronte alle imposizioni eurocentriche che si trasmettono come contenuti nei diversi livelli educativi. In questo caso, utilizzando gli strumenti tecnici disponibili (inimmaginabili nella condivisione dei saperi per un popolo originario) che incorporiamo come parte dell’evoluzione umana che segue le pulsazioni dell’evoluzione del cosmo.

Si tratta di 4 incontri mensili da luglio a ottobre, per affrontare questioni relative al riconoscimento, alla valorizzazione e alla protezione delle comunità indigene.

Pubblicheremo il tema di ogni incontro separatamente.

Al primo incontro, tenutosi lo scorso luglio, hanno partecipato fratelli e sorelle dei popoli Charrúa, Guaraní, Quechua, Diaguita Calchaquí, Mapuche, Mapuche Tehuelche, Kolla, Tonokote, Qom, Chaná Minuan e Mocoví. Queste informazioni sono state ottenute grazie a una domanda sul modulo di registrazione che chiedeva se gli interessati erano membri di quale  popolo nativo o se avevano un’ascendenza indigena riconosciuta.

In quell’occasione sono stati sviluppati due aspetti di grande importanza:

  • Ukaivberá Gladys Do Nascimento ci ha raccontato del cambiamento del Ciclo Lunare Charrúa – che si celebra dal 22 giugno.

Abbiamo trascritto le sue parole:

La stessa celebrazione, tra il 21 e il 24 luglio, si celebra in tutte le comunità dell’Abya Ayala, erroneamente chiamata America, e si celebra la fine del ciclo lunare o solare, a seconda della comunità. 

Prima del calendario gregoriano in Europa ce n’era un altro chiamato Giuliano, molto simile al nostro, che era governato dalle fasi lunari, dai periodi di semina, dalla pioggia o dalla siccità, dalla vita dei semi. In quel calendario il 22 giugno era il giorno delle streghe e qui in America Latina è il giorno di San Giovanni che la Chiesa cattolica ha sovrapposto a una celebrazione brasiliana molto importante.

Qualche decennio fa abbiamo ripreso questa celebrazione, per tornare in quel luogo, quella notte e rivivere le nostre tradizioni.

Perché quel giorno e non un altro? È l’osservazione ancestrale delle leggi naturali che governano il nostro universo che ci dà segni, indizi, che deve essere quel giorno e non un altro. 

Quel giorno, quando il sole tramonterà, inizieremo con il primo momento della cerimonia e continueremo fino all’alba del giorno successivo. 

La Cerimonia ha quattro momenti molto intensi e sublimi. 

Il sole è illuminato, il sole tramonta e il guardiano scelto dalla comunità accende il fuoco e veglia su di esso per tutta la notte. Solo le persone autorizzate a farlo toccano il fuoco. Chi è il fuoco? Il fuoco è un ancestrale newen, che ha la chiarezza di rivelarci molte conoscenze, soprattutto in quella notte in cui lo onoriamo molto profondamente, tutti seduti intorno ad esso alla stessa distanza da quel centro che è il “nonno fuoco” ancestrale.  

Nella seconda fase, onoriamo i nostri nonni, il che significa per noi onorare tutti gli esseri saggi che apportano una conoscenza, che potremmo capire se ci occupassimo di loro un po’ di più.

A chi non piace sedersi davanti a un piccolo fuoco e stare in silenzio?

A chi non piace ascoltare il vento, che è un saggio e antico nonno, che porta suoni diversi, canzoni diverse?

A chi non piace sedersi sulla nostra Madre Terra e ricevere tutto ciò che vi è predisposto? 

Dopo una pausa, inizia la terza fase, che è la presentazione della conoscenza.

È la presentazione dei semi, delle medicine e di tutte quelle cose con cui abbiamo attraversato tutto questo ciclo che è finito, per lasciarne il posto ad un altro. Offriamo tutto ai nostri nonni, fuoco e acqua, che è bene avere nelle vicinanze, affinché possiamo nutrirli. È anche il momento rituale per gli anziani per trasmettere e insegnare la conoscenza agli altri fratelli e sorelle. Essere avanzati in età è un privilegio, perché significa aver vissuto una vita di appagamento.

Abbiamo trascorso più di un secolo senza poter trasmettere le nostre conoscenze in cerimonie, che comunque sono rimaste valide, latenti, nascoste e silenziose, ma esistono ancora. 

L’ultimo momento di questa celebrazione è all’alba. Aspettiamo l’alba con danze, con gioia, ringraziando il sole per essere tornato. 

Festeggiare il nostro calendario è un nostro diritto.

Ne sono una promotrice e ricordo sempre il nostro tempo circolare, che ritorna sempre, affinché sia visibile, in vigore e vissuto da noi.

2- Romina Arapeiz ci ha parlato del XIX° anniversario della Convenzione 169 dei Popoli Indigeni e Tribali dell’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) in argentina e in particolare dell’articolo 5 che fa riferimento a “valori e pratiche sociali, culturali, religiosi e spirituali” che devono essere riconosciuti e protetti dagli Stati, come stabilito da questo strumento giuridico che ha valore costituzionale.

Ci ha anche spiegato come comprendono l’interculturalità:

Non ci può essere interculturalità senza i popoli nativi, così come non ci possono essere politiche pubbliche per i popoli originari senza di loro. C’è un sapere che è assoggettato e vogliamo far nascere un altro tipo di conoscenza. L’interculturalità è una possibilità che comprende la revisione delle azioni che svolgiamo, le politiche devono essere pensate dai popoli indigeni per i popoli indigeni, non sono imposte né per i membri dei popoli indigeni né per quelli che non lo sono. Rispettiamo gli altri e noi stessi, non pretendiamo di avere la verità, e questa è una prova di interculturalità.

La prossima Conferenza si terrà il 19 settembre alle 17 ora argentina, nell’ambito delle celebrazioni per la giornata degli insegnanti e degli studenti dell’11, 17 e 21 e del Cambiamento di Ciclo Charrúa. Lavoreremo sul diritto all’educazione bilingue e interculturale.

Alcuni obiettivi del PIPO (Programma di Interculturalità e Popolazioni Indigene) saranno presentati in relazione alla decolonizzazione, all’interculturalità e all’eliminazione del razzismo nell’istruzione superiore. Le autorità del CEAPI (Consiglio Autonomo per l’Educazione dei Popoli Indigeni) saranno invitate a parlare dei progressi e  nell’area dell’Educazione Interculturale e Bilingue.


[1] Nota dell´editrice.

La denominazione popoli originari è quella scelta dalle promotrici dell´incontro che non si riconoscono nelle categorie con le quali li hanno denominati gli occidentali: indigeni, aborigeni. Si tratta di denominazioni caricate di significati discriminatori e degradanti. Ma in particolare il termine indigeno è in uso nella legislazione nazionale e internazionale e quindi in certi contesti devono usarlo ugualmente.