L’intervento militare “Sorgente di Pace”, avviato da parte del governo centrale di Ankara sul territorio siriano del nord, ha già iniziato a far vedere i suoi obiettivi di politica interna; inchieste e detenzioni preventive.

Le politiche di guerra con un profilo ultranazionalista e religioso senz’altro sono un’arma potente per la coalizione del governo guidata dall’AKP (Partito dello Sviluppo e della Giustizia) che governa la Turchia da più di 15 anni. Un partito in forte difficoltà dal 2013 a oggi si attacca per l’ennesima volta al salvagente delle politiche di guerra per rafforzare il suo consenso in calo e per camuffare la forte crisi economica che soffoca la popolazione da ormai tre anni.

L’obiettivo ufficiale e principale del governo in quest’operazione è quello di “mantenere la sicurezza nazionale e lottare contro le formazioni terroristiche, presenti oltre il confine siriano, che minacciano la nazione”. Ovviamente tra gli obiettivi vediamo le Forze di Unità Popolari, YPG e YPJ, che portano avanti una storica lotta di difesa del territorio contro le organizzazioni terroristiche come l’ISIS che invece sarebbe la seconda formazione armata che finisce nel mirino dell’AKP in quest’operazione. A prima vista sembra una posizione confusa e contraddittoria;  ma conoscendo meglio la storia della Turchia e le posizioni politiche del governo in carica non sembra una scelta molto “sbagliata”.

Le forze YPG e YPJ, esattamente come la formazione siriana PYD e l’altra formazione armata, le Forze Democratiche Siriane, sono state sempre definite come delle “formazioni terroristiche legate al PKK” da parte del governo centrale e non solo. Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) è in conflitto armato da più di 30 anni con il cosiddetto “stato turco” e questa guerra ha prodotto migliaia di morti da tutte le due parti.

L’ISIS, invece, è ormai ufficiale che si muove con una notevole facilità sul territorio nazionale in Turchia. Negli anni precedenti ha recultato  militanti, li ha addestrati e li ha portati in Siria. Inoltre diverse volte ha organizzato degli attentati contro gli oppositori del governo e la popolazione civile esattamente come nell’attentato del 10 ottobre del 2015 ad Ankara che ha generato 103 morti. Tra le persone che hanno dimostrato negligenza,  colpevolezza ed in alcuni casi eventuale collaborazione dei servizi segreti e del governo nel non fermare la crescita dell’ISIS in Turchia e nel sostegno delle organizzazioni terroristiche presenti in Siria, vediamo numerosi giornalisti dell’agenzia di notizia Dicle (arrestati e tuttora sotto processo) l’ex parlamentare Eren Erdem (in carcere da circa 3 anni) ed il giornalista Can Dundar (in esilio a Berlino).

A questa salsa ovviamente va aggiunto anche l’ingrediente della cultura militarista egemone in Turchia paese in cui il servizio militare continua ad essere obbligatorio per tutti i cittadini maschi. Senz’altro in questo quadro va tenuta in considerazione anche la forza della propaganda della guerra capillare dei media controllati da alcune aziende  che hanno diretti o indiretti legami perversi con il partito al governo.

Quindi legittimare, nelle teste e nei cuori della maggior parte dei cittadini, le politiche della guerra, anche sul territorio di un’altro Paese non è difficile.

A questo punto coloro che mettono il bastone tra le ruote delle politiche di guerra “vanno puniti”. Infatti già nel primo giorno dell’operazione “Sorgente di Pace” diverse procure hanno avviato inchieste contro 78 cittadini con l’accusa di: “Incitare all’odio le popolazioni facendo propaganda occulta sull’operazione militare in atto”. Nelle prime ore del 10 ottobre, la polizia ha fatto irruzione nell’abitazione del giornalista Hakan Demir, responsabile del sito web del quotidiano nazionale d’opposizione Birgun, prendendo il giornalista in detenzione provvisoria. Nelle ore successive la Procura di Ankara ha avviato un’inchiesta contro i co-presidenti del Partito Democratico dei Popoli, HDP, Sezai Temelli e Pervin Buldan insieme a 3 altri deputati con l’accusa di “fare propaganda terroristica” per via delle loro dichiarazioni contrarie all’operazione “Sorgete di Pace”. Va ricordato che l’HDP è l’unica formazione partitica che ha votato, qualche giorno fa, nel Parlamento nazionale, contro il via libera delle operazioni militari oltre confine per un altro anno in Siria ed in Iraq.

In conclusione, per comprendere meglio come il governo in carica avesse l’obiettivo di utilizzare le politiche di guerra per avviare un’ondata di repressione contro le opposizioni, vanno lette le ultime dichiarazioni del Presidente della Repubblica: “Dobbiamo allargare la coalizione del governo per vincere le elezioni del 2023 per cui deve essere indebolita e demolita la coalizione delle opposizioni”.