Come inviato di Pressenza accolgo l’invito di Alessandra l’Abate, figlia di Alberto (sociologo che fu una figura riconosciuta del Movimento Nonviolento italiano, tra i principali promotori della Campagna Kossovo per la Nonviolenza e la Riconciliazione, che si svolse tra il 1993 e il 2003) a partecipare e a riferire su un evento a Roma che riguarda il Kosovo ma anche la lotta nonviolenta.

Per gli appartenenti al Movimento Umanista come me inoltre è onorare la memoria di un tentativo fatto da noi in Kossovo (come in altre regioni della ex-jugoslavia) di contribuire alla prevenzione dell’esplosione violenta del conflitto, attraverso la formazione di piccoli parlamenti locali formati da rappresentanti di tutte le etnie presenti.

L’evento è il ritiro di un premio alla memoria (quindi ritirato dalla figlia e dalla moglie, Luisa Leonardi) assegnatogli dall’ambasciata italiana del Kosovo (questa è la dicitura attuale del protettorato Onu, dopo gli accordi di Rambouillet), durante la cerimonia che è svolta a Roma ieri 12 giugno , presso il Centro Studi Americani  dal titolo: “Cerimonia della Premiazione delle Personalità Italiane per il contributo e e sostegno del Kosovo nel percorso verso la libertà”, in occasione del 20° anniversario della liberazione del Kosovo. Durante la Cerimonia sono stati premiate diverse persone, come singoli, come appartenenti ad istituzioni o rappresentanti di associazioni e movimenti, tra cui “Pavarotti and Friend’s”, i Beati Costruttori di Pace, il MIR, Radio Radicale, Radio Vaticana, Campagna Kossovo, Arci, l’ex sindaco di Comiso che ospitò i rifugiati kosovari del conflitto nella ex base militare Nato, poi Alex Langer e appunto, Alberto l’Abate, oltre ad altri ancora, anche personaggi kosovari o di etnia albanese che vivono in Italia e hanno avuto un ruolo importante a livello culturale e sociale per il loro paese. Premiata anche l’attuale viceministro degli Esteri italiano Emanuela del Re, che è stata importante promotrice culturale anche nei balcani. La cornice è bellissima, quella del Centro Studi Americani a Roma dietro largo di Torre Argentina.

Tra i molti personaggi premiati appartenenti al movimento nonviolento c’è comunque un certo disagio, preceduto nelle ultime settimane da un dibattito in rete in cui molti esprimevano perplessità nel ritirare un premio che sembrava un avallo a ciò che è stato fatto con il Kosovo, con l’intervento militare nato del 1999 e l’appoggio dato dagli USA ai militaristi dell’UCK. Che fine aveva fatto l’esperienza di nonviolenza locale (di cui l’esponente più famoso è stato Ibrahim Rugova), esempio in quegli anni unico di resistenza e costruzione in situazione di conflitto? Sono stati traditi gli ideali e le azioni che con tanta passione hanno unito molti kosovari e molti italiani che negli anni ‘90 li appoggiarono e si prestarono a farne cassa di risonanza internazionale? Si sa che molti conflitti interni ed etnici si sono esarcebati dopo il conflitto del ‘99, come dunque accettare un premio da chi adesso probabilmente rappresenta qualcosa di molto diverso da ciò che si appoggiò, quasi una sconfessione del cammino che ancora ora questi movimenti perseguono in Italia e all’estero?

Credo che tutte le realtà nonviolente premiate siao qui a partecipare. Hanno deciso di ritirare il premio, che è comunque un riconoscimento di una importante opera di sostegno alla nonviolenza e alla riconciliazione. Come mi dice Lisa Clark, premiata come anche Don Albino Bizzotto per l’attività come Beati Costruttori di Pace (e che nel suo ringraziamento al premio ha esplicitamente dichiarato di essere stata ed essere tutt’ora convintamente contraria dell’intervento Nato in Kosovo del ‘99) il premio riconosce l’opera e l’influenza di forze culturali nonviolente presenti nel territorio, e se la guerra del ’99 ha imposto la legge del più forte, ciò che ne è seguito é la dimostrazione che costruire sulle morti innesca una ruota di rivendicazioni, risentimenti e violenze che impedisce la costruzione in prospettiva ampia, dunque ci sarà ancora bisogno delle forze nonviolente per innescare un nuovo processo che spera potrà ancora avvenire. Dunque esserci è ricordarlo ha senso per lei, come credo tutti quelli che hanno partecipato, compresa Alessandra l’Abate e Luisa Leonardi. Tutti loro con diverse sfumature hanno rivendicato l’importanza di ciò che fu sperimentato con la nonviolenza ed espresso la speranza che ora tutto quel patrimonio venga investito in una grande opera di riconciliazione tra le popolazioni di lingua serba e albanese, e che questa riconciliazione, come dice al microfono Etta Ragusa, di Campagna Kossovo, sia fonte di una giustizia riparatrice e rigenerativa, citando proprio le parole di Alberto l’Abate, che risuona spesso in molti degli interventi dei presenti. La stessa consorte di Alberto, Luisa Leonardi, che lo accompagnò in moltissime delle sue attività, ricorda nel suo brevissimo intervento a fianco della figlia, l’invito di Alberto a lottare per mezzo dell’amore, trasformando il nemico in amico.

Anche il viceministro degli esteri italiano ricorda alla fine del suo discorso che a tutt’oggi c’è un gran bisogno di riconciliazione e che molti albanesi e serbi della società civile si stanno impegnando molto per questo. Il futuro è in mano ai giovani per la riconciliazione e un vero sviluppo, conclude, sperando che ciò si rifletta anche nell’azione del Governo che lei rappresenta, sia verso l’estero che verso l’interno.

Saluto e ringrazio di cuore Alessandra per l’invito e per l’omaggio che fa a me in veste di Pressenza di uno dei libri di suo padre: Kossovo: una guerra annunciata.

Campagna Kossovo: https://www.peacelink.it/
una intervista ad Alberto l’Abate: http://www.antennedipace.org/html/articoli/art_1223.html