Una nuova analisi dei dati dell’OCSE di inizio luglio, redatta sulla base di uno standard di riferimento sviluppato dalla Tax Justice Network (Rete di Giustizia Fiscale), ha rintracciato per la prima volta un totale di 467 miliardi di dollari di profitti aziendali trasferiti dalle multinazionali nei paradisi fiscali, con una perdita di gettito fiscale pari a 117 miliardi di dollari. I dati che riguardano 15 paesi offrono solo un quadro parziale del problema dell’abuso fiscale aziendale e confermano le precedenti stime della Rete di Giustizia Fiscale, secondo le quali i governi perderebbero ogni anno 500 miliardi di dollari a causa dei profitti portati nei paradisi fiscali. Il Regno Unito, la Svizzera, il Lussemburgo e l’Olanda, alias “l’asse dell’evasione fiscale”, sono responsabili del 72% delle perdite in gettito fiscale nel mondo. 

I dati pubblicati dall’OCSE confermano il grande successo ottenuto dalle politiche della Rete di Giustizia Fiscale e da altri attori globali nella lotta all’abuso fiscale aziendale. La ricerca OCSE è stata condotta paese per paese, basata su una proposta avanzata nel 2003 dalla Rete stessa, proposta che era stata inizialmente respinta perché “irrealistica” e “utopistica”. I dati consistono in un insieme di informazioni sulla rendicontazione paese per paese delle multinazionali di 26 stati. Tuttavia, vista le incongruenze nel formato e nella qualità dei dati, la Rete ha analizzato solo quelli relativi a 15 paesi.

La Rete di Giustizia Fiscale, che aveva avvertito i governi che “non avrebbero potuto uscire dalla crisi più forti di prima passando dalla botola di un paradiso fiscale”, ha chiesto loro di affrontare il problema sollecitando le imprese a pubblicare la propria rendicontazione paese per paese ogni anno, specificando dove ottengono i propri profitti e tassarle di conseguenza, prima che questi introiti vengano trasferiti nei paradisi fiscali. Per il momento la pubblicazione dell’OCSE rappresenta il più grande progresso fatto verso una maggiore trasparenza sulle imposte fiscali aziendali. 

Quanto è esteso il problema dell’abuso fiscale?

Secondo questa analisi le multinazionali, invece di dichiarare quali siano i paesi in cui hanno ottenuto i propri guadagni, trasferiscono ogni anno più di un trilione di dollari di profitti nei paradisi fiscali, dove le aliquote sono decisamente più basse o inesistenti, così da registrare introiti molto minori lì dove sono operativi e pagare, di conseguenza, molte meno imposte.

Il quadro parziale che emerge dai dati dell’OCSE, relativo ai 15 paesi che hanno fornito un insieme di informazioni sufficientemente dettagliato, ha permesso alla Rete di Giustizia Fiscale di identificare un totale di 467 miliardi di dollari di profitti trasferiti in tutto il pianeta e una perdita annuale in gettito fiscale di circa 117 miliardi di dollari. Servendosi di dati di più alta qualità del 2017 degli Stati Uniti come metro di paragone, la Rete stima che in realtà lo spostamento degli utili è superiore del 50% a quello riportato dalle 15 nazioni, ovvero circa 840 miliardi di dollari, con una perdita di gettito pari a 203 miliardi. Applicando questi calcoli a livello globale, si nota che l’evasione totale è pari a 1,3 trilioni di dollari all’anno, con una perdita di gettito fiscale di 330 miliardi. Sommandolo agli effetti indiretti causati dalla gara tra chi riduce di più le aliquote fiscali, la perdita di gettito fiscale annuale provocata dal ricorso ai paradisi fiscali da parte delle multinazionali probabilmente è in linea con la stima di 500 miliardi di dollari della Rete di Giustizia Fiscale, basata su una metodologia ideata dai ricercatori del Fondo Monetario Internazionale.

