Preceduta, il 30 gennaio, da una emozionante commemorazione della figura e dell’opera di Armando Hart Davalos, figura di primissimo piano della Revolución, primo ministro dell’educazione del governo rivoluzionario e principale ispiratore della politica culturale della Cuba contemporanea, la giornata di chiusura della Conferenza Internazionale “Por el Equilibrio del Mundo”, all’Avana, il 31 gennaio, è stata come una sorpresa nella sorpresa.

L’Officina del Programma Martiano – Progetto José Martí di Solidarietà Internazionale – curatrice dell’evento ha, infatti, deciso di dedicare la sessione finale a una rassegna di studio sulle tematiche della memoria storica e del patrimonio culturale, e di organizzare l’atto finale nella forma di una vera e propria tavola rotonda, nella quale non solo tirare le fila del lavoro di studio, di impegno e di solidarietà svolto nelle giornate precedenti, ma anche delineare delle vere e proprie linee di azione, attorno alle quali orientare la mobilitazione delle forze progressiste e della solidarietà internazionale.

Nella sua lectio magistralis, dedicata al tema “Patrimonio e Memoria Storica”, Eusebio Leal, ben noto storico cubano, ha ricordato come, sin dal manifesto del 20 ottobre 1868, José Martí ha rivendicato l’indipendenza per Cuba e per tutti i popoli del mondo e, allo stesso tempo, di tendere la mano a tutti i popoli del mondo, segnando subito il carattere del sentimento di amicizia con i popoli e di fratellanza dell’umanità. All’eredità martiana, non a caso, è legata, insieme con la lezione marxista e la propensione umanista, la figura e l’opera di Fidel Castro, con la concezione della Revolución come trasformazione integrale dello Stato, della società e della persona; in altri termini, la rivoluzione diviene il movimento della «trasformazione nella verità», l’affermazione della dignità e della volontà della persona di essere trattata, profondamente, come persona, nel suo rapporto più autentico con gli altri e con il mondo, nella società e con l’ecosistema. Su questa falsariga, si staglia la lettura della Dichiarazione del Consiglio Mondiale del Progetto José Martí per la Solidarietà Internazionale, che Frei Betto condivide con tutti i partecipanti: esprime preoccupazione per la politica aggressiva, minacciosa e interventista degli Stati Uniti e, ripudiando ogni ingerenza negli affari interni dei singoli Paesi, riafferma i principi basilari della giustizia internazionale, della autodeterminazione e della sovranità dei popoli; conferma la più intensa solidarietà con il popolo e il governo legittimo della Repubblica Bolivariana del Venezuela, insieme con il suo presidente costituzionale Nicolas Maduro, nonché al Nicaragua sandinista e alla Bolivia plurinazionale, denuncia la persecuzione degli attivisti progressisti latino-americani e la illegittima detenzione del prigioniero politico Lula; manifesta inquietudine per l’approssimarsi del “punto di non ritorno” nella devastazione dell’ecosistema e nella escalation delle spese per armamenti e richiama all’impegno di tutti, in primo luogo delle giovani generazioni «come avanguardia della lotta», per la libertà dei popoli, la pace e la giustizia sociale.

Tocca, infine, al ministro degli esteri di Cuba, Bruno Parrilla, tirare le fila delle sessioni di confronto e di riflessione sviluppate nella conferenza; ed è un intervento che guarda al futuro, alle sfide del presente e all’iniziativa delle forze di progresso. Sulla scena del mondo si affacciano, infatti, nuove minacce: i pericolosi concetti della «pace basata sulla forza» o della «responsabilità di proteggere» e le inquietanti implicazioni, perfino in chiave neo-totalitaria, della politica dei big data e della manipolazione delle informazioni. L’affermazione del «discorso di odio» (hate speech) e la diffusione delle «false notizie» (fake news) minacciano direttamente le forze progressiste, che lottano per un cambio radicale dello stato di cose presenti; la concentrazione monopolistica delle risorse tecnologiche è, a sua volta, una minaccia, al punto che la Apple da sola accumula ricavi superiori persino al PIL di Paesi come il Portogallo, la Repubblica Ceca o la Nuova Zelanda, e, in particolare in America Latina, l’80% della informazione digitale è direttamente o indirettamente controllata dagli Stati Uniti e nel Subcontinente aumenta il numero di quanti, ad esempio, non hanno accesso all’acqua potabile in casa ma utilizzano tuttavia i social media. Viene, proprio alla luce di tutto questo e della «contraddizione complessiva» che il modello neo-liberale impone, affermata con forza l’importanza di una rinnovata ed efficace «teoria gramsciana dell’egemonia»: è una democrazia falsa quella che si dichiara tale, ma senza giustizia e senza cultura, e la «battaglia delle idee» deve essere ripresa e rinnovata per sviluppare un concetto nuovo, un paradigma autonomo, delle forze progressiste, per ridare fiato e prospettiva alla lotta per la libertà e per la giustizia, in definitiva, per l’equilibrio del mondo.