«La messa, programmata nella città di Sarajevo il 16 Maggio, con l’intenzione di commemorare soldati e civili morti a Bleiburg, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, rischia di diventare una glorificazione dei sostenitori del regime fascista Ustaša, alleato dei Nazisti, complice della uccisione di centinaia di migliaia di persone. Una tale commemorazione costituirebbe un ulteriore attacco alle vittime di quel regime, sferrato contro gli ideali e i principi dell’antifascismo su cui i Paesi europei sono stati rifondati dopo la Seconda Guerra Mondiale, ed un colpo severo agli sforzi per la riconciliazione nella regione.

«I leader politici e religiosi della regione devono cooperare per ricostruire fiducia tra i popoli ed astenersi dall’intraprendere iniziative che rinforzino divisioni ed intolleranza». Così recita la nota di Dunja Mijatović, Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa. Sulla stessa lunghezza d’onda, il Congresso Ebraico Mondiale, l’organismo internazionale che rappresenta le comunità ebraiche del mondo, per il quale la celebrazione della funzione religiosa cattolica, tenuta a Sarajevo il 16 Maggio, glorifica persone coinvolte nei crimini efferati commessi dal regime Ustaša, alleato dei Nazisti, durante la Seconda Guerra Mondiale in Croazia. Non uno, per giunta, ma due eventi: oltre quello, che ha suscitato la riprovazione delle coscienze democratiche e destato l’immediata risposta della Sarajevo (e non solo) democratica e antifascista, anche uno tenuto a Zagabria, capitale della Croazia, eventi svolti quest’anno proprio nel cuore della ex Jugoslavia, anziché a Bleiburg, in Carinzia, poco distante dal confine con la Slovenia, dove usualmente si tiene un vero e proprio raduno annuale, occasione di mobilitazione nostalgica e neo-fascista, cancellato quest’anno a causa delle restrizioni imposte dalle misure di contenimento per la pandemia da coronavirus.

Come, infatti, ha rimarcato ancora il Congresso Ebraico Mondiale, negli ultimi ben 24 anni, la cosiddetta “commemorazione di Bleiburg” è stata «utilizzata per glorificare persone che hanno sostenuto o che sono state attivamente coinvolte nelle iniziative di un regime che ha sterminato centinaia di migliaia di innocenti, uomini, donne, bambini, solo a causa della loro identità nazionale o religiosa. Il fatto che il Parlamento croato sponsorizzi un tale evento, così controverso, con il pretesto di onorare e ricordare quanti hanno dato la vita per la libertà della Croazia, è uno schiaffo a tutte le vittime innocenti del regime Ustaša». Così si conclude la dichiarazione di Menachem Rosensaft, Consiglio Generale del Congresso Ebraico Mondiale. Uno “scandalo nello scandalo” per la Croazia di oggi. Nel Maggio 2016, infatti, il Parlamento croato decise di ridare il patrocinio ufficiale agli eventi di Bleiburg, dopo che tale patrocinio era stato opportunamente ritirato nel 2012, proprio in ragione del fatto che tale evento si trasformava, più o meno velatamente, in una vera e propria riabilitazione della ideologia e dei crimini del regime filo-nazista Ustaša.

Lo sfondo storico degli eventi lascia, peraltro, poco o punto spazio al revisionismo. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, presso la cittadina di Bleiburg, già in territorio austriaco, alcune migliaia di miliziani e soldati, con civili al seguito, del regime filo-nazista degli Ustaša, finalmente allo sbando, furono raggiunte dalle forze partigiane jugoslave, che avevano condotto una guerra di resistenza e di liberazione eroica, per sconfiggere le forze naziste occupanti e liberare i territori jugoslavi dall’oppressione nazista e dei regimi loro collaborazionisti, tra i quali, tra i più efferati in assoluto, per violenza e brutalità dei crimini e dei massacri commessi, il regime croato degli Ustaša. È questa la ragione per cui la risposta della Sarajevo (ma non solo della Sarajevo) democratica e antifascista non si è fatta attendere. Protestando contro la funzione “religiosa” (peraltro proprio a Sarajevo e proprio all’indomani della Giornata della Vittoria contro il fascismo e il nazismo e della commemorazione della liberazione del Paese), migliaia e migliaia di manifestanti si sono riversati nella zona di Marijin Dvor, nella capitale, in un luogo particolarmente significativo per la memoria civile del Paese e dell’intera regione: proprio a Marijin Dvor, che prende il nome dal “Palazzo di Marija”, disegnato dal famoso architetto ceco, Karl Paržik, artefice della costruzione di molti edifici storici della capitale, a cavallo tra le strade Maršala Tita, Kralja Tvrtka, Augusta Brauna e Dolina, si consumò uno dei massacri più efferati delle milizie Ustaša, quando, tra il Marzo e l’Aprile 1945, tali criminali uccisero 323 persone e ne impiccarono pubblicamente 55 allo scopo di terrorizzare la popolazione, completando quello scempio appendendovi la scritta: «Lunga vita al Poglavnik», il duce Ustaša, Ante Pavelić.

Al regime Ustaša si devono alcune delle più orribili pagine della Seconda Guerra Mondiale. Tristemente noto il loro programma di pulizia etnica, con lo scopo di creare una Croazia etnicamente pura, un programma presentato sin dal Maggio 1941 in base al quale: un terzo dei Serbi sarebbe stato ucciso, un terzo cacciato, un terzo convertito con la forza al Cattolicesimo. La persecuzione ai danni di Serbi, Rom, Ebrei, partigiani, anti-fascisti, fu spietata, 30 mila Ebrei, non meno di 26 mila Rom, almeno 300 mila Serbi furono sterminati. Nel maggiore tra i campi di concentramento, Jasenovac, si stimano 100 mila vittime. La manifestazione della Sarajevo antifascista ha ricordato, esponendo foto-simbolo, gli eccidi di Marijin Dvor.