Dei 467 miliardi di dollari in utili trasferiti altrove riportati dai 15 paesi, la maggior parte è finita in Olanda (95 miliardi), seguita dalle Bermuda, un territorio d’oltremare britannico (44 miliardi), dallo stato americano di Puerto Rico (36 miliardi), Hong Kong (33 miliardi) e Lussemburgo (32 miliardi). I più grandi paradisi fiscali, che sono la principale causa della perdita di 117 miliardi in gettito fiscale, sono l’Olanda (24 miliardi), seguita dalle Bermuda (10,9 miliardi), Puerto Rico (9 miliardi), Lussemburgo (8 miliardi) e Irlanda (7,9 miliardi).

Tax revenue losses and gains due to profit shifting by the displayed countries. UK territories and Crown dependencies are marked with an asterisk

Perdite di gettito fiscale e guadagnati ottenuti grazie allo spostamento degli utili da parte dai vari paesi. I territori del Regno Unito e le dipendenze della Corona britannica sono segnalati con un asterisco. 

Nel 2019, secondo la stima dell’indice dei paradisi fiscali della Rete per la Giustizia Fiscale, basata su un’attenta analisi delle leggi e dei sistemi fiscali e delle economie delle nazioni coinvolte, la metà dei rischi di elusione fiscale aziendale mondiali sono riconducibili al Regno Unito, all’Olanda, alla Svizzera e al Lussemburgo, definiti “l’asse dell’evasione fiscale”. L’OCSE, nel suo nuovo studio, ha scoperto che è a questa “asse” che si può ricollegare il 72% delle perdite di gettito fiscale indicate nei dati.

I dati evidenziano la natura decisamente dispendiosa del modello dei paradisi fiscali. In cambio di una perdita di gettito fiscale annuale per i governi pari a 117 miliardi di dollari, i paradisi fiscali hanno raccolto solo 14,8 miliardi di dollari di gettito fiscale in più ogni anno. Per ogni dollaro guadagnato dai paradisi fiscale in imposte grazie allo spostamento di utili delle multinazionali, il mondo ne ha persi 6 per azienda.

Il livello di profitti perduti varia di paradiso in paradiso. I più “spreconi” sono i territori britannici oltremare. In cambio di una perdita di gettito fiscale annuale per i governi mondiali di circa 5 miliardi, le Isole Vergini britanniche hanno guadagnato nuovi introiti fiscali annuali pari a solo 0,02 miliardi. Per ogni dollaro che queste hanno riscosso grazie allo spostamento di utili nella sua giurisdizione da parte delle multinazionali, il mondo ne ha persi 314. Il territorio britannico oltremare di Cayman ha guadagnato 0,07 miliardi di dollari in più in imposte, costandone al mondo 7 (112 dollari persi nel mondo per ogni dollaro ottenuto da Cayman). Le Bermuda 0,04 miliardi, costandone 10,9 miliardi (24 dollari persi nel mondo per ogni dollaro ottenuto dalle Bermuda). Il Lussemburgo ha ricavato 0,4 miliardi, costandone circa 8 miliardi al mondo (20 dollari persi nel globo per ogni dollaro ottenuto dal Lussemburgo). Puerto Rico ne ha ottenuti 0,5 miliardi, costandone 8 (16 dollari persi per ogni dollaro in più per Puerto Rico).

L’analisi pubblicata dall’OCSE è un “momento di svolta”

La pubblicazione dell’analisi dell’OCSE nella giornata di ieri segna la prima volta nella storia in cui i dati sulla rendicontazione paese per paese sono stati resi pubblici, fatta eccezione per quella statunitense, messa a disposizione di tutti in primavera. Sollecitando le multinazionali a riportare per iscritto i profitti racimolati e i costi affrontati in ogni nazione in cui opera, invece che fornirne solo una somma complessiva, la rendicontazione espone i casi di spostamento degli utili, aiutando i governi a identificare e contrastare l’evasione fiscale.

La Rete per la Giustizia Fiscale ha accolto la pubblicazione dello studio come un “momento di svolta” nella battaglia all’evasione fiscale. Sviluppato dalla Rete nel 2003, la rendicontazione paese per paese alla fine si è guadagnata l’approvazione del G20 nel 2013 ed è stata formalizzata dall’OCSE nel 2015, rendendola un prerequisito fondamentale per i suoi membri, impegnandosi in un secondo momento a pubblicare i dati raccolti sottoforma di aggregato di informazioni nel 2019 -rimandando la pubblicazione a ieri.

