Ieri sera c’è stato un incendio sull’isola di Samos, che ha dilaniato le case temporanee di esseri umani che vivono nella “giungla”, lo spazio fin troppo affollato su cui si è fatto affidamento per ospitare uomini, donne e bambini in un Centro di accoglienza e identificazione che non può più far fronte al numero di rifugiati bloccati sull’isola in attesa che venga esaminata la loro richiesta di asilo.  Gli incendi nei centro non sono più considerati una notizia degna di nota; durante i mesi estivi si verificavano ogni settimana, ma come l’incendio di Lesbo solo due settimane fa, questo era diverso. L’incendio di Lesbo ha causato la morte di due persone e come quello di ieri sera a Samos deriva dal sovraffollamento estremo, che porta a frustrazioni e discussioni, ma che può avere anche conseguenze molto più gravi.

Il Centro di accoglienza e identificazione di Vathy, un’ex base militare, può ospitare 650 persone.  Attualmente sull’isola ci sono più di 6.000 rifugiati, la maggior parte dei quali nella cosiddetta giungla, dove usano tende e pezzi di legno per costruire rifugi circondati dai rifiuti, tutti altamente infiammabili.  Molte persone tengono i fornelli a gas nelle loro tende per riscaldarsi e cucinare; quando il fuoco le ha raggiunte quelle i contenitori di gas sono esplosi. Le stime suggeriscono che oltre 700 persone hanno perso la notte scorsa le loro tende, persone che hanno già poco e ora si trovano senza riparo all’approssimarsi dell’inverno.

Mentre all’Europa, e probabilmente al resto del mondo è stato detto che il numero di rifugiati che arrivano sulle coste delle isole greche si sta riducendo, non è più così.  Un numero record di arrivi, documentato dalle ONG locali sul posto e l’Aegean Boat Report mostrano che ogni giorno continuano ad arrivare imbarcazioni dalla Turchia.  I dati ufficiali dell’UNHCR Grecia rivelano che solo tra il 7 e il 13 ottobre 1.649 persone hanno raggiunto le isole dell’Egeo, ovvero, in media, circa 236 persone al giorno. La settimana precedente ha visto 2.144 nuovi arrivi.  Ciò che forse è più preoccupante è che, a titolo di confronto, nel 2018 in questo stesso periodo di tempo sono arrivate solo 699 persone. Questi numeri si aggiungono a una situazione già al limite. In risposta il governo greco ha annunciato un aumento dei rimpatri, con l’obiettivo di far tornare entro la fine del 2020 10.000 persone in Turchia, un paese attualmente coinvolto in un conflitto. Il partito Nuova Democrazia, che a luglio ha formato il nuovo governo, ha messo in discussione la legittimità delle richieste di asilo, sviluppando una politica incentrata sulla deterrenza piuttosto che sul sostegno.

L’incendio di ieri sera ci ricorda che in questi spazi vivono degli esseri umani.  La loro individualità, la loro umanità e la loro lotta quotidiana sono andate perse nella maggior parte dei rapporti sulla situazione.  Sono adulti, bambini, adolescenti, famiglie e amici, che vivono in uno spazio che non è mai stato pensato per ospitarli.  Sono gruppi di persone di diversa provenienza affollate insieme in un ambiente inadatto a ospitare gli esseri umani. Questo può portare a tensioni e frustrazioni, a lotte, a rivolte e agli incendi che ne derivano.

Questo incendio ha devastato la vita che le persone hanno tentato di ritagliarsi negli spazi più disumani e di fronte a trattamenti inumani e degradanti, eppure in questo villaggio di tende si è formata ed evoluta una piccola comunità.  C’è una cucina comune dove vengono offerti pasti alternativi a quelli del campo, un’iniziativa gestita dalle donne. C’è anche un barbiere, dove gli uomini possono farsi tagliare barba e capelli e dove si può addirittura farsi ritoccare le sopracciglia!

Perché ve lo raccontiamo?  A causa dell’incendio, gran parte di tutto questo andrà perduto.  Una foto fornita dai volontari delle ONG che operano sul campo rivela che in questo spazio non è più sicuro montare le tende.  Ci è stato detto che questa è una delle cose peggiori a cui molti operatori delle ONG hanno assistito. In uno spazio dove i bambini vengono regolarmente morsi da topi e serpenti, dove i pidocchi e la scabbia sono una preoccupazione costante e la sicurezza personale è una sfida continua, lo shock e lo sgomento con cui vengono descritte le conseguenze dell’incendio sono indicativi.   Eppure la comunità si è riunita, le ONG hanno aperto le porte per tutta la notte per offrire posti letto, i volontari che sostengono il Project Armonia, molti dei quali sono rifugiati, hanno lavorato tutta la notte per offrire cibo e riparo, il gruppo Samos Volunteers ha aperto il suo centro per dare a donne e bambini un posto per dormire. È stata avviata una campagna di raccolta fondi per sostenere le persone colpite dall’incendio, per cercare di fornire loro vestiti e riparo distrutti in un incendio che non era necessario e che avrebbe potuto essere evitato con un minore sovraffollamento. Se potete sostenere questa campagna, per favore, fatelo.

Foto di Mohammed Saleh

Foto di Project Armonia

Traduzione dall’inglese di Anna Polo