Santa Sofia a Istanbul: delusione per i Cristiani in Medio Oriente. Le reazioni occidentali alla decisione su Santa Sofia non sono sufficienti.

Il piano del presidente turco Recep Tayyip Erdogan di convertire Santa Sofia in moschea è percepito dalle minoranze cristiane in Medio Oriente come un attacco ai loro diritti religiosi e un ostacolo alla convivenza pacifica. Sono ulteriormente delusi dalle esitanti reazioni dei governi e delle chiese occidentali a questa aggressiva politica di islamizzazione.

Per l’Associazione per i popoli minacciati (APM) l’Occidente sta proteggendo e sostenendo la politica della Turchia nei confronti della minoranza cristiana in declino del Paese – un sentimento che viene attualmente espresso da molti nei social media in Medio Oriente. Già nell’Impero Ottomano, i credenti cristiani passavano in secondo piano quando l’Occidente aveva bisogno della Turchia come baluardo contro questo o quel potere più a est. L’impressione che poco sia cambiato in questo senso è molto diffusa.

Alcuni accusano Erdogan di continuare le pratiche del cosiddetto “Stato islamico” (IS) con altri mezzi: Anche l’IS alla fine ha cercato di convertire le chiese cristiane in moschee nella metropoli irachena settentrionale di Mosul o nella città siriana di Raqqa. Aamir Jamil Findikli, storico di Mosul, ha recentemente descritto la decisione di Santa Sofia in Turchia come una continuazione di quanto accade da secoli. La stessa tendenza potrebbe essere osservata nella pianura di Ninive, a nord e a ovest di Mosul. Cristiani, Yezidi e altre minoranze sono stati cacciati da lì in massa nell’estate del 2014. Questo è successo sotto gli occhi dell’esercito turco. La Turchia ha sostenuto o tollerato gli attacchi dell’IS contro queste minoranze e anche contro i musulmani curdi che rifiutano la legge della Sharia islamica.

“Santa Sofia è stata un simbolo della nostra ricca storia e una grande cupola per tutti noi”, ha scritto qualche giorno fa su Facebook il parlamentare armeno Garo Paylan del partito filocurdo HDP. Paylan critica ripetutamente la negazione del genocidio degli Armeni nell’Impero ottomano ed è stato più volte aggredito per questo motivo. Le forze nazionaliste stanno già cercando di revocare la sua immunità parlamentare. Rischia di scomparire in prigione, come è successo a molti altri membri dell’opposizione democraticamente eletti.

Mentre Erdogan vuole vendersi come il santo patrono dei musulmani sunniti, il presidente russo Vladimir Putin cerca di presentarsi come il salvatore del cristianesimo ortodosso. In realtà, i due lavorano insieme in molte aree, per esempio contro le forze curde nel nord della Siria. Entrambi i leader usano strumentalmente la religione per raggiungere i loro obiettivi geopolitici. Gli Stati della NATO e l’Europa in particolare, non devono più sostenere questa politica con il loro ostentato silenzio.

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