La Rete per la Giustizia Fiscale ha analizzato la rendicontazione statunitense ad aprile, rivelando che le sole imprese americane trasferiscono utili per un totale di 115 miliardi di dollari nel Regno Unito, in Svizzera, nel Lussemburgo e in Olanda, costando all’UE più di 27 miliardi in perdite di gettito fiscale. Grazie alla rendicontazione delle 15 nazioni offre un’idea migliore del problema dell’elusione fiscale, ma c’è bisogno di ulteriori dati per ottenere uno sguardo d’insieme completo.

I paradisi fiscali mettono a rischio il recupero dalla pandemia globale

L’analisi della Rete per la Giustizia Fiscale conferma che le misure a cui è ricorsa l’UE per evitare che i sussidi post-COVID finiscano nei paradisi fiscali non saranno particolarmente efficaci nel contrastare lo spostamento degli utili. Rendendosi conto che le misure contenitive prese per evitare il tracollo economico verranno indebolite dalla presenza dei paradisi fiscali, numerosi stati membri dell’UE hanno vietato alle imprese lì registrate di ricevere gli aiuti economici di primavera. Tuttavia, il divieto riguardava soltanto i paesi presenti nella lista delle giurisdizioni non cooperative, lasciando di fatto i paradisi fiscali più pericolosi al mondo. La Rete per la Giustizia fiscale aveva già messo in guardia in passato dal fatto che la lista nera dei paradisi fiscali dell’UE copre soltanto il 7% dei rischi di opacità finanziaria posti dai paradisi fiscali, lasciando le porte spalancate all’evasione fiscale. L’analisi dei nuovi dati dell’OCSE ribadisce che è alle giurisdizioni presenti su questa lista nera che è riconducibile il 7% degli spostamenti di utili rivelati. Il territorio britannico delle isole Cayman è l’unico ad avere una certa rilevanza, essere responsabile per il 98% del profit shifting. 

Mentre diversi stati membri dell’UE hanno elaborato una serie di leggi che prevedono la pubblicazione della rendicontazione paese per paese da parte delle multinazionali come requisito imprescindibile per ricevere i sussidi post-Covid, così come proposto dalla Rete per la Giustizia Fiscale ad aprile, nessun governo l’ha ancora approvate. Alcune rivelazioni emerse dall’analisi pubblicata dall’OCSE dimostrato quanti casi di abusi fiscali potrebbero essere identificati e contrastati grazie al requisito fondamentale della consegna della rendicontazione paese per paese. La Rete chiede all’UE di mostrare la propria leadership agendo all’unisono per imporre questa rendicontazione – la legislazione abbraccerebbe la maggior parte delle multinazionali nel mondo, riuscendo così a dare un contributo estremamente positivo. 

Il Regno Unito rinnega il suo impegno e impedisce all’OCSE di pubblicare i suoi dati

Il Regno Unito ha impedito all’OCSE di pubblicare la sua rendicontazione paese per paese, rinnegando la promessa di provvedervi fatta nel 2016. L’allora ministro dell’economia George Osborne, che convinse l’UE a impegnarsi a pubblicare la rendicontazione, rese il Regno Unito uno dei primi paesi UE a ripromettersi, sia a livello nazionale che internazionale, di pubblicare la rendicontazione paese per paese, nell’ambito di un processo multilaterale. Ciononostante, a maggio 2020, il Ministero del Tesoro britannico ha confermato al parlamento di aver ribaltato la decisione prese, spingendo la Rete per la Giustizia Fiscale a lanciare un campanello d’allarme circa il ricorso del Regno Unito al paradiso fiscale.

Ai sensi della legge finanziaria del 2016 il governo britannico avrebbe il potere imporre alle multinazionali con sede nel Regno Unito di pubblicare la loro rendicontazione paese per paese; tuttavia, questa prerogativa non è ancora stata sfruttata fino a ora. La nazione raccoglie i dati dal 2016, ma il ministero del Tesoro ha affermato a maggio 2020 che non li avrebbe pubblicati, visto che facendo avrebbe commesso un’infrazione del processo dell’OCSE – quello stesso processo per cui ieri l’organizzazione ha pubblicato l’aggregato di informazioni nel suo studio, ricerca a cui il Regno Unito si è rifiutato di prendere parte.

