Di fronte alla grave situazione che in Bolivia ha portato alle dimissioni del presidente Morales e alla sua uscita dal paese sotto minaccia di morte, esprimiamo il rifiuto e la condanna del colpo di stato liberista perpetrato dall’opposizione, che con la violenza ha provocato la rottura della convivenza pacifica nel paese e ha portato l’intera popolazione boliviana sull’orlo della guerra civile, rischiando di causare la perdita di numerose vite umane, evitata grazie al saggio passo indietro del presidente, che ha scelto di rassegnare le dimissioni pur di scongiurare la tragedia.

In Bolivia esistono gruppi economici sostenuti dall’estero che non hanno mai accettato che fosse eletto presidente un indigeno, sindacalista e antiglobalista, col progetto di realizzare importanti riforme strutturali a vantaggio della maggior parte della popolazione, costituita dai popoli originari, e non del libero mercato.

Evo Morales ha realizzato riforme sociali che hanno dimezzato povertà e analfabetismo, raddoppiato ospedali e presidi sanitari, restituito al popolo la maggiore fonte di ricchezza del paese, gli idrocarburi, istituito un sistema di pensioni minime e promulgato una nuova Costituzione che garantisce i diritti degli appartenenti ai popoli originari, oltre a rifiutare la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti e a vietare produzione e vendita delle armi.

Tuttavia il presidente Morales ha commesso due errori, dal nostro punto di vista: quello di non aver saputo preparare un successore e, di conseguenza, quello di avere cercato di modificare la Costituzione per potersi candidare oltre i due mandati prescritti e di non avere rispettato fino in fondo il volere popolare espresso nel referendum del 2016, che aveva dato esito contrario a tale modifica, ed essere ricorso alla Corte Suprema de Justicia per invalidarlo.

Ma in ogni caso Evo Morales ha legittimamente vinto le ultime elezioni, come ha attestato il CEPR di Washington, un organismo indipendente di studi nordamericano, a fronte delle accuse di brogli avanzate dall’opposizione e comunque ha deciso di ripeterle, accogliendo il suggerimento dell’OEA (Organizzazione degli Stati Americani).

Pertanto la spirale di violenza innescata dall’opposizione di destra, che ha portato alle dimissioni forzate del presidente legittimo non può definirsi che un colpo di stato, da condannare senza esitazioni.

Auspichiamo il ripristino della legalità e della democrazia con la convocazione di nuove elezioni, non manipolate da oligarchi locali e da potenze straniere e non condizionate dalla violenza, con le quali il popolo boliviano possa esprimere nuovamente la propria volontà e, speriamo, evitare di consegnare il paese alle forze antiumaniste e ultraliberiste che hanno voluto la fine del governo di Evo Morales.