Una delle caratteristiche peculiari di Unimondo è sempre stata quella di cercare di rompere il silenzio sulle “notizie dimenticate”. Spesso rilanciamo gli appelli di chi vuole squarciare il velo dell’indifferenza sul sud del mondo; un’indifferenza che nasce dalla assoluta mancanza di informazione. Padre Alex Zanotelli è una delle voci più autorevoli che non si stanca di gridare contro il silenzio sull’Africa. Purtroppo sembra proprio che pochi, pochissimi lo ascoltino, soprattutto tra i mezzi di comunicazione più diffusi.

Ciò emerge anche dal secondo rapporto “Illuminare le periferie. La finestra sul mondo: gli esteri nei telegiornali”, ideato da COSPE onlusUsigrai e Fnsi, e curato da Paola Barretta e Giuseppe Milazzo, ricercatori dell’Osservatorio di Pavia, con il patrocinio dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo.

Il rapporto, presentato il mese scorso, presenta dati inequivocabili. Le notizie sui vari conflitti, nel corso del 2018, appare sempre più ridotto: il 4% di attenzione, il dato più basso in 7 anni di monitoraggio (2012- 2018). Povertà, conflitti endemici, epidemie, sono il fanalino di coda con l’1% di visibilità, qualificandosi dunque come “gli invisibili” della pagina estera. Su 14 mila notizie di “esteri” sono dedicate all’Africa soltanto 440 notizie contro le 1152 di due anni fa. 

Per comprendere questo dato sconfortante non basta dire che l’Italia sconta una tradizione di autoreferenzialità e localismo difficile da superare. Ma forse bisogna allargare l’orizzonte. Questo tempo ci consegna – brutalmente – un messaggio realistico sulla storia. L’era di Trump (o l’era di Francesco?) verrà ricordata come segnata dall’affermazione netta e rivendicata del “prima vengo io”. E naturalmente il mio gruppo etnico, la mia nazione e così via. Da cui scaturisce la visione generale basata essenzialmente sui rapporti di forza. Qualsiasi controversia si regola attraverso la forza. Che può essere di vario tipo, economica, politica o militare. Il mondo giungla. La domanda è sempre quella: che cosa mi conviene fare per salvaguardare me stesso? Per il successo della mia nazione? Non esiste etica dentro questa prospettiva. Solo utilitarismo. Sappiamo quanto questo paradigma possa procurare cattive sorprese, perché è sempre difficile rendersi conto della propria forza e di quella degli altri.

Nel campo della comunicazione, il quesito potrebbe suonare così: perché dovrei dare notizie dall’Africa? Che cosa importa a chi legge, guarda o ascolta, della guerra del Sud Sudan? E in generale di tutte le periferie del mondo? No di certo per un senso di uguaglianza. Sappiamo benissimo che per “fare notizia” c’è una gerarchia ben determinata. Per “bucare il video” un attentato o una sciagura naturale che avviene nel sud del mondo deve fare 10 anzi 100 volte di più di vittime rispetto a un analogo fatto avvenuto in “Occidente”. Questo è un dato di fondo che non possiamo ignorare. Ci interessano le notizie che ci riguardano. A mio avviso, se non ci diciamo questo chiaramente, corriamo il rischio di essere poco realisti. Anche i più cosmopoliti, i più solidali, i più aperti, i più informati alla fine sentono il “richiamo della foresta”.

D’altra parte è verissimo che l’informazione può essere anche pilotata (in senso negativo) o influenzata (in senso positivo). I numeri del rapporto citato parlano chiaro. Anche la politica, soprattutto la politica, influenza a volte determina l’informazione. Non mi dilungo su questo. Se vogliamo trovare uno spiraglio per fare entrare la luce sui luoghi bui occorre rendersi conto che anche noi, nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa.

Innanzitutto informarci di più personalmente. Capire che sono cose che ci riguardano. Approfondire i collegamenti, cogliere le sfumature. Fare resistenza a una corrente che vorrebbe spingere dall’altra parte. E poi rivolgersi a chi la pensa alla Trump con qualche domanda: sei proprio sicuro che la carestia in Etiopia non ti interessa? Che la repressione in Birmania non ti riguarda? Che sul confine tra Stati Uniti e Messico può tranquillamente ergersi un muro? Sei sicuro che ti conviene ignorare quello che succede nel mondo?

Ecco, forse solo così qualcosa si può cambiare.

Articolo di Piergiorgio Cattani

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