Non esercitando il proprio potere di imporre alle imprese individuali la pubblicazione della rendicontazione paese per paese, come previsto dalla legge finanziaria del 2016, il Regno Unito ha perso l’occasione di incassare almeno 2,5 miliardi di sterline all’anno in gettito fiscale, per un totale di almeno 10 miliardi di sterline fino a oggi.Tra l’altro, questi 10 miliardi di sterline corrispondono proprio alla somma che, secondo il presidente del sistema sanitario nazionale inglese Simon Stevens, è necessaria per preparare il loro servizio sanitario per una possibile seconda ondata di contagi.

Mancata consegna dei dati

Ciò che colpisce nella ricerca dell’OCSE è notare quanti paesi non abbiano consegnato il modulo per la relazione informativa. Molti membri dell’organizzazione non hanno dato il consenso per la pubblicazione dei dati, come il Regno Unito. Molti hanno posto tante limitazioni da rendere queste informazioni sostanzialmente inutili ai fini della comprensione dei casi dei profit shifting delle multinazionali con sede nelle giurisdizioni dei paesi stessi. 

Il grafico sottostante riassume quanti dati ogni nazione abbia permesso di pubblicare, sulla base della loro posizione in classifica sull’indice dei paradisi fiscali della Rete per la Giustizia Fiscale. È facile distinguere quattro gruppi: i non- paradisi con alto e basso livello di pubblicazione e i paradisi fiscali con alto e basso livello di pubblicazione. Si noti come, tra i paradisi fiscali, le Bermuda e il Lussemburgo siano stati relativamente cooperativi e trasparenti nella rendicontazione paese per paese, mentre gli altri paradisi più problematici, inclusi diversi membri dell’OCSE, sono stati deliberatamente più opachi. 

 

Gli attivisti esortano i governi a pubblicare i dettagli sulle multinazionali

I dati pubblicati dall’OCSE riuniscono le rendicontazioni paese per paese raccolte da ogni nazione dalle multinazionali con sede all’interno dei propri confini. Aggregando le informazioni relative alle singole multinazionali le si rende anonime. Per far sì che la rendicontazione sia davvero efficace la Rete per la Giustizia Fiscale ha invitato i governi a sollecitare le grandi imprese a pubblicare le proprie relazioni. 

Numerosi gruppi societari hanno già promesso di pubblicare volontariamente le loro rendicontazioni, con la Vodafone a farlo per prima nel 2018. La Global Reporting Initiative è stata la prima a lanciare, nel dicembre 2019, uno standard fiscale, il GRI Tax Standard, che è il più ampio a cui una multinazionale possa fare riferimento per pubblicare la sua rendicontazione. Questi standard sono utilizzati dal 74% delle 250 società più grandi al mondo.

Alex Cobham, direttore generale della Rete per la Giustizia fiscale, ha affermato quanto segue:

 “La pandemia ha esposto i grossi costi che comporta un sistema fiscale internazionale programmato per mettere al primo posto gli interessi delle multinazionali, invece di quelli dei cittadini. Questi nuovi dati confermano che, ormai da anni, paradisi fiscali come il Regno Unito, la Svizzera, l’Olanda e il Lussemburgo infiammino una gara al ribasso, permettendo alle società più grandi di concentrare il benessere nelle proprie mani e di sottrarlo alle infermiere, ai servizi pubblici e alle imprese locali su cui facciamo affidamento in questo momento.”

“Questa è la rapina più grande e lunga della storia recente, ma la buona notizia è che ora disponiamo di uno dei migliori sistemi d’allarme che ci siano – abbiamo solo bisogno che i governi lo attivino.”

