La città più grande della Turchia si vanta tristemente di essere un luogo di omicidi commessi contro i giornalisti, oppositori oppure ex agenti segreti stranieri e locali.

Una storia centenaria

Hasan Fehmi Bey forse è uno dei primi di questo lungo curriculum. Giornalista oppositore al gruppo dirigente dell’epoca ottomana, fu assassinato nel 1905 a Istanbul. Infatti secondo l’Associazione dei Giornalisti di Turchia è il primo “martire della stampa”, per cui tuttora nel Paese il giorno della sua morte, 6 maggio, vengono commemorati tutti i colleghi assassinati.

Abdi İpekçi è un altro giornalista assassinato tra le vie della vecchia Costantinopoli. L’ex capo redattore del quotidiano nazionale Milliyet fu ucciso nel 1979 dal famoso Mehmet Ali Ağca, che tentò di assassinare Papa Giovanni Paolo II, nel 1981, in Piazza San Pietro. L’altro sicario di Ipekçi fu Oral Çelik, anche lui coinvolto nell’attentato contro Wojtyla. Entrambi ultra nazionalisti assassinarono Ipekçi per via delle sue idee progressiste e pacifiche.

Tra gli ultimi omicidi commessi a Istanbul contro i giornalisti andrebbe messo anche Hrant Dink. giornalista armeno di cittadinanza turca assassinato a due passi dal suo giornale, Agos, nel 2007 da un minorenne ultra nazionalista. Il caso di Dink è ancora aperto e fino a oggi sono stati inserite nella lista degli  imputati e sospettati anche diverse persone impiegate nelle forze armate. Pochi mesi prima dell’uccisione di Dink era stata avviata una campagna di linciaggio e calunnia mediatica e politica contro di lui.

Assassinati stranieri

Negli anni 90 la capitale economica della Turchia ha assistito alla resa dei conti del conflitto russo ceceno. In quel periodo si rifugiavano nel Paese diversi cittadini ceceni che alzavano la voce contro il Cremlino. Secondo il quotidiano britannico The Guardian e l’emittente televisiva BBC, il caso di Abdülvahid Edelgireyev è uno di quelli più interessanti. Edelgireyev, prima di essere assassinato nel 2015 era coinvolto in un tentativo fallito di attentato contro il presidente russo, Putin, e faceva parte dell’organizzazione terroristica El Nusra. Quindi si tratterebbe di un personaggio molto importante a livello internazionale. Dal 2008 fino ad oggi, a Istanbul sono stati assassinati almeno 5 cittadini russi e ceceni, definiti come “terroristi”, “oppositori” oppure “ex agenti segreti”.

Forse una delle figure più particolari trovate morte a Istanbul è Umarali Quvvatov. Imprenditore tagiko e leader del movimento dell’opposizione Grup 24 dopo aver accusato di corruzione l’ex Presidente della Repubblica di Tagikistan, Emomali Rahmon, aveva lasciato il suo Paese. Quvvatov è stato assassinato nel 2015; viveva in Turchia da un anno con sua moglie e cinque figli.

Jamal Ahmid Khashoggi è uno degli ultimi casi di assassinio avvenuti sul Bosforo. Giornalista saudita, è stato assassinato il 2 ottobre del 2018 nel palazzo consolare dell’Arabia Saudita. Il suo caso è diventato un elemento di grande crisi diplomatica tra una serie di attori internazionali, tra cui ovviamente gli Stati Uniti d’America, il governo di Ankara e una parte della famiglia reale saudita.

I casi di morte che coinvolgono personaggi chiave e importanti comprendono anche i cittadini occidentali. L’11 novembre del 2019 è stato trovato morto vicino alla sua abitazione James Gustaf Edward Le Mesurier, ex membro dei servizi segreti britannici, fondatore e direttore del May day Rescue e sostenitore dei “Caschi bianchi”, Syria Civil Def, in Siria. Tuttora non è chiaro se l’ex agente segreto sia stato assassinato oppure si sia suicidato, ma secondo i media locali ci sono diversi indizi importanti che sosterrebbero la tesi dell’omicidio.

L’ultimo caso invece riguarda Masoud Molavi Vardanjani, giovane cittadino iraniano. La polizia trova il cadavere di un cittadino straniero il 14 novembre di quest’anno, nel cuore della città, a Sisli. Dopo due settimane il corpo viene identificato. La voce comune dei media parla dell’assassinio di un altro ex agente segreto straniero. Secondo l’articolo firmato da Murat Yetkin pubblicato sul portale di notizie Gazete Duvar, pochi giorni dopo l’uccisione di Vardanjani, il Ministro degli Affari Esteri del governo statunitense, Mike Pompeo, pronunciò queste parole: “L’assassinio dell’oppositore iraniano rifugiato in Turchia è la dimostrazione del fatto che l’aggressività del regime iraniano ha superato i suoi confini nazionali”. Con questa dichiarazione si rafforza l’ipotesi dell’ennesimo assassinio politico commesso a Istanbul. In questi ultimi giorni, la polizia ha arrestato 11 persone accusate di essere coinvolte nell’uccisione di Vardanjani, tra cui anche alcuni cittadini iraniani. Vardanjani è conosciuto per il suo canale Telegram in cui diffondeva documenti segreti che sostenevano di provare la “corruzione dentro il governo iraniano”. Definito un genio informatico, mentre collaborava con i servizi segreti iraniani per la sicurezza informatica, durante la sua permanenza in Turchia, dal 2018 portava avanti un lavoro di contro-informazione che fa pensare all’ipotesi del suo cambio di posizione, forse in collaborazione con i servizi segreti statunitensi.

Sembra che la il principale centro industriale, finanziario e culturale della Turchia continui, tristemente, a essere anche il centro della resa dei conti delle operazioni nazionali e internazionali.