“Ora più che mai i governi devono riprogrammare i loro sistemi fiscali, così da dare la priorità al benessere dei cittadini e non agli interessi delle più grandi società. Il primo passo consiste nella trasparenza. Lo studio pubblicato dall’OCSE è un momento di svolta nelle azioni intraprese per rendere più trasparenti, in forma aggregata, le questioni fiscali delle multinazionali più grandi del globo. Per evitare davvero perdite in gettito fiscale miliardarie ogni anno i governi devono imporre alle aziende la pubblicazione annuale delle loro rendicontazioni individuali, tassandole in base a dove abbiano fatturato realmente, non in base a dove fingano di averlo fatto.”

Rosa Pavanelli, segretario generale della Public Services International (la federazione sindacale globale per i lavoratori dei servizi pubblici), sostiene quanto segue: 

 “Questi dati confermano quanto sia esteso il problema dello spostamento degli utili delle multinazionali e quanto sia alto il suo costo per le casse pubbliche. È un fattore che contribuisce indirettamente al sotto-finanziamento dei nostri servizi pubblici, problematica che la pandemia ha lasciato emergere del tutto. I legislatori devono intervenire urgentemente per fermare queste perdite e supportare i servizi pubblici – non possiamo permetterci di aspettare.”

Dereje Alemayehu, coordinatore esecutivo dell’Alleanza globale per la Giustizia Fiscale, ha affermato:

 “Tutti dovrebbero rendersi conto di quanto sia ironico il fatto che l’OCSE, il club dei paesi più ricchi, abbia pubblicato dei dati che mostrano gli abusi fiscali commessi dalle multinazionali più grandi dei loro stati membri. L’OCSE si è arrogata in maniera illegittima il compito di riformare le leggi fiscali internazionali e, non sorprendentemente, non ha mantenuto la sua promessa di riformare quelle leggi causano questi problemi. Il tutto è accaduto mentre sono i paesi del sud, che non sono parte dell’organizzazione, e i loro cittadini a subire le peggiori conseguenze dell’evasione fiscale. Non potrebbe essere più chiaro che la responsabilità di riformare la legislatura finanziaria dovrebbe andare alle Nazioni Unite, con la stessa velocità con cui i profitti vengono trasferiti nei paradisi fiscali, tra cui si annoverano anche gli stati membri dell’OCSE.”

Traduzione dall’inglese di Emanuele Tranchetti. Revisione di Thomas Schmid

Contatti: media@taxjustice.net

Note

  1. Secondo gli studi condotti in passato dalla Rete per la Giustizia Fiscale i governi perderebbero 500 miliardi di dollari all’anno di gettito fiscale a causa del trasferimento dei profitti delle multinazionali nei paradisi fiscali.
  2. L’OCSE ha pubblicato la rendicontazione dei dati paese per paese per la prima volta. È scaricabile qui.
  3.  La Rete di Giustizia fiscale ha pubblicato un documento in cui indica 5 passi da seguire per far si che i fondi stanziati per il COVID-19 siano usati per salvaguardare dei posti di lavoro, invece che finire nei paradisi fiscali. Sebbene questo documento abbia guadagnato molti consensi, incluso il supporto del presidente del partito social democratico tedesco Walter-Borjans e una dichiarazione del Partito dei Verdi scozzese, due dei suoi elementi chiave non sono stati implementati: la richiesta di andare oltre la lista nera dei paradisi fiscali dell’UE e la consegna della rendicontazione paese per paese come condizione imprescindibile per ricevere dei sussidi. 
  4. Questa pratica è conosciuta come profit shifting (spostamento degli utili). Sono vari i modi in cui un’impresa può trasferire i propri profitti in un paradiso fiscale per abbassare artificialmente il gettito fiscale da pagare da qualche altra parte nel mondo. Un metodo consiste nello spostamento dei diritti di proprietà intellettuale aziendale verso un paradiso fiscale, riscuotendo dalle sue filiali in altre parti del globo dei pagamenti per l’uso di quella proprietà. Per esempio, un’impresa di caffè potrebbe portare i suoi diritti di proprietà intellettuale in Lussemburgo e poi far pagare una quota alla sua filiale in Italia per l’uso del marchio. Per ogni tazza di caffè venduta in Italia, la filiale italiana pagherebbe un contributo per il marchio, riducendo così i guadagni riscossi in Italia. Spesso non c’è motivo di spostare i diritti di proprietà intellettuale in un paradiso fiscale come il Lussemburgo, se non quello di pagare meno imposte. Un altro metodo per spostare profitti è di fare prestiti con interessi all’interno del proprio gruppo. Una filiale olandese che fa un prestito alla filiale francese, riscuoterebbe degli interessi sul risanamento del debito, così che i profitti francesi possano essere trasferiti nei Paesi Bassi. Non è raro che si forniscano crediti del genere per reindirizzare gli introiti verso un paradiso fiscale. Per trovare altri esempi di profit shifting, si consulti il capitolo 3 del nostro rapporto su come la British American Tobacco è riuscita ad evadere il fisco. 
  5. Il “Corporate Tax Haven Index” classifica, ogni due anni, i paradisi fiscali più corrosivi al mondo. Ecco i risultati del 2019.
  6. L’analisi di aprile della rendicontazione statunitense è disponibile qui.
  7.  Qui trovate la nostra analisi della lista. 
  8. https://www.taxjustice.net/2020/05/21/scotland-joins-wave-of-countries-blocking-tax-haven-tied-corporations-from-receiving-covid-19-bailouts-tax-justice-network-responds/
  9. Vedasi la nostra analisi della blacklist europea qui.
  10. Vedi  Scotland joins wave of countries blocking tax haven-tied corporations from receiving Covid-19 bailouts; Tax Justice Network responds
  11. Vedasi nota 3.
  12. Il dietro front del Regno Unito sulla rendicontazione paese per paese è giunto a una settimana dall’analisi della Rete per la Giustizia Fiscale della rendicontazione statunitense, da cui era emerso che il Regno Unito costa ogni anno 1,5 miliardi di dollari in perdite di gettito fiscale. A febbraio 2020 la Gran Bretagna è stata sommersa dalla critica per essere arrivati al dodicesimo posto dell’indice sull’opacità finanziaria della Rete per la Giustizia Fiscale, una classifica di quelle nazioni più attive nell’aiutare gli individui a evadere il fisco. Potete leggere il nostro articolo su questo dietro front, pubblicato a maggio 2020, qui.
  13. L’analisi dell’università di Oxford ha stimato che il Regno Unito potrebbe prevenire perdite annuali in gettito fiscale, a causa dello spostamento di utili, pari a 2,5 miliardi di dollari all’anno. Partendo dal presupposto che le multinazionali potrebbero ricorrere ad altri strumenti per evadere il fisco, i ricercatori, conservativamente, hanno stimato che, grazie alla rendicontazione paese per paese, si potrebbe recuperare il 10% delle perdite in gettito fiscale. In pratica, la somma recuperata potrebbe essere decisamente maggiore. Secondo la Rete per la Giustizia Fiscale la rendicontazione paese per paese avrebbe potuto permettere, in più di 4 anni, di impedire alle multinazionali di evadere il fisco per un totale di minimo 10 miliardi di sterline.
  14. Qui trovate l’articolo: NHS chiefs in standoff with Treasury over emergency £10bn
  15. Si tratta di uno standard elaborato in collaborazione con aziende, investitori, gruppo sociali civili e organizzazioni del lavoro. Troverete più informazioni qui.
  16. Qui troverete più informazioni sulla GRI.

Alcune informazioni sulla Rete per la Giustizia Fiscale

La Rete per la Giustizia Fiscale crede che l’unico modo per creare un mondo più giusto, in cui tutti abbiano l’opportunità di condurre una vita significativa e soddisfacente, sia dotarsi di un insieme di un diritto tributario che sia anch’esso giusto, nell’ambito del quale ognuno può dare un contributo per la società che desideriamo. I nostri sistemi fiscali, sotto pressione di potenti imprese, sono stati programmati per pretendere il minimo da quelle multinazionali e da quelle élite più benestanti, che invece ottengono di più dalla nostra società, e per chiedere molto di più ai cittadini, in cambio di molto meno. La Rete per la Giustizia Fiscale sta lottando per ovviare a quest’ingiustizia. Ogni giorno forniamo ai cittadini e ai governi in tutto il mondo le informazioni e gli strumenti di cui hanno bisogno per riprogrammare i loro sistemi fiscali e finanziari, in modo tale che funzionino per tutti.